Luttazzi e l´orrore artistico: "Niente scandalo per Moro"

26 Novembre 2003
«Volevo opporre l´orrore artistico all´orrore vero. Credo che sia stato un momento artistico molto forte, e che le persone abbiano subito il senso d´orrore che il testo trasmette. Ma smettiamo di credere che l´arte coincida con il bello». Satira e non comicità, il grottesco come un pugno nello stomaco: così Daniele Luttazzi spiega e difende i suoi applauditissimi "Dialoghi platonici", andati in scena in anteprima nazionale lunedì e ieri sera al "Modena". A creare sconcerto e in qualche caso imbarazzo è stato il cuore dello spettacolo, dedicato ad Aldo Moro: un quasi sognante Aldo Ottobrino, nella messa in scena firmata da Giorgio Gallione, legge le pagine di Luttazzi riuscendo a tenere i toni al di qua dello sconvolgente e a far accettare al pubblico una terrificante constatazione, cioè che Giulio Andreotti, condotto davanti alla Renault 4 rossa con il corpo di Moro, non solo non si dispera, ma si lascia andare ad una scena di necrofilia sul cadavere, dimostrando così la lussuria, l´eccitazione che quella morte gli ha dato. C´è chi parla di choc, chi vede una sodomia sul cadavere di Moro: Luttazzi, ieri sera poco prima dello spettacolo, ascolta le notizie sulle polemiche - affidate ad un lancio di agenzia - e a sua volta resta senza parole. «Non è vero, non c´è stata alcuna sodomia - dice - Non c´è nulla di visivo nel mio spettacolo, c´è un attore che legge dei testi: ho scelto il genere grottesco, con i toni del romanzo rosa. Il fatto è che qui si confonde la satira con la comicità; devo dire che, più che imbarazzo, ho notato il silenzio partecipe che ha seguito questa scena: in cui Aldo Moro, per la cui figura ho il totale e massimo rispetto, viene indicato come vittima sacrificale». Solo parole e nulla di visivo, ma si parla comunque di una penetrazione, un accanimento su un cadavere: è questa la parte che ha creato sconcerto e mormorii in sala, al di là della sua valenza di denuncia. «Stiamo attenti, si penetrano i fori di proiettile di Aldo Moro, non altro - ribatte Luttazzi - È l´orrore artistico opposto all´orrore vero. La gente forse pensa che l´arte coincide con il bello; ma incominciate a vedere i quadri di Francis Bacon, ad esempio, e cominciate a pensare». Quindi nessuno scandalo: «Se ci sono elementi per una contro-opinione li ascolto e li valuto - ribatte l´autore - Ma se l´obiettivo di una rappresentazione scenica è quello di sconvolgere, bene; ho usato frasi lette, ma in maniera molto vivida, scritta da romanzo rosa. E del loro effetto sono orgoglioso, come ha dimostrato anche il pubblico che ha applaudito senza riserve». L´esperimento scenico di Luttazzi, ispirato molto alla lontana dalla presunta sapienza dei filosofi e dal discorrere polemico di Platone, punta sull´evocazione delle colpe delle Brigate Rosse, inferiori a quelle della Dc, i lampi di contatti reciproci, i nomi propri. Le questioni che battono sono due, quella della pedofilia di firma cattolica e quella delle droghe, consumi e divieti. nell´ambito della prima le battute mulinano devastanti («Avrei voluto fare il prete, ma non amo i bambini», «non ho mai fatto sesso con i piccoli, non sono così religioso») al punto che il finale su ecstasy e altro pare cosa accettabile, L´attacco contro tutta la Chiesa, non esclusi i vertici, si autogiustifica con i così grandi mali cui da sembra pervasa la "religio". Mentre l´inizio è ritmato dalla "normale" satira politica, con le battute su Berlusconi, Gasparri, Rutelli e altri. I ritmi sono affidati a Massimo Mesciulam, Giorgio Scaramuzzino, Nicola Alcozer oltre al già citato, più feroce e quindi più luttazziano Aldo Ottobrino, oltre a Simona Guarino e il contrappunto della Banda Musicale Risorgimento: per 80 minuti di comico e di fegato.

Daniele Luttazzi

Daniele Luttazzi è nato a Santarcangelo di Romagna nel 1961. Dopo una breve collaborazione a "Tango" di Staino come vignettista, decide di fare lo stand up comedian: dal 1988 a …