Yunus. Il banchiere dei poveri ora soccorre New York
26 Febbraio 2008
A Jackson Heights, una zona multietnica nella circoscrizione di Queens, a pochi chilometri in linea d’aria da Manhattan, le attività commerciali sono diverse da altri luoghi d’America. Innanzitutto si basano su una miriade di minuscoli negozi. Poi i clienti, così come i commercianti, sono tutti nuovi immigrati, arrivati da poco dall’Ecuador e soprattutto dal subcontinente indiano. Nel bazar di Roosevelt avenue, ad esempio, si affacciano boutique specializzate in sari, si sentono profumi di cannella, i bar reclamizzano il succo di canna da zucchero. E proprio lì, a Jackson Heights, in un appartamento di due stanze affittato a 1000 euro al mese, il premio Nobel per la pace Muhammad Yunus ha avviato una attività di microfinanza. L’obiettivo: riproporre la strategia usata con successo in Bangladesh (e poi in altri 40 paesi in via di sviluppo), anche tra le fasce economicamente più fragili degli Stati Uniti. Minacciate più delle altre dalla imminente recessione.
«Il momento è giusto», spiega Yunus in una intervista al Financial Times: «La crisi dei mutui subprime ha evidenziato le fragilità di un sistema finanziario tutt’altro che perfetto». Il premio Nobel ha ragione.
Scoppiata ormai quasi da un anno, la crisi ha contagiato le banche americane ed europee, le società di Wall Street, i «bond insurers», cioè le compagnie di assicurazione sulle obbligazioni. Le perdite si valutano ora sui 400 miliardi di dollari, ma la tempesta non è ancora finita. Intanto le banche concedono crediti con più difficoltà e a costi molto più elevati. La Grameen bank, l’istituto fondato da Yunus, va invece controcorrente.
Affidato a Vidar Jorgensen, l’ufficio di Jackson Heights ha già prestato 50mila dollari a 35 donne di varia provenienza, da Haiti al Bangladesh, che non avevano neanche un conto in banca e che hanno potuto avviare una attività di manicure o abbigliamento. Ognuna ha ricevuto una somma iniziale di 1500 dollari, con un tasso di interesse del 16 per cento, e la speranza di poter contare su altri 4500 dollari dopo l’avvio del business.
Negli ultimi anni sono nate altre organizzazioni che si occupano di micro-credito negli States, come ad esempio la Project enterprise che opera nella comunità afroamericana di Harlem. Ma l’arrivo di Yunus segna una svolta: l’economista del Bangladesh è infatti il simbolo e il portavoce di questa strategia di sviluppo economico che fa leva sulla imprenditorialità delle fasce più povere, concedendo piccoli prestiti a chi non potrebbe ottenerli dalle banche.
Creata trenta anni fa con pochi dollari, la Grameen è diventata una istituzione capillare nel Bangladesh. I suoi sistemi sono stati copiati in altri paesi poveri e studiati con attenzione dalla Banca mondiale. Ma, come dimostra l’esempio di Queens, anche nei paesi industrializzati sono in grado di avere risultati sorprendenti. Yunus ricorda che, secondo i dati della Fdic, l’agenzia pubblica americana che assicura i depositi bancari, negli Stati Uniti ci sono 28 milioni di persone che non hanno un conto in banca, pur percependo redditi annui per 510 miliardi di dollari. E’ un bacino enorme, dalle immense potenzialità micro-imprenditoriali.
«Se avremo successo a New York, andremo poi in altre zone d’America e in altre nazioni ricche», promette il premio Nobel, che proprio questa settimana ha firmato un accordo con il York College per lo scambio di studenti universitari tra New York e il Bangladesh. Ovviamente ci vorrà del tempo: il business plan newyorkese punta a 176 milioni di finanziamenti in cinque anni. E nel frattempo bisognerà risolvere alcune questioni legali (manca una legislazione ad hoc per la micro finanza) e soprattutto sconfiggere «gli interessi corporativi», così li chiama Yunus riferendosi ai grandi istituti di credito, che si oppongono a qualsiasi cambiamento.
«Il momento è giusto», spiega Yunus in una intervista al Financial Times: «La crisi dei mutui subprime ha evidenziato le fragilità di un sistema finanziario tutt’altro che perfetto». Il premio Nobel ha ragione.
Scoppiata ormai quasi da un anno, la crisi ha contagiato le banche americane ed europee, le società di Wall Street, i «bond insurers», cioè le compagnie di assicurazione sulle obbligazioni. Le perdite si valutano ora sui 400 miliardi di dollari, ma la tempesta non è ancora finita. Intanto le banche concedono crediti con più difficoltà e a costi molto più elevati. La Grameen bank, l’istituto fondato da Yunus, va invece controcorrente.
Affidato a Vidar Jorgensen, l’ufficio di Jackson Heights ha già prestato 50mila dollari a 35 donne di varia provenienza, da Haiti al Bangladesh, che non avevano neanche un conto in banca e che hanno potuto avviare una attività di manicure o abbigliamento. Ognuna ha ricevuto una somma iniziale di 1500 dollari, con un tasso di interesse del 16 per cento, e la speranza di poter contare su altri 4500 dollari dopo l’avvio del business.
Negli ultimi anni sono nate altre organizzazioni che si occupano di micro-credito negli States, come ad esempio la Project enterprise che opera nella comunità afroamericana di Harlem. Ma l’arrivo di Yunus segna una svolta: l’economista del Bangladesh è infatti il simbolo e il portavoce di questa strategia di sviluppo economico che fa leva sulla imprenditorialità delle fasce più povere, concedendo piccoli prestiti a chi non potrebbe ottenerli dalle banche.
Creata trenta anni fa con pochi dollari, la Grameen è diventata una istituzione capillare nel Bangladesh. I suoi sistemi sono stati copiati in altri paesi poveri e studiati con attenzione dalla Banca mondiale. Ma, come dimostra l’esempio di Queens, anche nei paesi industrializzati sono in grado di avere risultati sorprendenti. Yunus ricorda che, secondo i dati della Fdic, l’agenzia pubblica americana che assicura i depositi bancari, negli Stati Uniti ci sono 28 milioni di persone che non hanno un conto in banca, pur percependo redditi annui per 510 miliardi di dollari. E’ un bacino enorme, dalle immense potenzialità micro-imprenditoriali.
«Se avremo successo a New York, andremo poi in altre zone d’America e in altre nazioni ricche», promette il premio Nobel, che proprio questa settimana ha firmato un accordo con il York College per lo scambio di studenti universitari tra New York e il Bangladesh. Ovviamente ci vorrà del tempo: il business plan newyorkese punta a 176 milioni di finanziamenti in cinque anni. E nel frattempo bisognerà risolvere alcune questioni legali (manca una legislazione ad hoc per la micro finanza) e soprattutto sconfiggere «gli interessi corporativi», così li chiama Yunus riferendosi ai grandi istituti di credito, che si oppongono a qualsiasi cambiamento.
Muhammad Yunus
Muhammad Yunus, nato e cresciuto a Chittagong, principale porto mercantile del Bengala, laureato in Economia, ha insegnato all’Università di Boulder, Colorado, e alla Vanderbilt University di Nashville, Tennessee. Ha poi …