Giovanni Valentini: Il Grande Fratello che minaccia Internet
17 Luglio 2003
"La sorveglianza globalizzata è un aspetto intrinseco
della ristrutturazione economica del capitalismo su scala mondiale, comunemente
detta globalizzazione" La società sorvegliata, David Lyon
Un nuovo pericolo si profila all´orizzonte dell´universo virtuale, senza confini e senza frontiere, costituito da Internet. L´ombra di un Grande Fratello incombe ora anche sulla Rete. E minaccia di condizionare fortemente la libertà di comunicazione, la trasparenza dei contenuti e perfino la sovranità, politica e culturale, dei singoli Paesi. Il pericolo viene dai motori di ricerca o, meglio, dalla loro concentrazione nelle mani di pochi operatori principali, tutti di proprietà o di origine americana. Per chi non frequenta abitualmente il Web, ricorderemo che i "search engine" rappresentano lo strumento principale della navigazione su Internet: attraverso questi sistemi appositamente programmati, inserendo un termine o un nome, è possibile chiedere e ottenere informazioni, materiali, documenti su chiunque o su qualsiasi argomento che sia stato trattato sulla Rete. Una sorta di grande archivio elettronico, insomma, in grado di memorizzare e poi fornire "on demand", a richiesta, dati di ogni genere.
Ciascun provider, vale a dire ciascun fornitore di accesso a Internet, mette a disposizione dei suoi utenti un proprio motore di ricerca, più o meno potente ed efficace. Ma un processo di globalizzazione sta favorendo la concentrazione intorno a quattro società americane: Google, Yahoo, Microsoft e Overture.
Di questo passo, fra pochi anni saranno loro a controllare e gestire interamente il traffico di informazioni che transita sulle cosiddette "autostrade informatiche". E a fornire la bussola agli internauti di tutto il mondo. Se l´Europa non sarà in grado di competere alla pari, magari con un consorzio internazionale di operatori, toccherà ai quattro "big brothers" definire da Oltreoceano quella che una moderna cultura della Rete chiama "la toponomastica della città digitale": come se il Comune di Roma, quello di Milano o qualsiasi altro, affidasse a una società straniera il compito di denominare le strade, le piazze e i parchi pubblici.
Finora, la selezione dei dati da inserire sui motori di ricerca seguiva un criterio statistico: i siti più frequentati e quindi più referenziati avevano, in proporzione, una maggiore visibilità. E già questo è un metodo discutibile, perché finisce per dare più voce a chi più ne ha. Ma adesso si tende a modulare le risposte in base alle inserzioni a pagamento, secondo una logica di tipo pubblicitario, per cui compare di più chi paga di più. E domani? Quali altri criteri potranno essere adottati? Non c´è il rischio che i "big brothers" possano scegliere a proprio piacimento i siti da selezionare, in base a ragioni politiche, ideologiche o di altra natura?
Si comincia a intravvedere, insomma, una forma di censura digitale che potrebbe arbitrariamente includere gli "amici" ed escludere invece i "nemici", alimentando un flusso di informazioni a senso unico. Una sorta di dittatura della Rete, fondata sulla discriminazione tra il bene e il male, il bianco e il nero, il ricco e il povero. Qualcosa di simile è già accaduto del resto durante l´ultima guerra all´Iraq, quando alcuni motori di ricerca americani hanno rimosso e praticamente cancellato il sito di "Al Jazeera", l´emittente araba che forniva notizia dall´altro fronte. E´ una sfida, culturale e tecnologica, per la Nuova Europa. Qui non occorrono neppure investimenti particolarmente elevati. Basta unire le forze per costruire e gestire un motore di ricerca "made in Ue", a tutela della nostra identità e del nostro patrimonio comune.
Nel libro da cui è tratta la citazione riportata all´inizio, l´autore analizza le tecnologie di controllo della vita quotidiana e, come scrive Stefano Rodotà nella prefazione, "ricostruisce intorno alla nozione di sorveglianza una complessa serie di fenomeni che caratterizzano le attuali organizzazioni sociali". Quello di David Lyon è, per così dire, un salto nel futuro che è già cominciato. E per molti aspetti, si tratta di una dimensione inquietante. Dalla piccola telecamera che ci controlla in banca o al supermercato, fino alla schedatura elettronica di massa che registra i nostri movimenti attraverso il telepass o lo ski-pass, la società contemporanea sottopone il cittadino a un monitoraggio continuo. Ma non sempre questi ne è consapevole. Da qui, il rischio che la privacy, oggettivamente contrapposta alla sorveglianza, risulti compromessa o comunque ristretta.
