Gabriele Romagnoli: A chi parla Bin Laden

13 Febbraio 2003
Anche stavolta, come ogni volta, in cui la sua voce si è fatta sentire, Bin Laden ha parlato a due interlocutori: la testa e la pancia del mondo arabo. Ha suscitato, al solito, diverse reazioni. La testa, che sta nei centri studi di scienze politiche e strategie militari, nei giornali, negli uffici legali e nelle moschee, distingue, sospetta, puntualizza. Prende distanze non eccessive e gira intorno al contenuto del discorso per spostarne le conseguenze. La pancia, che sta nei caffè dove Al Jazeera ritrasmette il messaggio come uno spot, nelle case dove lo stesso messaggio accompagna l´apparizione in tavola della carne nella settimana festiva, va dritta al punto, lo coglie e lo impugna. Per la testa, il discorso di Bin Laden è stato annunciato e strumentalizzato, dice poche cose nuove, alcune condivisibili. L´annuncio circolava da tempo. Abden Rahman Al-Rashid, responsabile del sito Jihadonline.com, all´inizio di febbraio aveva detto: entro due settimane ci sarà un messaggio in cui Osama inciterà arabi e musulmani a colpire gli interessi americani e a combattere la loro presenza nel Golfo. Al Qaeda dichiarerà il proprio appoggio al popolo dell´Iraq. La stessa previsione era contenuta in un articolo scritto per una rivista del Qatar dall´avvocato egiziano Montasser Al-Zayat, difensore dei fondamentalisti e ex compagno di cella del dottor Al Zawhari, che lui considera il cervello di Osama. Nel suo studio al Cairo spiegava ieri che quella previsione era facile: Bin Laden non poteva non cavalcare la storia e fare una scelta di campo, in questo momento. E la scelta di ogni buon musulmano non può che essere a fianco del popolo iracheno. Noi odiamo Saddam, perché è un tiranno e perché il suo regime secolare ha violato i nostri principi e colpito chi la pensa come noi. Ma dobbiamo stare con l´Iraq per opporci al complotto anti-islamico ordito dagli Stati Uniti. Ma se la scelta di Bin Laden è naturale, il momento e le modalità con cui è stata resa pubblica sono giudicate sospette. Il responsabile di Jihadonline.com aveva corretto la sua previsione, dicendo che il messaggio sarebbe stato trasmesso subito dopo l´inizio della guerra. è opinione comune che così dovesse essere. Il nastro era in frigorifero nella sede della tv del Qatar, pronto a essere trasmesso all´ora zero, quella dell´attacco americano all´Iraq, come accadde per l´Afghanistan. Invece è stato anticipato. Perché? Perché Powell ne aveva bisogno, è la risposta di Mohammed El Sayed El Said, direttore del centro di studi politici e strategici ad Al Ahram. Gli serviva perché quello era il punto debole del suo atto d´accusa all´Iraq: non aveva mostrato legami con Al Qaeda. Ma quando chiama gli islamici a colpire gli americani, Bin Laden dice qualcosa di inedito in questa parte di mondo? Assolutamente no. Nella fatwa (il pronunciamento ufficiale) emessa dall´apposito comitato di Al Azhar, madre di tutte le moschee, a gennaio si affermava: è legittimo uccidere gli americani che andranno nel Golfo per fare guerra all´Iraq. Lo sceicco Ali Haboul-Hassan, estensore di quella fatwa, ha difeso pubblicamente questa opinione, parlando, come Bin Laden, di una guerra di religione in atto contro l´Islam. Quel che è accaduto dopo è che lo sceicco ha subìto pressioni dai servizi americani, che l´ambasciata al Cairo e le autorità egiziane lo hanno invitato a tacere. Il messaggio di Bin Laden, invece, è stato anticipato e diffuso a ripetizione: legare l´Iraq al terrorismo è un conto, alla suprema autorità religiosa islamica un altro. L´effetto cambia, e di molto. Eppure, ieri mattina, all´indomani della diffusione del messaggio, ho visto uno sceicco di Al Azhar leggerne il contenuto, per la prima volta, sul giornale, poi abbassarlo e commentare: «Non contiene nulla che un buon musulmano non dovrebbe pensare». La parte meno scontata è nel finale, dove incita le popolazioni a ribellarsi ai loro governanti e nomina gli Stati in cui questo dovrebbe accadere. è un invito ai fondamentalisti affinché sovvertano i regimi secolari, dal Marocco all´Arabia Saudita. è, anche, l´individuazione di un passaggio intermedio: prima dello scontro di civiltà, quello tra i popoli dell´Islam e i loro governi, deboli e corrotti. Sarà ascoltato? è qui che bisogna valutare le reazioni della pancia del mondo arabo. Da tempo ascolta e tace. Quello della piazza araba è stato per mesi un mito mediatico senza configurazione nella realtà. L´hanno svuotata gli stati di polizia, riempiendola di agenti in servizio permanente. Ma quando Bin Laden parla riaccende gli orgogli sopiti. Nomina il coraggio; avoca a sé (su consiglio del cervello Al Zahwari) la causa ritenuta più nobile e negletta dai capi di Stato arabi, quella palestinese; si erge a vendicatore delle incertezze di pochi e delle miserie di tutti. La pancia non fa distinguo, non si chiede a chi giova. Sa che quelle parole circolano anche nelle moschee, benché invise ai governi. Ma quei governi stanno deludendo i loro popoli: non ne difendono né l´orgoglio, né il livello di vita. La guerra all´Iraq li renderà ancora più poveri e pronti a insorgere, anche rischiando la reazione dello stato di polizia. è lì che la chiamata di Bin Laden rischierà di diventare efficace. Con un paradosso della storia, il motto it´s the economy stupid, che ribaltò Bush padre, rischia di sovvertire il potere di molti despoti arabi. E già oggi, per molti, gente comune, autorità religiose, avvocati e attivisti, il terrorista Bin Laden non è un compagno che sbaglia, ma, assai più pericolosamente, un criminale che dice il giusto.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …