Gianfranco Bettin: L'apartheid di Vicenza

09 Settembre 2003
Niente sembra più appropriato, come argomento per riprendere questo piccolo osservatorio sul "nordest", che il recente provvedimento "anti mendicanti" del sindaco di Vicenza, il forzista Hullweck. Riprendendo un analogo provvedimento di Trieste (all'altro capo del nordest, ma con le medesime coordinate politiche), Vicenza lo ha perfezionato stabilendo fin nei dettagli cosa possono o non possono fare (quasi niente, in realtà) i mendicanti. E' un provvedimento sul quale dovrebbe cimentarsi la penna geniale di Vitaliano Trevisan, perché l'acribia vessatoria e irregimentante che il sindaco vicentino vi profonde sembra rispondere proprio a quell'ansia di tutelare un presunto "mondo meraviglioso" che non è altro che l'obitoriale ordine e la c(l)inica pulizia che predilige chi si è arricchito impestando e stravolgendo centri storici e paesaggi naturali (che erano) fra i più belli al mondo. In questo sfoggio di zelo eugenetico all'ombra della Madonna di monte Berico, oltre a espellere i poveri dal centro, si stabilisce che non possono sostare se non a un metro dai "normali" e a non meno di duecento metri uno dall'altro. Il provvedimento sarà presto a sua volta imitato a Rovigo. C'ha ironizzato sopra, invece, con l'aria di chi la sa lunga, Gentilini, sindaco ombra, ma neanche tanto, di Treviso (quello formale, tale Gobbo, non se lo fila nessuno). L'uomo che segò qualche panchina per cacciarne gli immigrati ha notato che così si sposta solo il problema un po' più in là, magari nelle periferie (dove la gente che vota è ben più che nei disabitati centri storici di queste amene città). La sua ricetta, come è noto, è ben altra: vestire i "disturbatori" da leprotti e aprire la caccia, tra l'altro. Si può ironizzare, ma questi provvedimenti, per quanto spesso velleitari (anche se sempre odiosi), riflettono qualcosa che va preso molto seriamente.
Da un lato, la pulsione xenofoba e a volte apertamente razzista a cui si rivolgono (e da cui provengono) per dare "segnali" e cercare consensi. Dall'altra, una consapevolezza e un disagio che cominciano a farsi strada nei ceti e nelle forze che sono la base e il telaio della maggioranza di centrodestra soprattutto nel Veneto. Lo sviluppo sregolato ha prodotto squilibri, disastri e dissesti ambientali, disarticolazione sociale e culturale. L'esigenza di mettere un po' d'ordine comincia a farsi acuta. Sul piano territoriale, nascono così proposte come quella del "blocco dei capannoni", tanto per dire di star facendo qualcosa per fermare il disastro (sospendendo per qualche mese il rilascio di nuove licenze). Patetico surrogato di una politica urbanistica e ambientale decente che questo blocco vorace e geneticamente sregolato non potrà mai produrre.
Sul piano sociale, invece, si sta facendo strada la consapevolezza che fenomeni come l'immigrazione e le nuove povertà (anche interne) non sono eliminabili, stante questo modello di sviluppo, di cui sono l'altra faccia. Così, almeno, si vorrebbe cercare di disciplinarle (e di nasconderle, se possibile). Ed ecco i provvedimenti anti mendicanti, o come quelli, proposti dalla Lega, per istituire corsie preferenziali per gli indigeni nei servizi sociosanitari. Stiamo, insomma, assistendo alla nascita di una forma moderna di apartheid, che comincia ad applicarsi a mendicanti (da nascondere e perseguire) e immigrati non in regola (da discriminare nell'accesso ai servizi essenziali come quelli sanitari). Roba già vista, appunto.
Se passeranno, dopo questi soggetti classicamente condannati a sperimentare per primi le nuove forme di discriminazione, toccherà a molti altri. Fino a quando non si potrà dire che "l'ordine regna a monte Berico". E c'è poco da ridere.

Gianfranco Bettin

Gianfranco Bettin è autore di diversi romanzi e saggi. Con Feltrinelli ha pubblicato, tra gli altri, Sarajevo, Maybe (1994), L’erede. Pietro Maso, una storia dal vero (1992; 2007), Nemmeno il destino (1997; 2004, da cui è …