Qual è, dunque, il limite fra queste due esigenze? Fino a che punto lo Stato o un qualsiasi organismo ha diritto di tenere sotto controllo gli individui? E come ciascuno di noi può difendere la propria riservatezza e la propria libertà? Sono interrogativi a cui è difficile dare una risposta univoca. Ma verosimilmente il primo punto di riferimento sta in un criterio di funzionalità, applicato nell´interesse generale, cioè in difesa della sicurezza individuale e collettiva.
Se la telecamera serve a impedire o quantomeno a scoraggiare le rapine in banca o i furti al supermercato, dove entrambi gli eventi sono probabili e possono essere perciò prevenuti, è evidente che l´impianto a circuito chiuso ha una sua legittimità. Se al contrario serve a spiare gli atti e i comportamenti privati in una camera d´albergo, nello spogliatoio di un circolo sportivo o magari anche in spiaggia, allora la funzionalità viene meno e il monitoraggio si riduce a un esercizio di voyeurismo.
Un secondo criterio di valutazione riguarda l´uso che si fa di questi filmati o di queste registrazioni. Se la loro circolazione è imitata a un ambito di competenza, resta cioè nella disponibilità esclusiva del soggetto che li ha legittimamente realizzati, la privacy si può considerare rispettata. Se invece questi materiali vengono diffusi al di fuori del circuito originario, per esempio su una tv privata o in un documentario, è chiaro che siamo di fronte a una violazione della riservatezza.
Ma sono appunto le moderne tecnologie, e in particolare quelle elettroniche, ad aggiungere una nuova insidia, favorendo la possibilità di incrociare, sovrapporre, integrare dati raccolti per i più svariati motivi. E come per i motori di ricerca su Internet, anche qui c´è un Grande Fratello che può controllare, selezionare, censurare. "Proprio perché la sorveglianza struttura relazioni di potere ? conclude Rodotà nella sua prefazione al libro ? è urgente creare un contesto istituzionale che eviti il rafforzamento ulteriore di chi già si trova in posizioni di forza".
Un nuovo pericolo si profila all´orizzonte dell´universo virtuale, senza confini e senza frontiere, costituito da Internet. L´ombra di un Grande Fratello incombe ora anche sulla Rete. E minaccia di condizionare fortemente la libertà di comunicazione, la trasparenza dei contenuti e perfino la sovranità, politica e culturale, dei singoli Paesi. Il pericolo viene dai motori di ricerca o, meglio, dalla loro concentrazione nelle mani di pochi operatori principali, tutti di proprietà o di origine americana. Per chi non frequenta abitualmente il Web, ricorderemo che i "search engine" rappresentano lo strumento principale della navigazione su Internet: attraverso questi sistemi appositamente programmati, inserendo un termine o un nome, è possibile chiedere e ottenere informazioni, materiali, documenti su chiunque o su qualsiasi argomento che sia stato trattato sulla Rete. Una sorta di grande archivio elettronico, insomma, in grado di memorizzare e poi fornire "on demand", a richiesta, dati di ogni genere.
Ciascun provider, vale a dire ciascun fornitore di accesso a Internet, mette a disposizione dei suoi utenti un proprio motore di ricerca, più o meno potente ed efficace. Ma un processo di globalizzazione sta favorendo la concentrazione intorno a quattro società americane: Google, Yahoo, Microsoft e Overture.
Di questo passo, fra pochi anni saranno loro a controllare e gestire interamente il traffico di informazioni che transita sulle cosiddette "autostrade informatiche". E a fornire la bussola agli internauti di tutto il mondo. Se l´Europa non sarà in grado di competere alla pari, magari con un consorzio internazionale di operatori, toccherà ai quattro "big brothers" definire da Oltreoceano quella che una moderna cultura della Rete chiama "la toponomastica della città digitale": come se il Comune di Roma, quello di Milano o qualsiasi altro, affidasse a una società straniera il compito di denominare le strade, le piazze e i parchi pubblici.
