Giorgio Bocca: A Silvio B. si è espanso l´ego
26 Maggio 2003
C´è qualcosa di arcaico in Berlusconi, di prefascista, di precomunista, di
preliberale, di precattolico, qualcosa che non fa parte della cultura politica
del nostro paese: sfogliate gli atti parlamentari dell´Italia unita, le
cronache di tutti i regimi, i dannunziani e i cavouriani, i guelfi e i
ghibellini, i neri e i rossi, ma non troverete un simile rifiuto della politica,
un simile eccesso di megalomania.
Nella cultura politica italiana non è mai mancato un rapporto con la realtà, un riferimento alla realtà (si pensi al fascista Mussolini che viveva ossessionato dall´antifascismo) un redde rationem con la realtà.
In Berlusconi anche l´anticomunismo è finto, preso - come sempre è stato -solo di se stesso, non ha mai conosciuto un comunista italiano, cioè un italiano come gli altri italiani. Non si è reso conto, vivendo in Italia, che quel terzo di italiani che votava comunista faceva parte della nazione, faceva le lotte contadine e operaie, faceva il sindacato, dava piena cittadinanza a plebi che ne erano state escluse.
Berlusconi non procede per contrasti, ma per esclusioni. Nel suo ego super-espanso chi non è con lui non è solo contro di lui, ma contro il mondo anzi, l´universo. Una delle sue locuzioni più ripetute è "non riesco a comprendere" non solo chi è contro, ma fuori della sua luce. La realtà fuori dalla sua persona non esiste.
Esclude i comunisti dalla sfera civile, politica e li ha, a pagamento, fra i suoi più stretti collaboratori. Una loro partecipazione al governo è per lui un peccato mortale, un suicidio collettivo, ma finge di non sapere che al governo, in modo diretto o indiretto ci sono da sempre, come da sempre in Italia ci sono quelli che stanno sotto; finge di ignorare che da sessant´anni la politica italiana è questo dialogo stretto con i comunisti.
Forse questa esclusione totale dei comunisti dipende dal fatto che in lui la megalomania personale si sposa con l´integralismo capitalista, con il pensiero unico, il suo.
Vedere il commesso viaggiatore in un teatro di Udine, di fronte a una folla plagiata andare su e giù per il palcoscenico gridando anatemi, ostracismi, vilipendi contro i suoi concittadini, contro coloro fra cui è cresciuto e ha fatto fortuna, fa paura come la fanno i matti. C´è da ripensare con memoria grata, alla saggezza dei padri della Repubblica, ai De Gasperi, Nenni, Parri, Togliatti, che da subito capirono che l´Italia era di tutti, una, anche se il mondo era spaccato. E pur sotto la pressione spaventosa della guerra fredda seppero fare del Parlamento la casa comune.
Da quando è al potere, il nostro non ha perso occasione di sfasciare le istituzioni comuni, la giustizia, la democrazia, l´informazione. Lui è davvero unico, senza precedenti nella storia italiana, uno che ripete "non riesco a comprendere" e dice il vero. Non capisce altro che se stesso, i suoi trucchi mediatici, i suoi soliloqui strampalati, le sue siderali distanze dal comune buon senso, dalla più piatta realtà. Molto pericoloso.
Nei giorni scorsi gli alpini che ha mandato in Afghanistan sono sfuggiti per puro caso a una strage, mandati a una avventura priva di ogni ragione, di ogni convenienza, se non quella personale dell´ ´amico di Bush´.
La sua fortuna, la nostra sfortuna, è che è arrivato nel momento in cui la storia non è finita, ma si è come interrotta, come sospesa in attesa di vedere dove ci porta la rivoluzione tecnologica, dove ci portano le armi di distruzione totale che ci sono eccome, ma non sotto la sabbia dell´Iraq. In un mondo paradossale dove il terrorismo militare e la democrazia autoritaria hanno fatto la guerra nel nome dell´antiterrorismo e della libertà.
Nella cultura politica italiana non è mai mancato un rapporto con la realtà, un riferimento alla realtà (si pensi al fascista Mussolini che viveva ossessionato dall´antifascismo) un redde rationem con la realtà.
In Berlusconi anche l´anticomunismo è finto, preso - come sempre è stato -solo di se stesso, non ha mai conosciuto un comunista italiano, cioè un italiano come gli altri italiani. Non si è reso conto, vivendo in Italia, che quel terzo di italiani che votava comunista faceva parte della nazione, faceva le lotte contadine e operaie, faceva il sindacato, dava piena cittadinanza a plebi che ne erano state escluse.
Berlusconi non procede per contrasti, ma per esclusioni. Nel suo ego super-espanso chi non è con lui non è solo contro di lui, ma contro il mondo anzi, l´universo. Una delle sue locuzioni più ripetute è "non riesco a comprendere" non solo chi è contro, ma fuori della sua luce. La realtà fuori dalla sua persona non esiste.
Esclude i comunisti dalla sfera civile, politica e li ha, a pagamento, fra i suoi più stretti collaboratori. Una loro partecipazione al governo è per lui un peccato mortale, un suicidio collettivo, ma finge di non sapere che al governo, in modo diretto o indiretto ci sono da sempre, come da sempre in Italia ci sono quelli che stanno sotto; finge di ignorare che da sessant´anni la politica italiana è questo dialogo stretto con i comunisti.
Forse questa esclusione totale dei comunisti dipende dal fatto che in lui la megalomania personale si sposa con l´integralismo capitalista, con il pensiero unico, il suo.
Vedere il commesso viaggiatore in un teatro di Udine, di fronte a una folla plagiata andare su e giù per il palcoscenico gridando anatemi, ostracismi, vilipendi contro i suoi concittadini, contro coloro fra cui è cresciuto e ha fatto fortuna, fa paura come la fanno i matti. C´è da ripensare con memoria grata, alla saggezza dei padri della Repubblica, ai De Gasperi, Nenni, Parri, Togliatti, che da subito capirono che l´Italia era di tutti, una, anche se il mondo era spaccato. E pur sotto la pressione spaventosa della guerra fredda seppero fare del Parlamento la casa comune.
Da quando è al potere, il nostro non ha perso occasione di sfasciare le istituzioni comuni, la giustizia, la democrazia, l´informazione. Lui è davvero unico, senza precedenti nella storia italiana, uno che ripete "non riesco a comprendere" e dice il vero. Non capisce altro che se stesso, i suoi trucchi mediatici, i suoi soliloqui strampalati, le sue siderali distanze dal comune buon senso, dalla più piatta realtà. Molto pericoloso.
Nei giorni scorsi gli alpini che ha mandato in Afghanistan sono sfuggiti per puro caso a una strage, mandati a una avventura priva di ogni ragione, di ogni convenienza, se non quella personale dell´ ´amico di Bush´.
La sua fortuna, la nostra sfortuna, è che è arrivato nel momento in cui la storia non è finita, ma si è come interrotta, come sospesa in attesa di vedere dove ci porta la rivoluzione tecnologica, dove ci portano le armi di distruzione totale che ci sono eccome, ma non sotto la sabbia dell´Iraq. In un mondo paradossale dove il terrorismo militare e la democrazia autoritaria hanno fatto la guerra nel nome dell´antiterrorismo e della libertà.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …