Stefano Benni: Caro Babbo Natale il regalo che vorrei
09 Giugno 2002
Caro Babbo Natale, sono un bambino italiano medio e ti
spedisco la consueta letterina per i regali. Ti avverto subito che il tono sarà
diverso da quello degli anni passati, ma viviamo tempi difficili e mi sono
dovuto adeguare: comunque, leggila con attenzione.
Anzitutto ti prometto che non sarò buono. Buono è un termine adatto a una telenovela, a una partita del Cuore, a un lacrimatoio in diretta tivù. Ma una bontà senza telecamere e senza Auditel è fatica inutile. Non ti dico neanche che sarò onesto e corretto, perché mi giocherei la carriera parlamentare. Per prima cosa, quindi, non ti chiedo perdono dei peccatucci commessi. Sì, ho rubato qualche lira dal portafoglio di papà, ma ti prometto che non lo farò più. Dal prossimo anno ruberò solo euro. Ho usato il rossetto al silicone di mamma sul cane e l’ho quasi trasformato in un tapiro. Ho sostituito il calendario di Frate Indovino del nonno col calendario di Martina Colombari e non sono neanche andato a trovarlo nel reparto rianimazione. Ho corrotto il bidello per una piccola modifica costituzionale: gli ho fatto cambiare i miei voti nel registro. Ho investito uno in motorino e non mi sono fermato, ma avrei fatto tardi a scuola.
Ebbene sì, qualche carognata l’ho fatta, ma come dice un paleovinile dei tuoi tempi, "nessuno mi può giudicare". Tu vieni da un nevoso paese scandinavostalinista che non conosce neanche il prosciutto, e nessun giudice straniero ficcherà il suo fottuto naso giacobino negli affari del popolo italiano. Perciò lascia da parte rimproveri e rogatorie.
Se vuoi proprio saperlo, ho anche detto un sacco di bugie e ho fatto la spia in classe, ma non è certo un peccato, anzi è vivamente consigliato dai nostri governanti. Ho denunciato un professore che ci faceva leggere A Silvia di Leopardi, con evidente derisione del nostro premier. Ho picchiato un mio compagno di scuola, ma era di colore e vendeva temi prefabbricati, se questi sono venuti in Italia per rubarci il lavoro, se ne stiano a casa loro. Quando la maestra fa lezione, io, insieme a tutta la classe, le parlo sopra, sbraito e la interrompo. Una volta lei si è incazzata urlandoci: ma dove avete imparato queste cose, e noi abbiamo risposto: nei talkshow, signora professoressa. Ha dovuto darci ragione. Naturalmente sono stato disonesto. Ho falsificato la mia firma sul libretto delle assenze. Dovevo andare a scuola, ma c’era anche una partita di pallone. Era un caso lampante di conflitto di interessi e tu sai come vanno queste cose in Italia. Una notte ho visto dei miei compagni che bruciavano un asilo e li ho lasciati fare, era un asilo pubblico e l’ho interpretato come un gesto di solidarietà con la Moratti.
Ti sembran tempi per lezioni di moralità? Vedo quei signori con il cravattone verde, che una volta erano i campioni della lotta alla corruzione e del sempreduro e adesso sono ministeriali e bazzotti, una volta gli facevano schifo i fascisti e adesso ci scodinzolano insieme. Se loro hanno fatto carriera così, perché non dovrei farlo io? E adesso passiamo alle cose serie, cioè ai regali. Per prima cosa voglio altre due playstation. Non ricordarmi che ne ho già una, il nostro premier ha sette televisioni e si lamenta che l’informazione è tutta in mano ai comunisti. Beh, anche io voglio tre playstation per contrastare l’avanzata marxista nella tecnologia ludica.
