Gianfranco Bettin: Chi difende i paesaggi veneti?

24 Giugno 2003
E' stata la voce di Andrea Zanzotto a concludere, alta e profonda come sempre, l'importante convegno, tenutosi sabato scorso a Sernaglia della Battaglia (Tv), per iniziativa del Dipartimento di studi storici dell'università di Venezia, di Italia nostra, del Fai (Fondo per l'ambiente italiano) e del locale comune. "Geografia e narrazione del disagio. Il Veneto e i nemici del paesaggio", era il titolo, piuttosto esplicito, del convegno, con un sottotitolo conseguente: "Riflessioni geopoetiche sugli oltraggi all'identità veneta". Il sottotitolo giocava un po' con questa faccenda dell'identità veneta, alludendo all'esistenza di un assessorato regionale all'identità. Di cosa si tratti, non si sa bene, se non che promuove un po' di folklore autentico o preseunto, e ristampe o compilazioni di libri e libelli di storia locale. Anche prendendone per buone le intenzioni, ci si è chiesti a Sernaglia: come conciliare un supposto ed esibito amore per la terra veneta e la mano libera lasciata ormai da anni a ogni scempio della medesima? Che cosa, più del paesaggio per secoli tutelato e modellato con gusto e "intenzione estetica", per così dire, rappresenta meglio, se esiste, l'identità veneta? E cosa è stato più violato e degradato in questi anni?
Francesco Jori, cronista del Gazzettino dallo sguardo non di superficie, il professor Francesco Vallerani, scandagliando forme e temi della problematizzazione in letteratura di questo "disagio" della terra e di chi, spaesato dai mutamenti repentini e caotici, scriteriati, oggi la abita, Bruno Anastasia, che ha mostrato la radice economica di queste trasformazioni e altri studiosi e politici e ambientalisti hanno ripercorso, con smarrimento e tensione civile, tappe e percorsi della "grande trasformazione" che ha fatto di questa regione una delle più ricche al mondo ma anche una delle più sconvolte, per così dire nell'anima e nelle forme, e con rara coscienza per giunta dei motivi reali per cui si ritrova in questa situazione.
E' una consapevolezza che, confusamente, si fa strada anche in componenti del blocco sociale e di interessi che governa la regione. Un'incerta e un po' rozza volontà di sfuggire alla morsa di capannoni, asfalto, inquinamento che recentemente ha visto, ad esempio, la Lega Nord imporre ai partner di maggioranza il blocco del rilascio di licenze per nuovi capannoni (solo per sei mesi, beninteso).
Un provvedimento velleitario, molto criticato dagli industriali, preso al di fuori di ogni seria svolta di pianificazione che riconduca questo disordine a un nuovo equilibrio sopportabile (anche alla vista e all'udito umani, oltre che dall'ecosistema). E tuttavia, anche in atti come questi sembra appunto farsi strada l'idea che così non si può andare avanti.
Idea ben altrimenti sviluppata nel convegno di Sernaglia e ben altrimenti, infine, modellata poeticamente e civilmente da Andrea Zanzotto, che da anni parla proprio della perdita della capacità di "paesaggire" - di stare in creativo e armonico equilibrio con i luoghi in cui viviamo. I suoi luoghi d'origine, un tempo i più belli d'Italia, ora resistono come tali quasi solo nella sua poesia. Nella realtà sono sempre più fagocitati nella gran macchina per produrre e autosfruttarsi che questa regione è diventata.
Contro questo destino - in effetti, frutto di scelte precise non meno che di una diffusa vorace incoscienza - dal convegno di Sernaglia è giunto l'invito a unire gli sforzi, le proteste, le proposte per imporre una nuova attenzione, per far emergere la nuova sensibilità che comunque è cresciuta. Non resteranno solo le parole, di questo convegno, anche se sono state parole sagge e ispirate.

Gianfranco Bettin

Gianfranco Bettin è autore di diversi romanzi e saggi. Con Feltrinelli ha pubblicato, tra gli altri, Sarajevo, Maybe (1994), L’erede. Pietro Maso, una storia dal vero (1992; 2007), Nemmeno il destino (1997; 2004, da cui è …