Giorgio Bocca: La montagna delle libertà

22 Agosto 2002
Stiamo cambiando un mondo che cambia già per conto suo, ne nasce una gran confusione, la inquietudine del non capire. C'è davvero l'effetto serra? Ieri qui a Bellardey, millecinquecento metri in Valle d'Aosta abbiamo acceso il riscaldamento, il termometro di notte scende a otto gradi, al mattino la cresta fra Paramont e il Ruitor appare spruzzata di neve, sono bianchi di neve fresca i ghiacciai del Gran Paradiso e la bellissima Grivola. Ma i pareri sono diversi come le inquietudini fra cui viviamo.
Incontro il professor Brevini, letterato e scalatore: è disperato perché i ghiacciai si ritirano come la sua gioventù, vede le sue montagne ridotte a pietraie nude, macinate dal ghiaccio che se ne è andato. Che accadrà alle acque glaciali, alle cascate, alla cerulea Dora? Nulla di apocalittico se ascoltiamo un altro scrittore di montagna Luca Cammani. È già accaduto, dice, intorno all'anno mille, negli anni tiepidi di cui narrano le leggende: l'immensa piramide di rocce di nevi di ghiacci non esisteva. Allora i monti formavano una ampia giogaia che abbracciava a semicerchio la conca prativa che ora si chiama Breil o Cervinia. Immense praterie fiorite si stendevano sulle pendici dei monti, i pastori vivevano nella più felice abbondanza, il latte era così in gran copia da formare ruscelletti nei quali gli agnelli si dissetavano. Tutti andavamo d'amore e d'accordo.
Ma arriva nella seconda metà del '500 la "piccola età glaciale" e i ghiacci avvolgono i peccatori che hanno rotto il patto di alleanza con il Signore, le montagne ritornano "maudites" maledette, la teologia luterana le bolla come un prodotto del peccato, gli uomini della pianura le disertano, solo gli eserciti invasori sono costretti a varcarle e a inventare drammatiche peripezie su abissi inesistenti su valichi dove ora i villeggianti fanno i pic- nic.
Ma c'è ancora un altro modo, in questa estate da brividi, di parlare e scrivere delle Alpi ed è l'aureo libretto "Sulle Montagne" di Vittorio Foa che essendo scrittore fra i più alti si è scelto come editore un giovane di belle speranze che sta in valle, Nicola Alessi.
Sono le montagne degli anni Trenta, della borghesia antifascista e colta che vi cercava un rifugio, vi formava una aristocrazia e immaginava le Alpi e l'alpinismo come il mondo "vero" degli uomini liberi. Gli uomini proiettano sulla natura i loro sentimenti di paura come di amore, immaginano sempre in qualche modo una montagna viva, amica o nemica, ma se ne scrivono conta solo il modo come quello di Foa, del letterato, raro in ogni paese, elegante ed essenziale, un'impresa pari alla più difficile delle scalate.
Oggi la montagna non può più essere un rifugio politico, un mondo separato da quello autoritario, oggi anche nella montagna arriva l'inquietudine del riformismo destabilizzante inventato dal Piccolo Cesare forzista: il riformismo fatto di parole vuote, ad personam, elettoralistico che non si sa quali vantaggi porti al bene comune mentre si capisce benissimo che è mirato al vantaggio di uno o di pochi, il riformismo che ha sempre dietro la retorica, il segno della provocazione, del dire e disdire ma nel sistematico perseguimento del potere che noi sudditi ci sentiamo addosso come una cappa di frustrazione e di impotenza. Un riformismo a macchia d'olio nell'occupazione dei posti, da subire giorno dopo giorno, aumenta il numero dei cortigiani servili e anche feroci che imperversano nella politica come nella informazione.
La montagna può far dimenticare questa inquietudine, questa stanchezza? Certo i due alpinisti valdostani che stanno percorrendo tutta la cresta che separa la valle dalla Svizzera e dalla Francia non hanno molto tempo per pensare alla politica e non ci pensa la maggior parte dei villeggianti. L'aristocrazia antifascista non c'è più, si vaga in un mare di sconosciuti.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …