Gabriele Romagnoli: I piccioni kamikaze del Cairo

10 Gennaio 2003
Come è noto: il mezzo è il messaggio. Hanno sgominato una cellula terroristica in Egitto: aveva un capo, 42 adepti, due laboratori per fabbricare esplosivo, quintali di chili di TNT, armi, soldi, documenti falsi e un gabbia contenente centinaia di piccioni viaggiatori. Lo scopo del gruppo era far saltare in aria obiettivi stranieri, prevalentemente americani, al Cairo. Il mezzo dovevano essere i piccioni, con una carica da 100 grammi legata a ogni zampa. Il messaggio sarebbe stato: il terrorismo fai-da-te colpisce con sistemi che non sapete immaginare, quindi non potete prevenire, perché sono, per voi idolatri della complessità, troppo semplici.
La cellula dei piccioni kamikaze è stata sgominata tre mesi fa. Come loro abitudine, le autorità egiziane ne hanno dato l´annuncio dopo aver rinchiuso per qualche tempo gli arrestati in carceri da cui esce qualunque confessione e nessun recluso. Solo il nome del capo è stato reso noto: Ehab Ismail, incensurato. Degli altri 42 si sa che hanno tra i venti e i trent´anni, nessun precedente e sono studenti, insegnanti, ingegneri. A motivarli sarebbe stato lo sdegno per l´assalto israeliano a Jenin. Avrebbero voluto unirsi all´Intifada, ma attraversare il confine era impossibile e così hanno deciso di fondare un loro gruppo terroristico. In Egitto non è possibile aggregarsi a formazioni già esistenti: le hanno smantellate tutte. Dopo gli attentati anti-governativi e il massacro di Luxor nel '97 la reazione è stata spietata. Gli esponenti della Jihad sono stati catturati e rinchiusi in prigioni come quella ribattezzata "Lo Scorpione", da cui non sono mai usciti, se non con la schiena spezzata e il cervello centrifugato.
L´altra ala del fondamentalismo islamico, facente capo ad Ayman Al Zawahri, è confluita in Al Qaeda e agisce fuori dai confini. Dal 1999 è stata dichiarato un ufficiale "rompete le righe". Poi c´è stato l´11 settembre, si è infiammata la Palestina e lo scenario è cambiato. L´odio contro l´America e Israele si è diffuso e coagulato senza un centro, ma con molti nuclei periferici. E´ la tesi di Dia Rashwan, esperto di terrorismo islamico al Centro di studi politico-strategici Al Ahram: "Una cellula nasce ormai per iniziativa spontanea, tra vicini di casa che la pensano alla stessa maniera, o tra gruppi di amici che pregano insieme nella moschea del quartiere".
E´ accaduto così anche in questo caso. I 43 sono per lo più originari del Cairo e dell´Egitto settentrionale, alcuni sono colleghi. Si sono organizzati seguendo modalità copiate dai film. Il capo ha frazionato la formazione in gruppi di tre, tra loro sconosciuti. Ognuno ha scelto un nome di battaglia, in codice, rinunciando alla vecchia identità. Hanno affittato nuovi appartamenti e si sono trasferiti. A turni, sono andati nei laboratori a confezionare esplosivi e apprendere le parole d´ordine della Jihad. Mancava loro il mezzo per trasferire a destinazione la carica di odio e dinamite. Uno dei 43 allevava piccioni viaggiatori. Non è insolito che uomini dediti a pratiche violente si prendano cura dei piccioni: lo faceva, nella realtà, Mike Tyson e, nella finzione cinematografica, il sicario samurai in "Ghost Dog" di Jim Jarmusch. L´allevatore ha proposto al capo la sua idea: trasportare il tritolo sull´obiettivo usando i volatili.
L´America ha usato un drone, un oggetto volante telecomandato, di altissima tecnologia e complessità, per uccidere un presunto terrorista nello Yemen. Privi di tecnologia e complessità, questi presunti terroristi volevano contrattaccare con una squadriglia di piccioni. I bambini americani giocano alla guerra con la Playstation, quelli del Basso Egitto spezzano rami d´ulivo per farne due spade. Sventato il piano, si può sorriderne, ma davanti alle macerie di un edificio ci sarebbe stato da rimanere sconcertati, come già di fronte alla ricostruzione di un attentato che aveva per armi di distruzione di massa 19 temperini.
Il progetto era così congegnato: a ciascuna zampa di piccione sarebbero stati legati 100 grammi di TNT. Un commando a bordo di un furgoncino si sarebbe avvicinato all´obiettivo, avrebbe aperto lo sportello sul retro, poi le gabbie sistemate all´interno e fatto volare i piccioni. Come da addestramento, in corso da mesi, questi avrebbero raggiunto il tetto più alto nei paraggi. Quale sentinella avrebbe dato l´allarme per uno stormo di piccioni senza paura di cadere nel ridicolo? Quando due o trecento di loro, con 40-60 chilogrammi di esplosivo, avessero raggiunto il bersaglio, un complice appostato nei pressi avrebbe azionato il telecomando, provocando lo scoppio. Se avrebbe funzionato non lo sapremo fortunatamente mai. Il loro avvocato, l´ineffabile Montasser Al Zayat, cerca di farli classificare come dilettanti allo sbaraglio. Avevano, tuttavia, nei loro rifugi, scritti di Al Zawahri, vecchio compagno di cella di Al Zayat, negli anni successivi all´omicidio di Sadat. Due giorni fa l´avvocato ha detto di aver ricevuto una e-mail dal vice di Osama Bin Laden, in cui rinnova l´esortazione a colpire gli americani. Dovunque. E, si può desumere: con qualunque mezzo.
Il pericolo del terrorismo fai-da-te è proprio questo: usa piccioni, scarpe, corpi umani, ricorre al troppo semplice, capace di sfuggire alla vigilanza della complessità, perché questa lo esclude. Avessero anche saputo ora e bersaglio dell´attacco, chi si sarebbe aspettato i 19 temperini o i 300 piccioni? All´inizio del film "I tre giorni del Condor", Robert Redford entra nel suo ufficio alla Cia e risolve un enigma riguardante il mezzo per commettere un omicidio senza lasciare traccia: "Hanno usato un proiettile di ghiaccio". "Come fa?", si chiedono i colleghi. La risposta sarà: "Legge, Condor legge tutto, legge anche fumetti". Negli uffici antiterrorismo dovrebbe esserci una "sezione semplicità", che legge anche fumetti e immagina piccioni invece di droni.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …