Goffredo Fofi: Doris Lessing. Una scrittrice oltre le trincee del male

17 Ottobre 2007
Pochi scrittori sono stati altrettanto prolifici della Lessing, nel corso del Novecento: basta sfogliare il catalogo Feltrinelli per accertarsene. Campeggia Il taccuino d’oro, il grande romanzo del 1962 che ce la fece conoscere e amare con la sua torrenziale e complessa vicenda di una donna, Anna, e delle sue dentro la tormentata Europa degli anni della guerra e del dopoguerra. I temi che vi si intrecciavano erano privati e pubblici in indistricabile mescolanza, e tutta l’opera della Lessing fatta di questi incroci, tra gli uomini e le donne, i vecchi e i giovani, l’Europa e l’Africa, tra l’ansia del cambiamento, la sete di giustizia e di uguaglianza e all’opposto la forza della conservazione sul piano collettivo come su quello individuale.
I lunghi anni di militanza politica marxista hanno lasciato un segno forte sulle convinzioni della Lessing, ma unitamente a due acquisizioni o punti di vista che ne sono stati gli originali correttivi: l’esperienza trentennale di vita in Africa (Zimbabwe e non solo) e l’interesse profondo e di simpatia verso gli africani ma anche la comprensione dei dilemmi dei coloni, soprattutto dei meno fortunati; e la condizione femminile, che le è stata di bussola nella formazione e nell’espressione di convinzioni e giudizi. A questi temi molti se ne sono via via aggiunti, senza che quelli originari ne venissero sminuiti, perché la Lessing ci è sempre parsa una tranquilla, salda, complessa 'forza della natura', una donna e una scrittrice perfettamente dentro la sua e nostra epoca ma anche profondamente in grado di vederne le componenti centrali e i rivoli secondari, secondo la ricchezza della sua esperienza e i suoi formidabili doni d’immaginazione sociologica.
La storia, l’Africa, le donne, la borghesia, il proletariato, la rivolta, la violenza, il conformismo, l’amicizia, l’indignazione per le ingiustizie sono i temi eterni con cui si è confrontata a partire da un’adesione istintiva alla ricerca del giusto e da una vocazione narrativa eccezionale, nutrita di una vasta conoscenza della letteratura dell’Ottocento, della tradizione del romanzo. Si è mossa dentro questa tradizione, ma con spericolatezze sperimentali e moderniste, e con improvvisi cambiamenti di registro come quando, negli anni settanta, ha voluto cimentarsi con la fantascienza nel ciclo di Canopo in Argo, ponderoso e forse noioso, e disputarsi con certa rigidità femminista, o scoprire il valore degli animali e parlarci infine dei diversi con l’invenzione del bellissimo personaggio del gigantesco Ben in Il quinto figlio e in Ben nel mondo, in lotta per il riconoscimento della sua autonomia e dignità.
Doris Lessing può esserci sembrata a volte forse eccessiva, nella sua palese aspirazione a essere anche didascalica, a volerci spiegare il male e il bene del mondo. Ma era certamente più anarchica che marxista: anche se in gioventù militato tra i comunisti ha sinceramente denunciato quel che di male quell’esperienza ha avallato nei paesi del 'socialismo reale', e tuttavia ha coerentemente rivendicato di quel passato l’attenzione che le è rimasta per le disparità di classe e di razza, per il peso e i ricatti dell’economia, per la soggezione della scienza nei confronti del potere, per le ingiustizie portate dal capitalismo e dall’imperialismo e non solo dalle dittature di destra o di sinistra. Tutta la sua opera è in definitiva un canto alla libertà e alle responsabilità dell’individuo di fronte al male della Storia e dell’uomo, un complesso e variegato canto d’amore e di rivolta per cento e cento personaggi, che fa perdonare senza difficoltà certe sue occasionali ingenuità

Doris Lessing

Doris Lessing (1919-2013) è nata a Kermanshah, in Iran, e ha vissuto fino a trent’anni in Zimbabwe (allora Rhodesia). Nel 1949 si è definitivamente trasferita in Inghilterra. Feltrinelli ha pubblicato: …