Giorgio Bocca: Follia e ferocia del calcio

26 Giugno 2009
Personaggi esemplari della rivoluzione plutocratica, come la chiamano, del trionfo del lusso, sono gli allenatori di calcio delle grandi squadre italiane. Il capostipite fu Helenio Herrera, un picaro spagnolo genialoide che fece innamorare il presidente dell'Inter Angelo Moratti, ballerino di tango e imprenditore arricchitosi con il commercio del petrolio. Il picaro fu il primo a trovare la formula magica: far comprare i giocatori migliori e creargli attorno una rete di pratiche magiche, portafortuna, scongiuri, evviva a uso calcistico. Così tappezzava gli spogliatoi dell'Inter, squadra milanese, con dei cartelli incitanti alla vittoria e alla perfezione, subito scambiato da una stampa incline alla retorica per un mago infallibile e dalle mille astuzie. Il suo celebre motto era ‟taca la bala”, per dire di non mollare mai il pallone, anticipi agli avversari, non dargli respiro, che è un'ottima regola a patto che tu abbia assoldato quelli con i polmoni più forti e garretti d'acciaio. Ma ai tifosi, cioè al popolo sempre in attesa di miracoli e superstizioni, andava benissimo.
Ora al seguito di Herrera è arrivato in Italia, sempre all'Inter di cui è presidente un figlio di Angelo Moratti, un altro geniale e scaltro pallonaro di quelli che uniscono l'eccellenza del mestiere all'invenzione del filo per tagliare il burro, di nome José Mourinho, un altro picaro, portoghese questo, che ha esordito come venditore di sogni parlando ai giornalisti meneghini, miracolo, in italiano, non importa se un grammelot da teatro dell'arte. E ha incantato l'uditorio con una frase diventata subito famosa in tutta l'Italia sportiva: "Non sono mica un pirla", in cui il Paese del melodramma ha riconosciuto l'arguzia di Arlecchino servo di due padroni. E avendogli il Moratti figlio, pure lui un petroliere, comprato una legione straniera di campioni e ridotto a uno solo la partecipazione italiana, ha fatto ciò che ogni allenatore di buon mestiere avrebbe fatto: ha vinto il campionato, lo scudetto, ricompensato con uno stipendio miliardario in vecchie lire, che in questi tempi di rivoluzione plutocratica e di bonus manageriali astronomici è stato apprezzato anche dai poveracci che affollano le curve degli stadi e dai borghesi delle tribune. E il lautissimo stipendio ha aumentato la sua popolarità anche perché Mourinho le ha aggiunto quel tanto di arroganza che nell'era manageriale è di moda. E il duca di Mantova, il presidente dell'Inter Moratti, si è deliziato ai capricci del suo giocoliere di corte, che ora si stizziva per non essere abbastanza lodato, ora minacciava con formule sibilline di andare a cantare in altra corte, da tutti citato per qualsiasi cosa strampalata dicesse, come "zero tituli", per dire che gli altri allenatori non avevano vinto nessun trofeo.
Strana città Milano, per generazioni si disse che era la ‟capitale morale” del Paese, senza nessun riferimento all'etica, per dire che era la capitale di fatto. Ma essendo di fatto la città guida dell'economia e dell'industria ha sempre coltivato un debole per i giocolieri, gli artisti, gli avventurieri arrivati da fuori e rifiutati da città più severe come Torino o Genova.
Il Milan, l'altra grande squadra, è un pittoresco clan di mangiatori di ‟feijoada” brasiliani, dove il sultano Berlusconi ha potere di vita e di morte. Non c'è nulla di più feroce delle trasmissioni e dei dibattiti calcistici, con qualche padrone con il pollice verso e qualche gladiatore licenziato.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …