Giorgio Bocca: La guerra preventiva è guerra continua
10 Ottobre 2002
La signora Däubler-Gmelin ministro della Germania federale ha certamente
sbagliato a paragonare Bush a Hitler, fosse solo per la ragione storica che
furono gli Stati Uniti a liberare la Germania e l'Europa dalla lunga notte
nazista, ma la nuova dottrina americana della guerra preventiva è certamente la
voce di un imperialismo che riemerge con tutta la sua violenza e irrazionalità.
La guerra preventiva vuol dire in pratica, nell'era delle armi di distruzione totale e del terrorismo, la guerra continua o comunque, una minaccia permanente di guerra. La seconda guerra mondiale fu una guerra preventiva scatenata dalla Germania nazista e dal Giappone quando il loro riarmo gli concesse un vantaggio sulle potenze occidentali. Era cioè prevedibile nel tempo.
La guerra preventiva americana di oggi è invece fuori da ogni ragionevole previsione. Può essere scatenata dalla potenza imperiale quando essa giudica che qualcuno è in grado di minacciarla. Ma chi è in grado di minacciarla? Tutti. Basta sommare la minaccia reale delle armi di distruzione totale come le atomiche e le biologiche a quella incontrollabile del terrorismo e dovunque può esserci un nemico. Ma non basta: dovunque può annidarsi un nemico ideologico, ostile alla tua way of life per giustificare in ogni momento e in ogni condizione il diritto-dovere al primo colpo.
La guerra all'Iraq viene giustificata non solo con la minaccia futura di una bomba atomica e di missili intercontinentali in fabbricazione, ma anche con la complicità con il terrorismo e con l'integralismo islamico, da cui un conflitto con una religione che attribuisce a Dio e non alle istituzioni democratiche il compito di amministrare la giustizia, l'istruzione, la salute. E siccome è passato il tempo delle grandi ipocrisie e delle grandi retoriche sull'uomo bianco civilizzatore del mondo, si passa al linguaggio franco e brutale del potere, la dottrina della guerra preventiva diventa la dottrina del Condor, vale a dire del più forte che ha il diritto-dovere di sopravvivere e allora si sente tranquillamente parlare della spartizione petrolifera che verrà a guerra preventiva vinta, fra i consumatori di energia del pianeta, in testa gli Stati Uniti che con questa logica rifiutano ogni controllo dei consumi.
Con la dottrina della guerra preventiva, che solo gli Stati Uniti possono decidere, si interrompe la faticata crescita delle organizzazioni internazionali che avrebbe dovuto portare a un governo mondiale. Le nazioni minori e deboli o sono le vittime delle aggressioni preventive o devono parteciparvi.
È chiaro che una nostra partecipazione anche marginale a una guerra preventiva contro una nazione araba ci esporrebbe a risposte terroristiche disastrose per la nostra economia e per la nostra salute sociale, ma i dissensi non sono accettati, la Germania di Schröder che dice no alla guerra preventiva finisce subito nella lista degli infedeli, dei non affidabili.
Il diritto internazionale da solo non basta a mantenere la pace e la giustizia nel mondo, ma la sua violazione sistematica da parte dei più forti porta all'anarchia.
"Bisogna capire l'America", dice il capo del nostro governo, ma l'America deve anche capire il resto del mondo e non può illudersi di governarlo come al tempo della cannoniere.
C'è anche da noi chi preferisce la sincerità brutale della forza alle lungaggini e alle frustrazioni della diplomazia, le emozioni forti delle guerre al tran tran noioso della pace. Finché la guerra non la provano sulla loro pelle. Ma è troppo tardi.
La guerra preventiva vuol dire in pratica, nell'era delle armi di distruzione totale e del terrorismo, la guerra continua o comunque, una minaccia permanente di guerra. La seconda guerra mondiale fu una guerra preventiva scatenata dalla Germania nazista e dal Giappone quando il loro riarmo gli concesse un vantaggio sulle potenze occidentali. Era cioè prevedibile nel tempo.
La guerra preventiva americana di oggi è invece fuori da ogni ragionevole previsione. Può essere scatenata dalla potenza imperiale quando essa giudica che qualcuno è in grado di minacciarla. Ma chi è in grado di minacciarla? Tutti. Basta sommare la minaccia reale delle armi di distruzione totale come le atomiche e le biologiche a quella incontrollabile del terrorismo e dovunque può esserci un nemico. Ma non basta: dovunque può annidarsi un nemico ideologico, ostile alla tua way of life per giustificare in ogni momento e in ogni condizione il diritto-dovere al primo colpo.
La guerra all'Iraq viene giustificata non solo con la minaccia futura di una bomba atomica e di missili intercontinentali in fabbricazione, ma anche con la complicità con il terrorismo e con l'integralismo islamico, da cui un conflitto con una religione che attribuisce a Dio e non alle istituzioni democratiche il compito di amministrare la giustizia, l'istruzione, la salute. E siccome è passato il tempo delle grandi ipocrisie e delle grandi retoriche sull'uomo bianco civilizzatore del mondo, si passa al linguaggio franco e brutale del potere, la dottrina della guerra preventiva diventa la dottrina del Condor, vale a dire del più forte che ha il diritto-dovere di sopravvivere e allora si sente tranquillamente parlare della spartizione petrolifera che verrà a guerra preventiva vinta, fra i consumatori di energia del pianeta, in testa gli Stati Uniti che con questa logica rifiutano ogni controllo dei consumi.
Con la dottrina della guerra preventiva, che solo gli Stati Uniti possono decidere, si interrompe la faticata crescita delle organizzazioni internazionali che avrebbe dovuto portare a un governo mondiale. Le nazioni minori e deboli o sono le vittime delle aggressioni preventive o devono parteciparvi.
È chiaro che una nostra partecipazione anche marginale a una guerra preventiva contro una nazione araba ci esporrebbe a risposte terroristiche disastrose per la nostra economia e per la nostra salute sociale, ma i dissensi non sono accettati, la Germania di Schröder che dice no alla guerra preventiva finisce subito nella lista degli infedeli, dei non affidabili.
Il diritto internazionale da solo non basta a mantenere la pace e la giustizia nel mondo, ma la sua violazione sistematica da parte dei più forti porta all'anarchia.
"Bisogna capire l'America", dice il capo del nostro governo, ma l'America deve anche capire il resto del mondo e non può illudersi di governarlo come al tempo della cannoniere.
C'è anche da noi chi preferisce la sincerità brutale della forza alle lungaggini e alle frustrazioni della diplomazia, le emozioni forti delle guerre al tran tran noioso della pace. Finché la guerra non la provano sulla loro pelle. Ma è troppo tardi.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …