Giorgio Bocca: La cappa del potere sugli schermi della tv

28 Novembre 2002
Ritorna sulla scena politica il cattolico di destra quasi fascista, per certi aspetti più retrivo del fascista. A nessun missino era venuto in mente di proporre l´abolizione della festa nazionale del 25 aprile ma ora ci pensa don Baget Bozzo, il teorico degli azzurrini di Forza Italia: lui la vuole cancellare perché è "una festa che divide" e sostituirla con "una che unisce", il 4 novembre, giorno della vittoria nella prima guerra mondiale. No alla festa della liberazione dal nazifascismo e dell´inizio di una nuova storia nell´Europa senza guerre e senza colonie; e sì a quella che concluse in un bagno di sangue la vecchia storia nazionalistica e autoritaria.
Non una semplice questione di simboli, ma una scelta reazionaria.
Ritorna in televisione un cattolicesimo da crociata anticomunista nella persona di Antonio Socci, un cattolico di destra di Siena, tutto vestito di nero, arrogante, reazionario come sanno esserlo solo i toscani neri. Ha aperto la sua trasmissione che deve far dimenticare i Biagi e i Santoro con un omaggio alla Madonna di Medjugorie a cui è seguita una rievocazione del comunismo mondiale ridotto a una serie di massacri, la storia del male, nel silenzio del male delle dittature di destra. E Ernesto Galli della Loggia, che non manca un appuntamento con il peggio, ha lodato come esempio di pluralismo questo ritorno al cattolicesimo per conciliare, il cattolicesimo delle madonne pellegrine, del papa che benedice i falangisti e del professor Gedda organizzatore dei comitati civici.
Il pluralismo e il recupero del peggio? Al berlusconismo affarista questo tipo di cattolicesimo è magari fastidioso, ma è sempre meglio di tutto ciò che mette in discussione il regime. E gli va bene anche di spacciare per pluralismo la marea melmosa del nostro spoil system, l´accaparramento di posti e di stipendi da parte dei mediocri e cortigiani. La televisione berlusconiana ha epurato i Biagi e i Santoro e ha messo al loro posto i Socci; il presidente della Rai Baldassarre ha promesso di scrivere la nuova storia - quella vera, non quella faziosa della sinistra - e ha dato spazio a un revisionismo mediocre che riscopre i ragazzi di Salò, il "bagno di eroismo" di El Alamein, e riabilita il craxismo che tanto non c´è più. O se c´è ancora è quello del direttore televisivo Saccà che "essendo socialista e figlio di socialisti ha votato per Berlusconi e fatto votare i familiari al completo".
Mai come oggi la politica e la cultura sono state virtuali, demagogiche. Il pluralismo, la nuova cultura pluralista, l´informazione pluralista. Ma chi li vede? Ciò che si vede è una televisione di Stato che licenzia i giornalisti non graditi e si chiude ermeticamente a chi non è servo del regime.
Si dice che la cultura di destra è stata bistrattata per molti anni, si dice che è un vantaggio per tutti se ritrova spazio? D´accordo, ma dove sta? È dall´avvento al potere del berlusconismo che la attendiamo ma ciò che vediamo più che cultura è una distribuzione di cadreghini.
Giornalisti, scrittori, sociologi, storici sedicenti di destra ottengono direzioni, collaborazioni, presentazioni, consulenze stipendi. È questo il pluralismo?
Con Berlusconi la Lega ha trovato spazio nella televisione, ha piazzato un Marano a dirigere una rete e il professore Albertoni nel consiglio di amministrazione. Sarebbe questo il pluralismo sostituire i faziosi e mediocri con altri altrettanto faziosi e mediocri? La verità è che al berlusconismo affarista va bene tutto ciò che non è cultura di sinistra per dire laica e antifascista, ma al suo posto non sa cosa mettere. I valori numerici e quantitativi di cui si nutre, gli Auditel e la pubblicità da cui è ossessionato, producono buoni affari e voti ma non cultura, la televisione che è il principale strumento del nuovo potere è una gigantesca zuppa di banalità e un gigantesco bordello virtuale da guardoni, che ripete sino alla noia le sue offerte visive di carne giovane, le mimiche millenarie della seduzione e del coito, le belle ragazze che interrompono i quiz per fare "la mossa", una danza del ventre ad uso dei cafoni.
Ci sono nel berlusconismo alcuni esseri pensanti che hanno capito che non si può vivere solo di buoni affari per la clientela, che anche Forza Italia ha bisogno di un retroterra culturale, ma creare una cultura dal nulla è più difficile che fare un partito di Publitalia. E allora ci si accontenta di una informazione e di una cultura di regime appena ravvivata da una fronda che simula la circolazione delle idee e che nasconde dietro il cinismo il fatto di essere serva.
I partiti non erano sempre una buona scuola, le loro burocrazie tendevano alla conservazione spesso si accontentavano dei luoghi comuni o della "storia sacra" ma avevano il rispetto per la cultura che univa il comunismo di Gramsci e di Togliatti al liberalismo di Croce e al socialiberismo di Gobetti. Il berlusconismo degli affari e della pubblicità è il buio per la cultura, la riduzione della politica alle demagogie populistiche o allo scambio sterile di improperi.
Cosa è il pluralismo? L´occupazione di tutti i mezzi di informazione? Le finte riforme della scuola, della giustizia, della sanità? La tragica farsa della devolution per una nuova distribuzione di stipendi e di privilegi?
Concetto Pettinato, giornalista di Salò, scrisse della Repubblica Sociale: "Se ci sei batti un colpo". Possiamo parafrasarlo, a proposito del pluralismo e della cultura di destra: "Se ci siete battete un colpo".

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …