Resistere: Marie Sophie Germain

La francese Marie Sophie Germain (1776-1831) possedeva un enorme talento matematico, alla sua epoca considerato del tutto fuori posto in una ragazza. Per distoglierla dagli studi i genitori la ostacolarono in ogni modo, ma Marie Sophie continuò a passare le giornate immersa nei libri di matematica della biblioteca di famiglia, finché i suoi, rassegnati, non furono costretti a cercarle dei precettori, che lei ben presto superò. A Parigi, nel frattempo, aprì i battenti l’École polytechnique, un istituto di alta formazione riservato solo agli uomini. Marie Sophie arrivò al punto di assumere una falsa identità maschile – quella di uno studente che si era iscritto, ma poi aveva lasciato perdere – pur di poter seguire i corsi, benché da lontano e tramite dispense, adducendo varie scuse (sosteneva anche gli esami per corrispondenza). Ma ecco che il Direttore del corso, meravigliato dal fatto che il presupposto studente, da mediocre qual era all’inizio, fosse diventato così bravo, pretese di conoscerlo di persona per potersi congratulare con lui.

Marie Sophie era terrorizzata e…

Come andò a finire la sua vicenda? Be’, è tutto scritto ne Il libro rosa della filosofia!

Marie Sophie ci ricorda che è indubbiamente più semplice vivere secondo l’opinione del mondo e adeguarsi ai modelli, a patto, però, di tradire la propria personalità, e cioè la parte più preziosa di noi stesse.

Il coraggio: Olympe de Gouge

Olympe de Gouges (1748-1793), è vissuta durante la Rivoluzione francese, uno dei periodi più tempestosi della storia umana. Persuasa dell’esistenza di diritti naturali per entrambi i sessi, specularmente alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, del 1789, stila nel 1793 la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, rivendicando la libertà e l’uguaglianza anche per le donne. Considerata per questo un’estremista, è vittima del terrore. E il Procuratore del Comune di Parigi commenta cinicamente: «Meritava di morire, perché aveva scordato le virtù femminili».

L’importanza di unire le forze: le grandi donne di Seneca Falls

Stati Uniti, 1848. La condizione femminile è molto pesante; le donne in teoria sono cittadine come gli uomini, ma prive dei diritti civili. In genere le donne tacciono, ma c’è chi decide di unire le forze e di protestare. Si tratta di Lucretia Mott (1793-1880), di Elisabeth Cady Stanton (1815-1902), di Martha Coffin Wright (1806-1875), di Mary Ann McClintock (1800-1884), che indicono una Convenzione a Seneca Falls, nei pressi di New York, per diffondere la loro Dichiarazione dei sentimenti. Ecco l’esordio del discorso d’apertura: «Ci troviamo qui per protestare contro un governo che esiste senza il consenso dei governati, per dichiarare il nostro diritto di essere libere così come è libero l’uomo, ad avere una nostra rappresentanza nel governo per il quale paghiamo le tasse, per far abolire leggi ignobili come quelle che consentono a un marito di punire e recludere sua moglie, di appropriarsi del salario che guadagna e dei beni da lei ereditati, e che, in caso di divorzio, la priva dei figli».

La Convenzione di Seneca Falls è una pietra miliare per la storia delle donne, e ha ispirato infinite altre manifestazioni del genere.

È facile sentirsi preda dello sconforto se ci si sente sole; insieme, invece, si osa, ci si incoraggia, ci si appoggia l’una all’altra e si procede.

Coltivare l’empatia: Edith Stein

Edith Stein (1841-1942), pensatrice e mistica tedesca di origine ebrea (morì in un lager nazista), si laureò brillantemente in Filosofia a Gottinga con il celebre filosofo Edmund Husserl (1859-1938), il quale la apprezzò così tanto da domandarle di fargli da assistente. Tuttavia, Husserl ricusò sempre le richieste di Edith di avanzare fino alla libera docenza, preferendo assegnarle più che altro mansioni da segretaria (tipo stenografare, trascrivere gli appunti, riordinargli le cartelle e così via), finché Edith si stancò e lo piantò in asso. La sua tesi di laurea verteva su di un argomento del quale oggi si parla molto, ma che ai suoi tempi era davvero innovativo: l’empatia.

Edith ci ricorda che è l’empatia a permettere la reciprocità e a consentirci di comprendere gli altri con le loro emozioni. È un “sentire” che diventa un “sentire dentro”. L’empatia non ha regole né confini, è una specie di miracolo che può manifestarsi con chiunque, anche con gli sconosciuti, è un ponte che ci fa riconoscere nelle persone la nostra esperienza personale e ci amplia la prospettiva e la visuale.

Edith ci insegna, dunque, che empatizzare è un atto che ci arricchisce immensamente: quando ci immedesimiamo negli altri, conosciamo meglio anche noi stessi.

Partecipare in prima persona: Simone Weil

La francese Simone Weil (1909- 1943), eccellente studentessa di filosofia e poi docente nei licei, si impegnò attivamente nel sindacato e nell’unione dei disoccupati parigini, che finì per guidare (peraltro devolveva buona parte del suo stipendio ai più poveri). A venticinque anni, per provare in prima persona la durezza della condizione operaia e condividerne le sofferenze (e pur essendo piuttosto cagionevole di salute), lasciò la carriera da insegnante e si fece assumere come operaia alla Renault, dove lavorò alle presse, continuamente esposta alle vampe di calore. Anche in seguito, e nelle varietà delle sue successive esperienze, Simone non aspettò mai che le cose le “venissero raccontate”: fu sempre in prima fila, testimone e attiva protagonista del suo tempo.

Articolo a cura di Simonetta Tassinari

Il libro rosa della filosofia di Simonetta Tassinari

«Si parla della storia delle donne e del loro pensiero, che non è stato minore, bensì sottovalutato e negato, e anche della contemporaneità nel nostro mondo occidentale, in cui le contraddizioni non mancano se ancora si dice, di una donna determinata, che “ha gli attribut…