Giorgio Bocca: Immortale e fragile
07 Aprile 2008
I due tempi dell'uomo: quello dell'immortalità e quello della fragilità. La certezza di essere immortale è propria degli anni verdi, quando si è giovani e forti. Ma non sempre. A volte quella certezza è di breve durata, si spegne, il dio che ti protegge ti abbandona, se ne va.
Ho conosciuto in guerra uomini valorosi, di coraggio estremo, primi negli assalti, nelle marce in territorio nemico e li ho visti ripresi dalla fragilità, li ho visti tornare alle prudenze, a nascondersi, come se in loro si fosse spenta la forza vitale. Li riconoscevi dal sorriso incerto, dai trasalimenti.
Ho incontrato la certezza nell'immortalità nei giorni di guerra. Sei in un bosco per seguire i movimenti del nemico che ti cerca. Sei vicino a un albero di tronco forte, in piedi dietro l'albero, e d'improvviso nell'aria arriva come uno schiaffo, come un soffio, vedi nel tronco zampillare una raffica di proiettili. Ti morde uno spasimo di paura, ma resti certo della tua immortalità, la Parca non ha ancora spezzato il filo della tua vita. Oppure sai che dietro la svolta della strada può esserci un agguato, che dietro quel dosso c'è un nemico, ma se sei certo dell'immortalità troverai uno scampo.
Nella certezza dell'immortalità anche il buio può esserti amico, il buio che ti ha atterrito nell'infanzia può diventare una difesa: puoi passare un valico presidiato dal nemico, rasentare le sue guardie, sentire i loro richiami, ma passare. Nel buio che prima ti atterriva ti muovi come l'uomo invisibile delle favole, ti spingi fin sotto la casa dove il nemico si è trincerato per la notte, vedi quello che sta di guardia a una finestra, vedi la brace della sua sigaretta e puoi anche risparmiargli la vita, perché l'immortalità ti fa generoso.
Nel tempo della fragilità, che prima o poi arriva, quando la protezione del tuo dio ti ha abbandonato, vivi nel vuoto e cerchi di riempirlo, allontanarlo dietro porte blindate, casseforti murate, occhi di telecamere appesi alle pareti, ronde di sorveglianti e anche di cani feroci, che lasciano sempre passare i ladri e gli assassini, i 'cave canem' ignorati nei secoli. Nel tempo della fragilità sai di essere un guscio sottile, debole, che anche un bambino può spezzare.
È questa fragilità di molti, di tutti, che ha creato alla società, lo stato, il bisogno assillante della sicurezza di cui parliamo in continuazione e che non raggiungiamo mai, l'eterna promessa dei governanti, il loro eterno inganno che funziona quando sono in cerca del tuo voto, del tuo consenso.
Ora che ho compiuto il mio percorso fra immortalità e fragilità, mi pare di vedere più lucidamente le opportunità e i rischi della vita, ma sempre dominato, trascinato da quei due opposti stati d'animo, dell'immortalità divina e della fragilità senza scampo. Sbagliano gli uomini a sorridere delle loro eterne scaramanzie, del cercare per tutta la vita i segni della fortuna e sfuggire quelli della sventura. Sbagliano quelli che, nel tempo dell'immortalità, cedono alla superbia e al disprezzo per i deboli. Prima o poi arriverà anche per loro il tempo di sentirsi nudi e indifesi. Non c'è eroe, non c'è potente, non c'è tiranno che possa sottrarsi a questa altalena tra la fiducia e la disperazione. Dicono che essa sia ciò che ci distingue dagli animali. Ma che ne sappiamo noi di loro?
Guardare indietro, ricordare i giorni dell'immortalità in quelli della fragilità è un esercizio rischioso che può lasciare atterriti. Come è stato possibile che tante volte abbiate sfiorato la morte o le mutilazioni e le invalidità, come avete fatto a resistere alle fatiche incredibili, che abbiate resistito per mesi, per anni, a quelle angosce? I reduci mentono a se stessi per poter ricordare. Un tempo che per essi resta memorabile, ma anche incredibile e assurdo quando se ne è usciti.
