Giulietto Chiesa: A Mosca, battaglia all'ultimo sangue

03 Novembre 2003
MOSCA - Cominciò Mikhail Khodorkovskij, prima banchiere, poi petroliere. Cominciò cosa? Qualcuno, a Mosca, esagerando, la definisce la battaglia finale, e non c'e dubbio che, formalmente la dichiarazione di querra l'ha fatta lui. A chi? Niente meno che a Vladimir Putin. E' da un anno circa - dice un bene informato amico di Putin, che ne ha tanti, meno informati - che Mikhail «provocava». Ha cominciato con il comprare niente meno che l'Università di Studi Umanistici, il cui rettore era il campione democratico Jurij Afanasiev. Gli è costata un centinaio di milioni di dollari, ma ne valeva la pena. Afanasiev ha accettato di diventarne il presidente molto onorario, e rettore è diventato il braccio destro di Khodorkovskij, tale Leonid Nevzlin, ex direttore della Tass, ex presidente del Congresso Ebraico Russo. Nevzlin con gli studi umanistici nulla mai ha avuto a che fare. Adesso è in vacanza all'estero. Non c'era all'apertura dell'anno accademico. Teme l'arresto. Ma perché Nezlin rimane in vacanza? Perché è il capo della «squadra strategica» che Khodorkovskij ha costruito per cominciare la scalata al potere politico. Le prossime elezioni le vincerà Putin, e nessuno ha dubbi al riguardo. Anche se le perdesse le vincerebbe comunque. Ma poi - salvo novità in corso d'opera - Putin non potrà essere rieletto ad un terzo mandato e, dunque, bisogna prepararsi fin d'ora. Inoltre tra poco ci sono le elezioni della Duma e Putin ha commesso l'imprudenza (forse una trappola?) di dichiarare che il prossimo governo sarà il governo della maggioranza della Duma. Una novità. Fin'ora la Duma col governo non c'entrava per niente. Allora - ha pensato il giovane e ambizioso Khodorkovskij - meglio precostituirsi un bel gruppo parlamentare. Forse, chissà?, salta il capo del governo, Mikhail Kasianov. E, convocati i suoi in una dacia nei dintorni di Mosca, si è dato un obiettivo: 40 deputati subito. E siccome nella Russia democratica i deputati si comprano, l'unico problema era come «farli» in fretta. Mikhail ha pensato che si poteva farli eleggere nelle liste dei partiti esistenti, invece di farne uno nuovo che avrebbe dato troppo nell'occhio. Una trentina di comunisti e una ventina di Jabloko, il partito di Javlinskij. Tanto per cominciare. Si dice , ma non si può dimostrare, che la nuova sede ultramoderna di Jabloko l'abbia pagata Khodorkovskij. Sul rapporto con Ziuganov, leader dei comunisti russi, ci sono non solo voci, ma fatti. Tra i candidati alla nuova Duma si annoverano aperti sostenitori di Khodorkovskij. E quanto sia spregiudicato il nostro banchiere lo dimostra il fatto che si è comprato anche il giornale più di estrema sinistra, quel Zaftra (Domani), diretto da Aleksandr Prokhanov, spina nel fianco sinistro di Ziuganov. Giornale che sfiorava in più punti l'antisemitismo (ma Khodorkovskij, ebreo, a questi dettagli non bada) e che è divenuto all'improvviso un sostenitore accanito della Jukos, l'impresa petrolifera di Khodorkovskij. Il quale, per non sbilanciarsi troppo a sinistra, ha comprato anche Moskovskie Novosti, il cui direttore, Viktor Loshak, ultra-democratico come Jurij Afanasiev, è stato licenziato in tronco e, al suo posto, è stato messo Evghenij Kiseliov, il giornalista più schierato a destra di tutte le Russie, ex commentatore politico del canale NTV di Vladimir Gusinskij, gregario di Boris Eltsin e di Egor Gaidar, amico, nei tempi eroici delle privatizzazioni, di Anatolij Ciubais e di Boris Berezovskij. Ma Kiseliov, come alcuni dei sopracitati, è in disgrazia agli occhi di Putin. Liquidato prima da NTV, poi da TV-Zentr, un nuovo canale di Berezovskij ormai in esilio in Inghilterra. Esiliato anche Vladimir Gusinskij, che manovra al sole di Grecia. I due canali Tv più importanti, ORT (ex Berezovskij) e NTV (ex Gusinskij) sono ora saldamente in mano al Cremlino, come tutti gli altri, del resto. Il pluralismo televisivo trionfa anche in Russia, come in Italia. Ma certo è che riesumare l'eterno giovane Kiseliov e metterlo alla testa di Moskovskie Novosti dev'essere apparsa al Cremlino una cosa insopportabile. Così è partita la contr'offensiva. E siccome Putin è lo stato, perché non far muovere la magistratura indipendente? Del resto, tra di loro, tutti provenienti dalla Famiglia (di Boris Eltsin), si conoscono bene. E sanno tutto degli scheletri che si nascondono nei reciproci armadi. Aprire un procedimento penale contro ladri noti della pubblica proprietà è la cosa più facile. Così il primo a cadere nelle maglie della giustizia era stato il numero tre della Jukos, e numero uno della sua