Poi voglio videogiochi di guerra e armi. E non pensare di rifilarmi le solite spade di plastica. Guardando gli esperti militari in televisione, ho capito che ci sono armi buone e armi cattive. Il kalashnikov è cattivo perché fa rumore, il B 52 è buono perché quando ti sorvola romba silenzioso lassù in alto, e tu puoi continuare a fare i compiti. Le mine antiuomo, come dice il nome, non colpiscono le donne e i bambini. Io vorrei quella meravigliosa bomba Usa che si chiama tagliamargherite, quella che spazza via tutto nel raggio di dieci chilometri. La tirerei nel mio quartiere, così finalmente noi bambini avremmo uno spazio libero dove giocare a pallone. Se non me la porti, allora vuol dire che sei contrario a una città vivibile per l’infanzia. Dici che sono giochi violenti? Beh, ho visto il video di Osama che festeggia lo sterminio degli odiati nemici, ma sono convinto che anche Bush e Sharon festeggiano dopo aver bombardato, e anche il nostro presidente del consiglio ha brindato alla notizia che entravamo in guerra. Insomma, la guerra eccita tutti e non vedo perché solo noi bambini dovremmo essere esclusi. Oltretutto, a differenza dei guerrafondai, noi sappiamo anche godere in altri modi. Ma qua invoco la legge sulla privacy.
Naturalmente, non dimenticare la mia famiglia. Il mio fratellino minore vorrebbe una sedia elettrica per criceti e mio fratello maggiore un lanciagranate da stadio. Mia sorella vorrebbe tanto il Lego Lunardi, quello che ti danno la scatola gratis ma appena hai costruito qualcosa arriva un tecnico nominato da Lunardi e ti fa una perizia da cinquanta milioni. Non scordarti del mio papà che è leghista e fa il presepe con due buoi perché dice che l’asino è da terroni. Portagli una divisa da sceriffo della polizia padana. A mio zio che è di Forzitalia il salvavviso Beghelli che trilla quando sta per arrivare la finanza. Per mia mamma progressista un ombrello, oppure va bene anche un vecchio regalo riciclato, dopo il ritorno di D’Alema è rassegnata a tutto. E passiamo ai videogiochi. Anzitutto vorrei Guazzalook, un gioco dove hai un anno di tempo per soffocare gli abitanti di una città col traffico, lo smog, il cemento selvaggio e la svendita del verde pubblico. Poi vorrei il Processo del Lunedì, ma se pensi che sia troppo violento mi accontento di Mortal Kombat. Come ultima cosa, vorrei un osso di juventino per il mio cane e il kit della mia squadra con le maglie, le scarpette e una bottiglia di nandrolone.
Portami questi regali in fretta e senza discutere. Anzi, a proposito di velocità, perché vai in giro con quelle renne puzzolenti e radioattive? Hai visto la motoslitta biposto della Fiat con turbo e sospensioni anticrepaccio? Ma perché non ti modernizzi? E poi cambia stile: non farti chiamare Babbo Natale, ma Padrino Natale o Don Natale, o meglio di tutto Venerabile Natale, e nel mio paese ti saranno spalancate tutte le porte e i camini. Via la barba, che tutti i cattivi hanno la barba, e via l’abito rosso.
Ma soprattutto, stai attento. Se mi porti del carbone, potrei telefonare a Scaiola segnalando che nello spazio aereo italiano si aggira un extracomunitario su un mezzo volante. Poi dovrai spiegare cos’è quella polverina d’oro sulle tue letterine. Per finire: non passare dal camino, papà l’ha murato per paura dei ladri, e ha anche messo un cancello con l’allarme e sei rothwailer che in confronto Gasparri è un chihuahua. Perciò consegna i regali al mio amico Ciccio, sul ponte della tangenziale alla mezzanotte del ventiquattro. E bada che non manchi niente o farai una brutta fine. Lo so che questa letterina ti stupirà, ma mi sono dovuto adeguare. Naturalmente so benissimo che al mondo ci sono penosi inconvenienti come la fame, la guerra e lo statuto dei lavoratori, ma intanto riempimi la saccoccia. Ho imparato bene la lezione? P.S. - L’anno scorso pensavo che tu non esistessi, ma poi ho visto Castelli ministro guardasigilli e salvasilvi, la Pidue riabilitata, le balle di Fini su Genova e la corsa a ruffianarsi il ducetto nelle adunate pariolinobrianzole di Leccolandia. E questa bella sinistra di zucchero filato, che aspetta che il cavaliere sostituisca la costituzione con un palinsesto, dove magari, per l’opposizione più moderata, ci sarà un posticino, un divanino, un programmino dopo le quattro di notte. Allora ho capito che c’era posto anche per te, nell’immaginario collettivo.
