Gabriele Romagnoli: Squadra speciale
Non lo sapevo, ma stavo scambiando Zidane e Ronaldo con Aya e Amal, che non sono due argentini ingaggiati all'estero, ma ragazzine di dodici e quattordici anni. Mi aveva mandato a vedere una squadra giovanile femminile del governatorato di Qena, Egitto meridionale. Quaranta gradi nella spianata africana e tutte in tuta. Palla sempre bassa, perché sui cross la centravanti non saltava per timore di perdere il velo e mostrare i capelli alla sparuta folla. Squadre femminili in Egitto ne esistono, ma questa le batte tutte, non esattamente in senso agonistico. Dalle loro parti è difficile vedere ragazze per strada, figurarsi su un campo di calcio.
L'idea è venuta a una donna "liberata", di nome Zeinab Ashour. Da ragazzina, ha raccontato a un mensile egiziano, avrebbe voluto fare sport, ma il padre si oppose: una femmina non può, disonora la famiglia, fine della discussione. Le procurò, invece, un bel matrimonio arrangiato, con un uomo a lei sconosciuto. Zeinab avrebbe voluto dedicarsi a un lavoro, allora, ma il marito si oppose: una femmina non può, di sonora la famiglia, fine della discussione. Il dio in cui crede dà e toglie. Le tolse prima il padre, poi il marito. Le diede la libertà. Zeinab rifiutò di rifugiarsi, vedova, nella casa della suocera. Cercò qualcosa che realizzasse tutti i suoi desideri mancati: un lavoro nello sport. Riuscì a farsi affidare la polisportiva femminile di Al Omal, dove si occupò di giovani ginnaste, pallavoliste, giocatrici di ping-pong. Mancava la squadra di calcio, decise di fondarla. Non era facile. Ragazze pronte a giocare ce n'erano, famiglie disposte a lasciarle fare, no. Tutte posero come condizione di sentire il parere dell'autorità religiosa: un locale sceicco.
Noi occidentali che viviamo in queste lande ci raccontiamo in serie paradossali barzellette in cui un musulmano va dall'imam a chiedere se questa o quella cosa sia lecita. Invariabilmente, il sacerdote si sdegna e grida: "Haram!", è peccato. "Haram!", gridò infatti lo sceicco alla prospettiva che le ragazzine sgambettassero dietro un pallone. Ma Zeinab non aveva aspettato due liberazioni per farsi fregare dal primo venuto. Condusse squadra e famiglie da una sceicca donna per un secondo consulto. Una mediazione si trova sempre. Nei giochi islamici femminili le atlete fanno la cerimonia inaugurale nascoste sotto abiti e veli (lo racconta Geraldine Brooks in Nine parts of desire) poi, in stadi vietati agli uomini, gareggiano in normali costumi sportivi. L'algerina Hassiba Boulmerka, medaglia d'oro nell'atletica a Barcellona, fu minacciata di morte per aver esposto il suo corpo e andò ad allenarsi all'estero. La sceicca proclamò: "Se giocherete coperte e non userete lo sport come pretesto per incontrare ragazzi, non è haram". Uno a zero. Dopodiché, hanno dovuto imparare a difendersi, perché il Consiglio dell'Educazione ha protestato, qualche genitore ci ha ripensato, gli uomini del villaggio si sono avvicinati troppo al campo, qualcuno ha mandato la polizia: Squadra Buoncostume. Ma la partita continua, benché Cairo-Al Omal sia finita 12 a 0.