Finora, la selezione dei dati da inserire sui motori di ricerca seguiva un criterio statistico: i siti più frequentati e quindi più referenziati avevano, in proporzione, una maggiore visibilità. E già questo è un metodo discutibile, perché finisce per dare più voce a chi più ne ha. Ma adesso si tende a modulare le risposte in base alle inserzioni a pagamento, secondo una logica di tipo pubblicitario, per cui compare di più chi paga di più. E domani? Quali altri criteri potranno essere adottati? Non c´è il rischio che i "big brothers" possano scegliere a proprio piacimento i siti da selezionare, in base a ragioni politiche, ideologiche o di altra natura?
Si comincia a intravvedere, insomma, una forma di censura digitale che potrebbe arbitrariamente includere gli "amici" ed escludere invece i "nemici", alimentando un flusso di informazioni a senso unico. Una sorta di dittatura della Rete, fondata sulla discriminazione tra il bene e il male, il bianco e il nero, il ricco e il povero. Qualcosa di simile è già accaduto del resto durante l´ultima guerra all´Iraq, quando alcuni motori di ricerca americani hanno rimosso e praticamente cancellato il sito di "Al Jazeera", l´emittente araba che forniva notizia dall´altro fronte. E´ una sfida, culturale e tecnologica, per la Nuova Europa. Qui non occorrono neppure investimenti particolarmente elevati. Basta unire le forze per costruire e gestire un motore di ricerca "made in Ue", a tutela della nostra identità e del nostro patrimonio comune.
Nel libro da cui è tratta la citazione riportata all´inizio, l´autore analizza le tecnologie di controllo della vita quotidiana e, come scrive Stefano Rodotà nella prefazione, "ricostruisce intorno alla nozione di sorveglianza una complessa serie di fenomeni che caratterizzano le attuali organizzazioni sociali". Quello di David Lyon è, per così dire, un salto nel futuro che è già cominciato. E per molti aspetti, si tratta di una dimensione inquietante. Dalla piccola telecamera che ci controlla in banca o al supermercato, fino alla schedatura elettronica di massa che registra i nostri movimenti attraverso il telepass o lo ski-pass, la società contemporanea sottopone il cittadino a un monitoraggio continuo. Ma non sempre questi ne è consapevole. Da qui, il rischio che la privacy, oggettivamente contrapposta alla sorveglianza, risulti compromessa o comunque ristretta.
Qual è, dunque, il limite fra queste due esigenze? Fino a che punto lo Stato o un qualsiasi organismo ha diritto di tenere sotto controllo gli individui? E come ciascuno di noi può difendere la propria riservatezza e la propria libertà? Sono interrogativi a cui è difficile dare una risposta univoca. Ma verosimilmente il primo punto di riferimento sta in un criterio di funzionalità, applicato nell´interesse generale, cioè in difesa della sicurezza individuale e collettiva.
Se la telecamera serve a impedire o quantomeno a scoraggiare le rapine in banca o i furti al supermercato, dove entrambi gli eventi sono probabili e possono essere perciò prevenuti, è evidente che l´impianto a circuito chiuso ha una sua legittimità. Se al contrario serve a spiare gli atti e i comportamenti privati in una camera d´albergo, nello spogliatoio di un circolo sportivo o magari anche in spiaggia, allora la funzionalità viene meno e il monitoraggio si riduce a un esercizio di voyeurismo.
Un secondo criterio di valutazione riguarda l´uso che si fa di questi filmati o di queste registrazioni. Se la loro circolazione è imitata a un ambito di competenza, resta cioè nella disponibilità esclusiva del soggetto che li ha legittimamente realizzati, la privacy si può considerare rispettata. Se invece questi materiali vengono diffusi al di fuori del circuito originario, per esempio su una tv privata o in un documentario, è chiaro che siamo di fronte a una violazione della riservatezza.
Ma sono appunto le moderne tecnologie, e in particolare quelle elettroniche, ad aggiungere una nuova insidia, favorendo la possibilità di incrociare, sovrapporre, integrare dati raccolti per i più svariati motivi. E come per i motori di ricerca su Internet, anche qui c´è un Grande Fratello che può controllare, selezionare, censurare. "Proprio perché la sorveglianza struttura relazioni di potere ? conclude Rodotà nella sua prefazione al libro ? è urgente creare un contesto istituzionale che eviti il rafforzamento ulteriore di chi già si trova in posizioni di forza".
La società sorvegliata di David Lyon
In La società sorvegliata, David Lyon ripropone una lettura "analitica, politica ed etica" analoga a quella sviluppata in L’occhio elettronico ma, come egli stesso afferma, la aggiorna rispetto agli sviluppi tecnologici più recenti e la estende all’esame di una fenomenologia più vasta e a…