La morte di Ballard. L'astronauta degli spazi interni e esterni

21 Aprile 2009
I luoghi di James Graham Ballard, i panorami dipinti dalle sue parole e le superfici di natura diversissima dove si muovono i suoi personaggi hanno sempre avuto una pittoricità spinta, mai statica, perchè nei suoi libri gli elementi che compongono uno spazio sembrano veri e sentiamo il vento soffiare, lo sgocciolio dell'acqua, il crepitio del fuoco. Era dunque inevitabile che la natura chimica, biologica e cinetica della sua letteratura ispirasse e condizionasse il cinema e sebbene solo poche pellicole (L'Impero del Sole di Spielberg ''87, 10 monologhi dalle vite dei serial killers di Aryan Kaganov '94, Crash di Cronemberg, '96, The Atrocyty Exibition di Jonathan Weiss 2000; L'aereo vola a quota bassa della portoghese Solveig Nordlund, 2002) siano direttamente ispirate alla sua opera, le sue visioni cartacee hanno svolto un ruolo importante come quelle di Dick, Bradbury e Matheson nello stimolare e mutare i sogni di celluloide. Il suo immaginario catastrofico ha trasformato la maniera di percepire una superficie devastata, che sia una metropoli invasa dalle acque e drasticamente mutata nella sua architettura come in Deserto d'Acqua o la piccola porzione di pelle squassata da un incidente, dove la cicatrice diventa un elemento di un micro-panorama di epidermide, in cui ci può essere la bellezza e la poesia di ciò che ‟non” è deturpato, ma soltanto mutato. Lo splendore dell'informe ballardiano e dello stravolgimento di ‟ciò che era” ha favorito la nascita di una nuova estetica in cui il bello e il brutto, la vita e la morte si confondono e trovano nuovi significati, nuove ragioni di essere: si evolvono tramite un fecondo rapporto parassitario basato su opposti concetti. Non c'è film moderno sulla catastrofe (Crash è un film sulla catastrofe orribile ma sensualissima di carne e lamiera) che non debba qualcosa alle pagine di Ballard: da Mad Max di George Miller a Akira di Otomo, da The Day After Tomorrow di Emmerich a The Happening di Shyamalan. In quest'ultimo riusciamo davvero a vedere il vento e c'è una qualità elementale nella sua rappresentazione, proprio come nella tetralogia che lo scrittore scomparso ha, aristotelicamente, dedicato a fuoco, acqua, terra e aria. Spielberg ha amplificato l'elemento epico e avventuroso dell'infanzia taiwanese di Ballard (interpretato da Christian Bale molto giovane), esaltando soprattutto la tensione al volo e all'elevazione aerea che è sempre quella dello sguardo, che vuole vedere ancora di più. Il volo come metro di visione, come panoramica assoluta: un dolly che si alza fino alla fine dell'atmosfera per notare e raccontare sempre di più. La vertigine dell'altezza è anche vertigine del ‟vicinissimo”. Nell'opera di Ballard vi è uno sguardo-microscopio che accarezza e frusta insieme il corpo umano, andando oltre le cellule per arrivare a scoprire la galassia inesplorata dei mondi che ci sono all'interno e raccontarli con la perizia aeronautico-letteraria di un grande pilota, o meglio di un astronauta definitivo di spazi esterni e interni.

J.G. Ballard

James Graham Ballard (1930-2009) è considerato uno dei più interessanti e originali scrittori inglesi contemporanei. Innovatore della letteratura fantascientifica, si concentra sugli effetti che la modernità produce su psiche e …