Ti aspetto.
Anzitutto ti prometto che non sarò buono. Buono è un termine adatto a una telenovela, a una partita del Cuore, a un lacrimatoio in diretta tivù. Ma una bontà senza telecamere e senza Auditel è fatica inutile. Non ti dico neanche che sarò onesto e corretto, perché mi giocherei la carriera parlamentare. Per prima cosa, quindi, non ti chiedo perdono dei peccatucci commessi. Sì, ho rubato qualche lira dal portafoglio di papà, ma ti prometto che non lo farò più. Dal prossimo anno ruberò solo euro. Ho usato il rossetto al silicone di mamma sul cane e l’ho quasi trasformato in un tapiro. Ho sostituito il calendario di Frate Indovino del nonno col calendario di Martina Colombari e non sono neanche andato a trovarlo nel reparto rianimazione. Ho corrotto il bidello per una piccola modifica costituzionale: gli ho fatto cambiare i miei voti nel registro. Ho investito uno in motorino e non mi sono fermato, ma avrei fatto tardi a scuola.
Ebbene sì, qualche carognata l’ho fatta, ma come dice un paleovinile dei tuoi tempi, "nessuno mi può giudicare". Tu vieni da un nevoso paese scandinavostalinista che non conosce neanche il prosciutto, e nessun giudice straniero ficcherà il suo fottuto naso giacobino negli affari del popolo italiano. Perciò lascia da parte rimproveri e rogatorie.
Se vuoi proprio saperlo, ho anche detto un sacco di bugie e ho fatto la spia in classe, ma non è certo un peccato, anzi è vivamente consigliato dai nostri governanti. Ho denunciato un professore che ci faceva leggere A Silvia di Leopardi, con evidente derisione del nostro premier. Ho picchiato un mio compagno di scuola, ma era di colore e vendeva temi prefabbricati, se questi sono venuti in Italia per rubarci il lavoro, se ne stiano a casa loro. Quando la maestra fa lezione, io, insieme a tutta la classe, le parlo sopra, sbraito e la interrompo. Una volta lei si è incazzata urlandoci: ma dove avete imparato queste cose, e noi abbiamo risposto: nei talkshow, signora professoressa. Ha dovuto darci ragione. Naturalmente sono stato disonesto. Ho falsificato la mia firma sul libretto delle assenze. Dovevo andare a scuola, ma c’era anche una partita di pallone. Era un caso lampante di conflitto di interessi e tu sai come vanno queste cose in Italia. Una notte ho visto dei miei compagni che bruciavano un asilo e li ho lasciati fare, era un asilo pubblico e l’ho interpretato come un gesto di solidarietà con la Moratti.
Ti sembran tempi per lezioni di moralità? Vedo quei signori con il cravattone verde, che una volta erano i campioni della lotta alla corruzione e del sempreduro e adesso sono ministeriali e bazzotti, una volta gli facevano schifo i fascisti e adesso ci scodinzolano insieme. Se loro hanno fatto carriera così, perché non dovrei farlo io? E adesso passiamo alle cose serie, cioè ai regali. Per prima cosa voglio altre due playstation. Non ricordarmi che ne ho già una, il nostro premier ha sette televisioni e si lamenta che l’informazione è tutta in mano ai comunisti. Beh, anche io voglio tre playstation per contrastare l’avanzata marxista nella tecnologia ludica.
Poi voglio videogiochi di guerra e armi. E non pensare di rifilarmi le solite spade di plastica. Guardando gli esperti militari in televisione, ho capito che ci sono armi buone e armi cattive. Il kalashnikov è cattivo perché fa rumore, il B 52 è buono perché quando ti sorvola romba silenzioso lassù in alto, e tu puoi continuare a fare i compiti. Le mine antiuomo, come dice il nome, non colpiscono le donne e i bambini. Io vorrei quella meravigliosa bomba Usa che si chiama tagliamargherite, quella che spazza via tutto nel raggio di dieci chilometri. La tirerei nel mio quartiere, così finalmente noi bambini avremmo uno spazio libero dove giocare a pallone. Se non me la porti, allora vuol dire che sei contrario a una città vivibile per l’infanzia. Dici che sono giochi violenti? Beh, ho visto il video di Osama che festeggia lo sterminio degli odiati nemici, ma sono convinto che anche Bush e Sharon festeggiano dopo aver bombardato, e anche il nostro presidente del consiglio ha brindato alla notizia che entravamo in guerra. Insomma, la guerra eccita tutti e non vedo perché solo noi bambini dovremmo essere esclusi. Oltretutto, a differenza dei guerrafondai, noi sappiamo anche godere in altri modi. Ma qua invoco la legge sulla privacy.
