Gianfranco Bettin: Non è un paese per vecchi
Il Nord che si prepara a votare si divide oggi tra chi esce dagli ultimi anni, quelli dell'euro idolatrato e introdotto senza guardare in faccia a nessuno, dell'attacco al cuore del lavoro, drasticamente indebolito (il lavoro dipendente, certi settori di lavoro autonomo, i giovani, i pensionati) o drasticamente arricchito (altri settori del lavoro autonomo e delle professioni, quasi tutta la finanza, molti settori dell'impresa), con una linea di frattura che molte costruzioni artificiose cercano di colmare con proiezioni demagogiche (nutrite di xenofobia e razzismo) e con ricette salvifiche (una certa idea di federalismo e/o di secessione: ‟Lasciateci i soldi e il potere e faremo da noi”) buone per coprire le contraddizioni e le patologie e le loro vere origini.
Se c'è una posta in gioco, al Nord, in queste elezioni è quella che investe l'idea che ha di sé della società locale e ciò che di sé, attraverso la politica, può fare in futuro. Per uscire da antiche carenze e liberarsi di antichi fantasmi (la povertà, la dipendenza, la subalternità), si è sbrigliata in una corsa potente e spesso cieca che ha finito per sradicarla da se stessa, smarrendola nel proprio stesso ambiente, reso irriconoscibile e sentito oscuramente ostile nel momento stesso in cui, sbraitando, ci si rivendica ‟padroni a casa nostra”. Per questo, proprio mentre si allea con il Pdl di Berlusconi e Fini e con la Lega Sud di Lombardo, la Lega Nord rilancia l'idea di un'Italia divisa in tre macroregioni. Sa che, se vincesse le elezioni, avrebbe di che sudare per dirimere contraddizioni che rischiano di esplodere in maniera dirompente, e prepara la via di fuga. Del resto, sullo stesso federalismo è scontro aperto tra diversi modelli: il lombardo di Formigoni (iperliberista e protosecessionista) e quello (più ‟compassionevole” e neo-costituzionale) veneto-nordestino di Galan, in dura polemica con il programma elettorale del Pdl, assai filo lombardo.
Se il centrodestra, dietro l'unità elettorale di facciata, si divide, cosa dice il centrosinistra? Invece di guardare ai mitici anni '60, non potrebbe mettere in campo una propria visione forte? Vale anche per la sinistra. L'arcobaleno non è una mera sommatoria di colori, ma una visione nuova delle cose, della società, anche del Nord. Per avere il progetto di un paese che sia di tutti, non basta sommare giusti obiettivi di settore. Serve l'iride di una risposta nuova, d'insieme, perché altrimenti, come dice McCarthy con la voce del duro e saggio Bell, ‟a volte la gente preferisce una risposta sbagliata piuttosto che non avercela per niente”.