più importante banca, Menatep. Platon Lebedev è in galera e ci resterà non poco. Il capo della sicurezza della stessa banca, «Sasha» Piciughin, è anche accusato di alcuni assassinii. Il che, a Mosca, non stupisce nessuno perché tutti sanno che la via per costruire il capitalismo in Russia può richiedere anche scelte dolorose, come quella di liquidare fisicamente qualche avversario «riottoso». Dunque l'entrata in politica di Khodorkovskij, davvero bruciante, s'è schiantata contro un muro d'acciaio. Non che il Cremlino abbia paura dei quaranta deputati della Duma già prenotati per la vittoria. Il Cremlino di deputati ne fa eleggere 400 con un'alzata di sopracciglia. Non è democrazia? Così è se vi pare. Questa è la democrazia in Russia, oggi. Ma è una questione di principio, dicono gli amici di Putin, come si permette questo Misha? Così, nei giorni scorsi, anche la casa di Khodorkovskij è stata circondata da uomini delle forze speciali in assetto di combattimento. Non l'avevano arrestato ancora - ma ieri hanno rimediato - solo perché si trattava solo di un ulteriore avvertimento: stai bene attento a quello che farai e dirai. La prossima volta salti in aria. Lui aveva convocato una conferenza stampa: «Non è onesto», ha detto, «io non voglio diventare un emigrante politico». Che onta! Lui che manda in giro fotografie con il presidente Bush. Putin, dal canto suo, ha smesso di dire che che lui non c'entra, e che gl'inquirenti cercano solo le prove delle malefatte, nel pieno trionfo della legalità. Questa volta è andato giù duro. E, mentre parlava con un gruppo di giornalisti americani, ha spiegato la situazione. Parlava a nuora perché le suocere intendessero, da ambo le parti dell'Oceano. «Vedete, qui da noi - ha esclamato di fronte agli stupefatti colleghi - c'è una categoria di persone che sono diventate milionarie, come si suol dire, dalla notte al giorno. Anzi è lo stato che li ha nominati milionari, semplicemente consegnando loro un enorme ammontare di beni pubblici, gratis». I giornalisti americani sono rimasti interdetti. E Putin ha continuato dicendo esattamente la verità: «Poi, quando la commedia è andata avanti, essi cominciarono a pensare che quei beni fossero loro dovuti e che ogni cosa fosse loro consentita. In sostanza vi fu il tentativo di creare un sistema di governo oligarchico, dove dietro determinate figure politiche visibili, c'erano altre persone che non apparivano, ma che, in realtà prendevano decisioni di importanza nazionale». Capita l'antifona? Caro Khodorkovskij, tu non sei nessuno. Io so che dietro di te ci sono altri, che prendono «decisioni di interesse nazionale» alle spalle dei russi. Chi aveva i capitali per pagare le privatizzazioni fulminee del 1992-1995? Capitali esteri. Per capire meglio basta seguire il ragionamento di Putin. Khodorkovskij stava negoziando la vendita del 25% della Jukos alla Exxon Mobil. Affare troppo grosso per te, gli ha detto in sostanza Putin. «E' vero che questa è faccenda da corporation, ma io penso che sarebbe giusto avere consultazioni con il governo russo su materie di questa importanza». Chiaro come il sole: già vi siete presi molto, cari amici americani. Adesso, e per gli altri affari futuri, dovete negoziare con lo stato, cioè con me. «L'ho detto incontrando gli uomini d'affari , tra cui americani: - ha aggiunto Putin - Ho visto che alcuni di voi notano con disappunto che il livello dei vostri investimenti in Russia non è adeguato. E' un segno molto positivo che fa pensare ad un maggiore impegno in futuro. Vedremo cosa succederà». Il messaggio era inviato. Pensare che Khodorkovskij avesse deciso di entrare in politica senza informare i suoi partners Usa è altrettanto probabile della vittoria di una mosca nel braccio di ferro con un elefante. Se scendeva in campo era perché oltre oceano non si fidano di Putin. E Putin ora contraccambia. E non è troppo azzardato pensare che i toni dei suoi ultimi discorsi, insolitamente duri verso Washington, derivino da calcoli a vasto raggio, dove Khodorkovskij è solo una fastidiosa zanzara e dove conta molto di più il contratto - siglato dal premier francese Raffarin a Mosca - tra la Snecma Moteurs e la Saturn russa per un motore di aereo militare di nuova generazione, che prevede anche aerei da combattimento senza pilota. O l'inizio della costruzione di una base militare aerea a Bishkek, Kirghizia, a meno di 100 km dalla base americana.

Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa (1940) è giornalista e politico. Corrispondente per “La Stampa” da Mosca per molti anni, ha sempre unito nei suoi reportage una forte tensione civile e un rigoroso scrupolo …