Ho conosciuto in guerra uomini valorosi, di coraggio estremo, primi negli assalti, nelle marce in territorio nemico e li ho visti ripresi dalla fragilità, li ho visti tornare alle prudenze, a nascondersi, come se in loro si fosse spenta la forza vitale. Li riconoscevi dal sorriso incerto, dai trasalimenti.
Ho incontrato la certezza nell'immortalità nei giorni di guerra. Sei in un bosco per seguire i movimenti del nemico che ti cerca. Sei vicino a un albero di tronco forte, in piedi dietro l'albero, e d'improvviso nell'aria arriva come uno schiaffo, come un soffio, vedi nel tronco zampillare una raffica di proiettili. Ti morde uno spasimo di paura, ma resti certo della tua immortalità, la Parca non ha ancora spezzato il filo della tua vita. Oppure sai che dietro la svolta della strada può esserci un agguato, che dietro quel dosso c'è un nemico, ma se sei certo dell'immortalità troverai uno scampo.
Nella certezza dell'immortalità anche il buio può esserti amico, il buio che ti ha atterrito nell'infanzia può diventare una difesa: puoi passare un valico presidiato dal nemico, rasentare le sue guardie, sentire i loro richiami, ma passare. Nel buio che prima ti atterriva ti muovi come l'uomo invisibile delle favole, ti spingi fin sotto la casa dove il nemico si è trincerato per la notte, vedi quello che sta di guardia a una finestra, vedi la brace della sua sigaretta e puoi anche risparmiargli la vita, perché l'immortalità ti fa generoso.
Nel tempo della fragilità, che prima o poi arriva, quando la protezione del tuo dio ti ha abbandonato, vivi nel vuoto e cerchi di riempirlo, allontanarlo dietro porte blindate, casseforti murate, occhi di telecamere appesi alle pareti, ronde di sorveglianti e anche di cani feroci, che lasciano sempre passare i ladri e gli assassini, i 'cave canem' ignorati nei secoli. Nel tempo della fragilità sai di essere un guscio sottile, debole, che anche un bambino può spezzare.
È questa fragilità di molti, di tutti, che ha creato alla società, lo stato, il bisogno assillante della sicurezza di cui parliamo in continuazione e che non raggiungiamo mai, l'eterna promessa dei governanti, il loro eterno inganno che funziona quando sono in cerca del tuo voto, del tuo consenso.
Ora che ho compiuto il mio percorso fra immortalità e fragilità, mi pare di vedere più lucidamente le opportunità e i rischi della vita, ma sempre dominato, trascinato da quei due opposti stati d'animo, dell'immortalità divina e della fragilità senza scampo. Sbagliano gli uomini a sorridere delle loro eterne scaramanzie, del cercare per tutta la vita i segni della fortuna e sfuggire quelli della sventura. Sbagliano quelli che, nel tempo dell'immortalità, cedono alla superbia e al disprezzo per i deboli. Prima o poi arriverà anche per loro il tempo di sentirsi nudi e indifesi. Non c'è eroe, non c'è potente, non c'è tiranno che possa sottrarsi a questa altalena tra la fiducia e la disperazione. Dicono che essa sia ciò che ci distingue dagli animali. Ma che ne sappiamo noi di loro?
Guardare indietro, ricordare i giorni dell'immortalità in quelli della fragilità è un esercizio rischioso che può lasciare atterriti. Come è stato possibile che tante volte abbiate sfiorato la morte o le mutilazioni e le invalidità, come avete fatto a resistere alle fatiche incredibili, che abbiate resistito per mesi, per anni, a quelle angosce? I reduci mentono a se stessi per poter ricordare. Un tempo che per essi resta memorabile, ma anche incredibile e assurdo quando se ne è usciti.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …