Boris Biancheri: Amicizie selettive

03 Giugno 2003
L’aspetto più delicato e più atteso era il comportamento di Bush nei confronti dei leaders dei tre Paesi che ne avevano ostacolato l’azione in Iraq. Sarebbe stato disponibile a riprendere con loro le relazioni al punto in cui erano prima della crisi? Qui Bush si è condotto con molto pragmatismo. Alla Russia, la cui collaborazione gli è necessaria, ha detto sì (lo aveva già anticipato a Pietroburgo). Alla Germania, che resta per l’America una carta fondamentale in Europa, ha detto "vedremo". A Chirac, che era il padrone di casa ma che ha per lui valore marginale, ha detto no. Lo ha detto (dopo avergli regalato dei libri, perché si è comunque tra gentiluomini) andandosene prima della fine perché aveva di meglio da fare a Sharm El Sheikh, dove incontra prima i leaders arabi moderati e poi israeliani e palestinesi in uno storico (auguriamocelo) incontro a tre. Francia e Stati Uniti concordano nell’essere in disaccordo sul passato. Sul futuro, cioè sul processo di pace in Medio Oriente, sul quale Bush vuole avere il minor numero possibile di ostacoli, ha detto che gradirà i consigli di tutti, ha manifestato particolare calore per l’Italia ma non ha escluso i suggerimenti della Francia.
Spesso nei G8 si fanno dichiarazioni non perché contengono qualcosa di nuovo ma perché si può pensare che ci sia qualcosa di nuovo se non le si fanno: così è stato per la dichiarazione in cui il G8 riafferma la volontà di combattere insieme il terrorismo. Meno scontato è l’ammonimento rivolto dagli Otto alla Corea del Nord e all’Iran. Attorno all’espressione "l’asse del male", usata a suo tempo da Bush per designare con l’Iraq questi due Paesi, si era fatta molta ironia: la severa dichiarazione di Evian fa pensare che nessuno ritenga oggi opportuno lasciare ai soli Stati Uniti il compito di moralizzare il mondo.
Sulla congiuntura economica mondiale il messaggio del G8 è stato moderatamente ottimista. Se così non fosse stato, d’altronde, la spirale recessiva si sarebbe aggravata. Inattesa, ma anch’essa positiva, è stata poi la dichiarazione di Bush sulla forza del dollaro.
Piuttosto inesplicabile, se non sotto il profilo teatrale, è stata la convocazione a Evian di tanti leaders africani ai quali non c’era nulla da comunicare, se non l’intenzione di accrescere in futuro i programmi di lotta contro l’Aids. Sarebbe saggio, prima di suscitare aspettative, concordare non solo le intenzioni ma anche il modo di realizzarle.
Un vertice dunque di cui Bush, malgrado la sua breve apparizione, è stato il protagonista, né poteva essere altrimenti. Importante è comunque che almeno questo sistema di concertazione internazionale, seppur limitato a pochi Paesi, permanga malgrado le tentazioni unilateralistiche che prevalgono di volta in volta in questo o in quello Stato. Tanto più vane appaiono quindi le liturgie no global, con il loro inevitabile corollario di feriti, contusi e vetri infranti. Quando attraversiamo un momento di sconforto nel vedere quanto difficile e lunga è la via della collaborazione tra i governi, un’occhiata alle prodezze di coloro che la contestano è sufficiente a ridarci fiducia nella validità del sistema internazionale.

Boris Biancheri

Boris Biancheri (1930-2011) è nato in Italia da padre ligure e da madre di origine russa. Ha girato il mondo e ha trascorso parte della vita in Grecia, Francia, Giappone, …