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Paolo Di Stefano: Amori e odi, da Arbasino a Volponi
Paolo Di Stefano: Amori e odi, da Arbasino a Volponi
Visto che il significato delle amicizie letterarie va ben
oltre il gusto del pettegolezzo, proviamo a rispondere alla domanda di Raboni:
fra gli scrittori d'oggi che cosa prevale, l'amicizia, l'inimicizia o
l'indifferenza? Se si guarda agli attuali sessanta-settantenni, forse non c'è
da essere pessimisti. E non dovrebbe esserlo neppure Raboni, che d'amicizia e
d'ammirazione è rimasto legato per anni a molti scrittori: da Sereni a Testori
a Volponi a Fortini a Pontiggia. Senza dimenticare i critici: Baldacci e
Mengaldo, per esempio (con Garboli forse è sopraggiunto qualche problema legato
alla giuria del Viareggio). Su altro versante, opposto e speculare ma non certo
indifferente, ci sono i coetanei più "irriducibili" della
neoavanguardia: almeno, Sanguineti, Balestrini, Giuliani, Guglielmi e forse
anche Arbasino e Malerba. Ex amici con persistenti affinità. La biografia di
Eco si è portata dietro, anno per anno, le sue amicizie: con Enrico Filippini
alla Bompiani, con Antonio Porta durante il Gruppo 63, con Furio Colombo alla
Rai, con Maria Corti e con l'"allievo" Paolo Fabbri ai tempi della
semiotica, con Emilio Tadini nel periodo milanese. Sempre per parlare di
schieramenti, forse mai una rivista era riuscita a favorire forti sintonie umane
come quelle nate con i Quaderni piacentini tra Bellocchio, Fofi e Grazia
Cherchi. Che rivolgendosi a maestri come Fortini e Cases erano in esplicito
antagonismo rispetto ai neoavanguardisti.
Poi il gruppo si disgregò e da quelle ceneri nacque, con la rivista Diario ,
l'amicizia Bellocchio-Berardinelli. Mentre Fofi stabilisce sempre nuove
affinità, specie con i più giovani (da Bettin a Scarpa), grazie a iniziative
come Linea d'ombra e, oggi, Lo straniero , Grazia Cherchi in veste
di "editor" si avvicinò a Benni e lanciò Veronesi e Baricco (ma fu
vera amicizia?), senza mai dimenticare però le affinità con Giovanni Giudici e
Lalla Romano. La quale era capace di grandi amicizie e di colossali antipatie:
come quelle (maturate in tarda età) per Maria Corti e per Citati. Ma sempre
rimanendo alle riviste, non bisognerà dimenticare che Alfabeta fu un
crocevia dove si intrecciavano militanza e accademia (Porta ne era il vero
tessitore). Amicizie e inimicizie sono intrecci strambi e capricciosi (non solo
in letteratura), per i quali non vale la proprietà transitiva. Così può
accadere che Citati e Garboli, pur essendo ambedue notoriamente stimati da
Roberto Calasso e da Scalfari, sembrano da anni non guardarsi con grande
simpatia reciproca. L'uno legato a Calvino e a Fruttero & Lucentini; l'altro
vicino a Morante, Ginzburg, Soldati. L'uno e l'altro non certo portati ad
ammirare senza riserve un filosofo come Cacciari con cui Calasso ha invece un
rapporto di sincera amicizia. Come con l'editore Piero Gelli, che del resto è
amico inseparabile anche di Fleur Jaeggy, musa e amica di Franco Battiato.
E si potrebbe andare avanti, aggiungendo che Cacciari ha un amico sicuro in
Daniele Del Giudice, che a sua volta è amico di Cesare Segre, il quale dopo una
celebre polemica di qualche anno fa non nasconde la sua distanza culturale dallo
stesso Calasso. E non ci spingiamo oltre, se non per evocare l'inimicizia più
cruenta degli ultimi anni: quella tra i critici Asor Rosa e Ferroni.
Si può poi passare ai più giovani. All'asse di coetanei
Vassalli-Cordelli-Montefoschi. Per ricordare che se attorno a Cordelli gravitano
i giovani critici romani più interessanti, da Cortellessa a Gabriele Pedullà,
a Milano sono Scarpa, Nove e Montanari, coautori di una fortunata plaquette
poetica, a fare gruppo. Le cui solidarietà vanno ben al di là dell'anagrafe,
se è vero che con Antonio Moresco si è stabilito subito un feeling molto
solido. Ben visibile nella recente raccolta Scrivere sul fronte occidentale ,
curata dallo stesso Moresco e da Voltolini. Qualche volta le amicizie
confluiscono, oltre che in riviste (per esempio Riga di Belpoliti e
Grazioli), nelle antologie. Anche quando non sono amicizie da antologia. Né
antologie da antologia.
Paolo Di Stefano
Paolo Di Stefano, nato ad Avola (Siracusa) nel 1956, giornalista e scrittore, già responsabile della pagina culturale del “Corriere della Sera”, dove attualmente è inviato speciale, ha lavorato anche per “la Repubblica” e per la casa editrice Einaudi come editor. Ha insegnato Cultura giornalistica alla facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano. Tra le sue opere ricordiamo: la raccolta di poesie Minuti contati (Scheiwiller, 1990), l’intervista con Giulio Einaudi, Tutti i nostri mercoledì (Casagrande, 2001), il romanzo Nel cuore che ti cerca (Rizzoli, 2008), La catastròfa (Sellerio, 2011, premio Volponi), sulla tragedia di Marcinelle; Giallo d'Avola (Sellerio, 2013), Ogni altra vita (il Saggiatore, 2015), I pesci devono nuotare (Rizzoli, 2016), La parrucchiera di Pizzuto (con il nome di Nino Motta, Bompiani, 2017), Respirano i muri (con il fotografo Massimo Siragusa, Contrasto 2018) e il romanzo per ragazzi Sekù non ha paura (Solferino, 2018). Con Feltrinelli ha pubblicato i romanzi Baci da non ripetere (1994, premio Comisso per la narrativa), Azzurro, troppo azzurro (1996), Tutti contenti (2003, premi super Flaiano, super Vittorini, Chianti, finalista premio Città di Bari), Aiutami tu (2005, premio Mondello 2006), e il reportage La famiglia in bilico (2001), oltre a l’introduzione a La mite (1997) di Dostoevskij per i “Classici”.