Marco D'Eramo: Cambia la strega, continua la caccia

11 Settembre 2002
E' senza volto, scuro di pelle, non lascia tracce ed è inafferrabile l'alieno che minaccia la simpatica famiglia di Mel Gibson nel film Signs. Negli anni `50 i marziani erano pura metafora dei comunisti e dei sovietici, formicai collettivisti, privi di sentimenti, che volevano sterminare l'individualismo degli umani, ci volevano prendere la nostra terra. E il paragone con gli anni '50 salta fuori in ogni conversazione. Soprattutto tra i liberals e a sinistra, la temperie odierna viene paragonata al maccartismo, alla caccia alle streghe comuniste. Su un punto sono tutti d'accordo: dopo il crollo dell'Unione sovietica, gli Stati uniti hanno avuto un decennio di disorientamento, di malessere, perché non avevano più un nemico, incapaci di dare una rotta alla propria politica. Il terrorismo gli ha fornito quel nuovo nemico che cercavano. Perciò è vero che il terrorismo ha preso il posto dell'Urss come nemico, con le stesse funzioni di controllo e repressione sociale.
"Certo ora ci sono tutte le condizioni", mi dice al telefono dalla California settentrionale Alexander Cockburn, il commentatore politico più al vetriolo della sinistra americana. "L'Fbi ha il diritto di sapere dai bibliotecari quali libri leggi, può aprirti la posta cartacea ed elettronica, può intercettare telefonate, sottoporti a sorveglianza, controllare la tua cartella medica". E il direttore dell'Institute for America's Future, Robert Borosage, mi aveva detto: "Sto tenendo un corso su tutti i dispositivi legislativi messi in atto dall'amministrazione Bush, ed è straordinario come ricalcano pari passo quelli del maccartismo".
Il fatto di una gravità inimmaginabile in Europa è che gli Stati uniti hanno di fatto sospeso l'habeas corpus per i reati di terrorismo. E l'habeas corpus, cioè l'impossibilità di controllarti, intercettarti, arrestarti e tenerti in prigione senza un mandato esplicito del potere giudiziario, è il pilastro della democrazia anglosassone. Siamo arrivati al punto che, ha scritto Nat Hentoff sulla Village Voice, il ministro della giustizia John Ashcroft sta organizzando campi di concentramento per cittadini americani definiti "nemici combattenti".
Ma chi sono costoro? Come si legge a pagina tre delle nuove istruzioni sul terrorismo per l'Fbi: "La natura della condotta di un'impresa terrorista giustificherà l'inferenza che lo standard di un'investigazione giudiziaria è soddisfatto, anche se non ci sono fatti o affermazioni dei partecipanti che indichino una progettazione di violenza o di altri atti criminali". Al di là dell'involuzione burocratica del linguaggio, vuol dire che ti possono arrestare anche se non stai facendo niente, basta che il tuo profilo ti renda sospetto.
Uno dei successi dell'estate è il film di Steven Spielberg con Tom Cruise, Minority report: nel 2050, grazie all'aiuto di sensitivi, la polizia arresterà i colpevoli di un crimine prima che il crimine sia commesso. Ma non c'è bisogno di aspettare 50 anni, già adesso agisce così Ashcroft, che per altro è un integralista religioso cristiano.
Negli uffici del settimanale The Nation, Victor Navaski dice: "Da un certo punto di vista è peggio ora di allora, perché negli anni `50 comunque arrivavi a un processo pubblico, avevi diritto a una difesa, a un avvocato, a una giuria. Adesso possono tenerti in prigione a tempo indeterminato senza nessuna accusa specifica, e poi farti giudicare in segreto da una corte marziale la cui sentenza è inappellabile, e che non ha bisogno di prove certe, ma solo di indizi, per condannarti. Sono preoccupato quando l'amministrazione ci dice che è giusto sospendere l'habeas corpus, privare i prigionieri di difesa legale, mantenerne segreti i nomi, e respingere i vincoli del diritto internazionale. E' un precedente: se il presidente dice che siamo in guerra, il Congresso gli firma un assegno in bianco e in nome della sicurezza nazionale lo stato viola la costituzione."
Ma se oggi, dal punto di vista legale, la situazione è ancora peggiore che negli anni `50, molto diversa è l'atmosfera. "Negli anni `50 chiunque poteva finire nelle mani dell'Fbi, essere sospettato e messo sulla lista di proscrizione. Poteva essere benissimo un bianco protestante agiato, laureato. Oggi il bersaglio dell'antiterrorismo è molto più ristretto, definito in termini religiosi, razziali", mi dice Frances Fox Piven a New York. Per lo stesso Navaski "almeno un milione di persone erano passate per il partito comunista nei trent'anni che precedettero il maccartismo (anche se mai più di 50-60.000 alla volta). E poi c'erano i loro familiari ed amici. Quindi almeno una decina di milioni di persone era considerata sospetta. Oggi sono molto meno."
"Allora la sinistra era molto più spaventata di oggi", mi dice Cockburn. "Oggi i radicali che conosco li vedo più tranquilli, meno terrorizzati. Per ottime ragioni, la sinistra però ricorre troppo spesso al paragone col macccartismo. Sì, forse c'è intimidazione nei confronti dei sindacati. I marittimi che scioperano qui sulla costa occidentale sono stati accusati dal governo di ledere gli interessi nazionali". E Barbara Shailor, del sindacato Afl-Cio, mi aveva detto a Washington: "Questa è la prima amministrazione in cui per due anni non abbiamo avuto nemmeno un contatto con la Casa bianca, neanche con l'usciere". In compenso, in un classico da guerra fredda, la Casa bianca corteggia il sindacato dei camionisti, i Teamster, e Bush figlio ha ottimi rapporti con Hoffa figlio.
"Il comunismo terrorizzava la gente" mi dice Marshall Berman, autore de L'esperienza della modernità e collaboratore della rivista Dissent, "ma perché l'America era diversa. Oggi è completamente cambiata, è assai più multiculturale, accetta molto di più le differenze, anzi ha introiettato il fatto che un elemento dell'americanità è proprio l'accettare le differenze interne". È un'immagine post-moderna della società americana che paradossalmente coincide con quella che ritraggono i depliant di propaganda del Pentagono. La stessa valutazione me la dà a Princeton anche Michael Walzer che di Dissent è direttore.
Il fatto è che il decreto presidenziale dello scorso novembre era rivolto molto più ai sudditi dell'impero che ai cittadini americani, colpiti solo di striscio. Quel decreto dava il diritto a soldati o agenti americani di prelevare ovunque nel mondo un cittadino straniero, di deportarlo in una base Usa e processarlo in segreto. In teoria, io potrei sentir bussare, trovare alla porta dei G-men, ritrovarmi in un aereo per la base di Diego Garcia nell'Oceano indiano, essere condannato a morte e fucilato, senza che nessuno ne sappia niente. I poteri del Patriot act e del decreto presidenziale danno totale giurisdizione agli Usa su tutto il resto del mondo. Sono l'affermazione legale dell'impero americano. E qui torniamo alla metafora della "nuova Roma" di cui mi aveva parlato Chalmers Johnson, per cui l'amministrazione pensa di essere un nuovo impero romano: Cesare Bush Augusto. Infatti, i kolossal hollywoodiani degli anni `50 - Quo Vadis, Ben Hur, Spartaco, I dieci comandamenti - si identificavano con i popoli sudditi, con gli schiavi e i cristiani perseguitati, e gli imperatori erano perfidi paranoici, metafore del nazismo e del fascismo. Oggi, un film come Il gladiatore è totalmente identificato con l'impero. "Noi siamo l'impero romano".
Obietta Robert Borosage: "Gli Usa somigliano piuttosto all'impero britannico che si era indebitato fino al collo. Quando nel 1956 gli inglesi vollero fare la spedizione di Suez, a Eisenhower bastò chiudere il rubinetto dei crediti perché Anthony Eden cadesse. E ora siamo il paese più indebitato al mondo. Se ci chiudono il rubinetto siamo nei guai". Per Frances Fox Piven, il paragone con l'impero romano suscita una eco nell'opinione pubblica americana perché vede Roma come "un'isola di civiltà minacciata da orde di barbari alle porte. La metafora riguarda soprattutto il senso di minaccia".
Certo, l'insicurezza e l'ansia dominano le menti, ma la situazione economica preoccupa molto di più del pericolo di attentati, diceva ieri un sondaggio del Wall Street Journal. E l'America sembra tornata alla sua routine: si è di nuovo ammosciato perfino il fervore religioso che si era acceso dopo l'11 settembre, dice un centro di ricerche citato dal settimanale New Republic che ha pubblicato un numero speciale su "Quello che non è cambiato dopo l'11 settembre": "L'estate scorsa ci preoccupavamo degli attacchi degli squali, quest'estate ci siamo commossi sui rapimenti dei bambini". E Alexander Cockburn conclude: "Se guardo alla mia vita qui in California - magari a New York è diverso - l'unica cosa che è cambiata è l'economia che è peggiorata. E anche sull'immaginario americano, l'impatto dell'11 settembre è stato più effimero di quanto si potesse pensare. Ha ragione Norman Mailer quando dice che quest'anno sono successe molte cose più importanti dell'11 settembre. Per esempio lo scandalo della pedofilia dei preti ha avuto sull'America un impatto assai più devastante, perché riguarda l'educazione, l'infanzia, e perché la Chiesa cattolica è l'istituzione più vicina sia alla classe operaia tradizionale, white ethnics, sia ai latinos. Sta cambiando gli Usa molto più la pedofilia clericale che la distruzione delle Twin Towers".

Marco d’Eramo

Marco d’Eramo, nato a Roma nel 1947, laureato in Fisica, ha poi studiato Sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi. Giornalista, ha collaborato con “Paese Sera” …