Lorenzo Cremonesi: «Papà, i generali e quell' ultima notte di guerra»
04 Agosto 2003
"Saddam è un padre amoroso, attento, un amico prima di tutto. Preghiamo
perché Allah lo protegga, vogliamo che sappia che lo amiamo e lo
rispettiamo". Prevalgono i legami di sangue sulle traversie politiche nelle
prime interviste rilasciate dalle due figlie di Saddam Hussein, Raghad (36 anni)
e Rana (34), accolte in esilio con i 9 figli ad Amman l' altro ieri. Alla Cnn e
alla tv araba Al Arabiya, le due donne hanno raccontato con voce calma e
composta le ultime ore della famiglia nella fase finale della guerra. "Non
possiamo dire dove si trovi nostro padre. E se lo conosciamo bene, non ci dirà
mai il suo nascondiglio. L' ultima volta che lo abbiamo visto fu il giovedì
prima dello scoppio della guerra (il conflitto iniziò giovedì 20 gennaio,
dunque le due donne si riferiscono al 13 marzo, n.d.r.). Poi il 9 aprile abbiamo
incontrato nostra madre assieme a nostra sorella più giovane Hala e a nostra
cognata e amica, moglie di nostro fratello Qusay. Fu un incontro drammatico. I
nostri figli hanno età simili, sono amici tra loro. Il distacco fu
difficilissimo, piangevamo, ci abbracciavamo, non sapevamo quando ci saremmo
rivisti. Poi ognuno andò per la sua strada, scelse da solo il suo
destino", raccontano. Ai reporter di Al Arabiya specificano che nella notte
tra l' 8 e il 9 aprile loro due erano assieme in una residenza nel quartiere
benestante di Al Mansur, dove tra l' altro proprio quel giorno in molti
segnalarono la breve apparizione di Saddam in compagnia dei figli Uday e Qusay.
"Nel buio ascoltavo i combattimenti nella tromba delle scale. "Ormai
è finita, terminerà presto", dicevo a mia sorella - ha raccontato Raghad
-. Poi, verso mezzogiorno, mio padre ha mandato alcune vetture che ci portassero
via". Raghad si è dimostrata più pronta a ripetere le accuse, già
avanzate dallo stesso Saddam e da alti dirigenti del partito Baath, per cui i generali
iracheni si sarebbero rifiutati di combattere quando le truppe Usa si
avvicinarono ai reggimenti della Guardia Repubblicana concentrati attorno a
Bagdad. "Mio padre è stato tradito dalle persone di cui si fidava di più.
Così facendo non hanno tradito solo lui e la nostra famiglia, ma prima di tutto
il nostro Paese". No comment invece sull' assassinio dei rispettivi mariti,
Hussein e Assad Kamel, fatti massacrare da Saddam dopo che i due erano fuggiti
in Giordania accettando di essere interrogati dall' intelligence statunitense
nel 1995. E ancora no comment sulla morte dei due fratelli, Uday e Qusay, caduti
in un' imboscata americana il 22 luglio a Mosul. Le due si sono invece dilungate
nel magnificare la "bontà" del padre. "In genere le figlie sono
più vicine alla madre. Ma nel nostro caso nostro padre era un amico, sempre
pronto ad ascoltare e dare consigli". Rana ha parlato dei motivi che le
hanno spinte a fuggire Giordania: "Qui è casa nostra. Ci siamo venute nel
1995 e siamo state ricevute come parte della famiglia da re Hussein. Oggi la
famiglia reale di Abdallah II ci ha accolto a braccia aperte. Li voglio
ringraziare pubblicamente. Per la prima volta dai quattro mesi che ci separano
dallo scoppio della guerra ho appoggiato la testa su un cuscino e mi sono
sentita sicura, tranquilla, pronta a iniziare una vita nuova. In Iraq non voglio
tornare, per almeno 10 anni non ci voglio più mettere piede, ho sofferto
troppo". Non manca neppure un accenno al "passato felice", prima
della fuga con i mariti in Giordania nel 1995. "In Iraq la nostra era una
famiglia modello. Ci ammiravano tutti. E facevamo una vita abbastanza
normale". Il giornalista di Al Arabiya ha raccontato che, a intervista
terminata, le due donne hanno pianto per la rabbia e l' emozione perché era
stato loro promesso che non ci sarebbero state domande sui mariti e sui fratelli
morti. Ma entrambe non si sono mai scomposte e hanno terminato pregando Allah
perché "protegga e difenda nostro padre". "Penso a lui tutto il
tempo", ha dichiarato Raghad. E ha aggiunto: "Non ho problemi nel
parlare con gli americani, tanto non potranno mai sapere da me dove si trovi mio
padre. Per il semplice fatto che non ne ho la più pallida idea".
Lorenzo Cremonesi
Lorenzo Cremonesi (Milano, 1957), giornalista, segue dagli anni settanta le vicende mediorientali. Dal 1984 collaboratore e corrispondente da Gerusalemme del “Corriere della Sera”, a partire dal 1991 ha avuto modo …