Adbusters: Va ora in Rete la "spubblicità"!

07 Gennaio 2004
"Obsession" di Calvin Klein: un modello "strafigo" che scruta sotto gli slip con sguardo preoccupato. Dello stesso stilista, "Reality for men": un uomo decisamente poco sexy con pancetta e torso piuttosto villoso. Ma anche "American Excess" con sottotitolo-augurio inequivocabile: "Consumers Welcome". La "M" dagli archi d'oro, quella di McDonald, onnipresente: in commistioni varie, per esempio in (M)icrosoft, o iniziali per le più svariate distorsioni (Mckiller). Esempi di un'arte-movimento-politica che va sotto il nome di subvertising, acronimo (Subvert, sovvertire e advertising, il termine inglese per pubblicità) che "sovverte" di nome e di fatto l'anima dell'economia mondiale, quella del marchio. Rovesciando il senso, illuminando la parte oscura con il potere dell'ironia, il logo viene messo a nudo, svelato per quel che è: illusione. Potentissima illusione.
Sovvertire, dissacrare, parodiare con l'antipubblicità o "spubblicità" non è altro che un gioco del rovescio che l'arte moderna conosce almeno da Velazquez (Las Meninas) ai dadaisti a Andy Warhol fino al situazionismo e alla "guerriglia semiotica" contro il potere dei mass media di cui parlava Eco alla fine dei Settanta. E che oggi, in un'epoca dominata da marketing e branding, gioca e rompe i giocattoli a disposizione, appunto marchi e griffe. Il subvertising, fenomeno insieme artistico e socio-politico, sta assumendo negli ultimi tempi proporzioni e significati importanti soprattutto grazie al palcoscenico in cui si pratica, il più ampio e diffuso che ci sia: Internet.
In Rete infatti circolano decine e decine di "spubblicità", siti di movimenti, di artisti, di "agitatori culturali", che ai grandi totem del consumo, ai marchi delle più note corporation soprattutto americane, mettono quei baffi che Duchamp mise alla Gioconda scardinando alla radice il mito e l'illusione di un'arte "alta" intoccabile. Una delle declinazioni più esemplari del gesto dell'artista dadaista nelle mani degli "spubblicitari" moderni è la bandiera americana che, al posto delle patriottiche stelle, sostiuisce il logo delle più grandi aziende Usa, da Nike a Microsoft a Shell a Coca Cola.
Il di-vertimento è la chiave e il senso multiplo della "filosofia" del subvertising: se il re nudo fa davvero ridere, allo stesso tempo cambia e rovescia il ruolo di chi lo guarda, da semplice spettatore a attore dello spodestamento. In termini economici, il consumatore non è più quello che subisce il mercato, ma lo fa, scegliendo consapevolmente cosa comprare.
E' da questa idea che nasce il subvertising, pratica e pensiero il cui padre ispiratore è una rivista canadese che è oggi un cult per il popolo no global internazionale: Adbusters. Il titolo, un programma: "ad", appunto pubblicità e buster da "to bust", rovinare. Nata nel 1989 come trimestrale a Vancouver, British Columbia, per volontà del suo attuale direttore Kalle Lasn, Adbusters ("rivista per per l'ambiente mentale") è oggi un bimestrale che vende 120 mila copie in tutto il mondo e abbonati in 60 Paesi. Il sito Internet (www. adbusters. org) raggiunge una media di 8.000 contatti al giorno e sessantamila iscritti alla sua lista. A lei si devono due iniziative di successo come il Buy Nothing Day - la giornata del non acquisto lanciata sin dai primi anni '90 - che vede la partecipazione di oltre un milione di persone in cinquanta paesi del mondo, e la Tv Turnoff Week - la settimana senza televisione - che è diventato un appuntamento fisso a cadenza bimestrale, coinvolgendo ogni volta circa ottantamila persone.
La rivista, che dal '99 a Seattle ha conosciuto una crescita che pare inarrestabile, è oggi il cuore e il network di comunicazione dei "culture jammer" di tutto il mondo, cioè proprio di quei "inceppatori culturali" che nel subvertising trovano una delle espressioni più notevoli. Per Feltrinelli è da poco uscito "Errore di sistema", un libro a cura di Franco "Bifo" Berardi, Lorenza Pignatti e Marco Magagnoli che racconta l'esperienza di Adbusters e le sue pratiche contro il dominio del consumo. Il messaggio è che dopo vent'anni di fanatismo economico, di superlavoro e di competizione, siamo in piena fase depressiva. Mentale soprattutto: come quando il computer "cresha" e sullo schermo appare la scritta "system error" seguita da un numero incomprensibile. La soluzione, suggerita da Lasn: "Interrompere la trance mediatica nella quale siamo immersi per riappropriarci della nostra mente, del nostro corpo, della nostra vita."

Errore di sistema

"Il nostro scopo è far vacillare le esistenti strutture di potere e riforgiare il modo in cui immaginiamo la vita del xxi secolo." Nato sulle matrici della riflessione situazionista di critica della "società dello spettacolo", il gruppo canadese di Adbusters rappresenta una d…