Naturalmente, non dimenticare la mia famiglia. Il mio fratellino minore vorrebbe una sedia elettrica per criceti e mio fratello maggiore un lanciagranate da stadio. Mia sorella vorrebbe tanto il Lego Lunardi, quello che ti danno la scatola gratis ma appena hai costruito qualcosa arriva un tecnico nominato da Lunardi e ti fa una perizia da cinquanta milioni. Non scordarti del mio papà che è leghista e fa il presepe con due buoi perché dice che l’asino è da terroni. Portagli una divisa da sceriffo della polizia padana. A mio zio che è di Forzitalia il salvavviso Beghelli che trilla quando sta per arrivare la finanza. Per mia mamma progressista un ombrello, oppure va bene anche un vecchio regalo riciclato, dopo il ritorno di D’Alema è rassegnata a tutto. E passiamo ai videogiochi. Anzitutto vorrei Guazzalook, un gioco dove hai un anno di tempo per soffocare gli abitanti di una città col traffico, lo smog, il cemento selvaggio e la svendita del verde pubblico. Poi vorrei il Processo del Lunedì, ma se pensi che sia troppo violento mi accontento di Mortal Kombat. Come ultima cosa, vorrei un osso di juventino per il mio cane e il kit della mia squadra con le maglie, le scarpette e una bottiglia di nandrolone.
Portami questi regali in fretta e senza discutere. Anzi, a proposito di velocità, perché vai in giro con quelle renne puzzolenti e radioattive? Hai visto la motoslitta biposto della Fiat con turbo e sospensioni anticrepaccio? Ma perché non ti modernizzi? E poi cambia stile: non farti chiamare Babbo Natale, ma Padrino Natale o Don Natale, o meglio di tutto Venerabile Natale, e nel mio paese ti saranno spalancate tutte le porte e i camini. Via la barba, che tutti i cattivi hanno la barba, e via l’abito rosso.
Ma soprattutto, stai attento. Se mi porti del carbone, potrei telefonare a Scaiola segnalando che nello spazio aereo italiano si aggira un extracomunitario su un mezzo volante. Poi dovrai spiegare cos’è quella polverina d’oro sulle tue letterine. Per finire: non passare dal camino, papà l’ha murato per paura dei ladri, e ha anche messo un cancello con l’allarme e sei rothwailer che in confronto Gasparri è un chihuahua. Perciò consegna i regali al mio amico Ciccio, sul ponte della tangenziale alla mezzanotte del ventiquattro. E bada che non manchi niente o farai una brutta fine. Lo so che questa letterina ti stupirà, ma mi sono dovuto adeguare. Naturalmente so benissimo che al mondo ci sono penosi inconvenienti come la fame, la guerra e lo statuto dei lavoratori, ma intanto riempimi la saccoccia. Ho imparato bene la lezione? P.S. - L’anno scorso pensavo che tu non esistessi, ma poi ho visto Castelli ministro guardasigilli e salvasilvi, la Pidue riabilitata, le balle di Fini su Genova e la corsa a ruffianarsi il ducetto nelle adunate pariolinobrianzole di Leccolandia. E questa bella sinistra di zucchero filato, che aspetta che il cavaliere sostituisca la costituzione con un palinsesto, dove magari, per l’opposizione più moderata, ci sarà un posticino, un divanino, un programmino dopo le quattro di notte. Allora ho capito che c’era posto anche per te, nell’immaginario collettivo.
Ti aspetto.
Stefano Benni
Stefano Benni è nato a Bologna nel 1947. Con Feltrinelli ha pubblicato: Prima o poi l’amore arriva (1981), Terra! (1983), Stranalandia, con disegni di Pirro Cuniberti (1984), Comici spaventati guerrieri …