La stampa su Bianco e nero: Paola Casella, “Europa”, 8 gennaio 2008

07 Febbraio 2008
‟Quando un uomo di colore diventa un negro?”. Pausa. ‟Quando esce dalla stanza”. Questa battuta, nella nuova commedia agrodolce Bianco e nero di Cristina Comencini, in uscita venerdì, non c’è ma ci starebbe benissimo. Perché Bianco e nero è un film su come il politically correct ha colorato (è il caso di dirlo) i rapporti fra razze diverse in Italia. Ma è anche una storia d’amore assai meno convenzionale di quello che si sarebbe potuto temere, e assai più libera di quello che la morale cattolica italiana solitamente permette. In Bianco e nero una coppia bianca (Fabio Volo e Ambra Angiolini) incontra una coppia nera (due attori africani di classe, Aissa Maiga e Eriq Ebouaney, già scoperti dal cinema francese), e la situazione precipita quando il lui bianco si innamora della lei nera: non per curiosità, non per gusto del proibito – per passione che potrebbe diventare amore.
Eppure la diversità esteriore sembra insuperabile a tutti quelli che li circondano. È interessante che l’ostacolo all’amore sia soprattutto la differenza di colore, e non, invece, il senso di responsabilità familiare che dovrebbe frenare gli impulsi passionali per due personaggi che sono anche genitori e coniugi, oltre che membri di una comunità. Anche se è ambientato in una società borghese tratteggiata con grande attenzione al dettaglio, il film si svincola dai luoghi comuni soprattutto nel dare alla passione un valore in sé, prima e al di fuori del giudizio morale.
Bianco e nero non dimentica di essere una commedia, e quindi di dover prima di tutto divertire. Si ride molto, per il razzismo inconsapevole di tutti i personaggi, per i paradossi ai quali conduce una situazione vissuta da tutti (meno che dai due protagonisti) come surreale. I dialoghi sono efficacissimi, la regia riesce a smarcarsi dai codici televisivi, gli attori sono molto ben scelti e molto bravi, anche se il film appartiene soprattutto alle donne: Katia Ricciarelli nei panni della madre del marito traditore; Ambra Angiolini, che conferma la propria onestà di interprete; e soprattutto Aissa Maiga, senza cui il film non avrebbe la stessa grazia. Alle donne Cristina Comencini dedica la sua attenzione più sottile, e le scene di sesso, che mostrano pari nudità e un punto di vista femminile, per una volta. E al suo film la regista regala il coraggio di un finale non scontato, inedito nel cinema italiano, ma degno di quel cinema francese che ha raggiunto il suo apice, per spregiudicatezza (che vuol dire mancanza di pregiudizi), con Les Amants di Louis Malle.

Cristina Comencini

Cristina Comencini nasce a Roma nel 1956. Figlia del regista Luigi Comencini e madre di Carlo, Giulia e Luigi, esordisce al cinema come attrice nel 1969, diretta dal padre in …