Giorgio Bocca: Dio scampi l´Europa da Berlusconi
22 Aprile 2004
La ragione non ha mai fatto parte della storia, ma la follia non è mai stata così imperante.
Prendiamo le ultime vicende del conflitto israelo-palestinese. Il presidente degli Stati Uniti, George Bush, pensa che uno dei frutti della guerra all´Iraq sia il nuovo ordine del Medio Oriente, prima di tutto la composizione della eterna guerra fra Israele e i palestinesi. E che decide? Di affidare la mediazione a Silvio Berlusconi, sostenitore a spada tratta di una guerra che gli arabi considerano un´aggressione. O più probabilmente il presidente americano non ci pensa affatto, ma Berlusconi alla vigilia delle elezioni gli chiede questo favore.
Come che sia, il Cavaliere parte per il Medio Oriente e la prima cosa che fa è di rendere omaggio al presidente israeliano Sharon, al quale dice ripetutamente, solennemente, davanti alle televisioni di tutto il mondo che lui è il più fidato amico di Israele. Per uno mandato a fare da mediatore è un curioso comportamento: fa subito sapere da che parte sta.
E come si comporta con i palestinesi? Si rifiuta di incontrare Arafat che resta per la diplomazia europea il vero rappresentante degli interessi palestinesi e non chiede neppure di essere ricevuto da Abu Mazen.
Solo tre giorni dopo, avvertito della gaffe colossale, lo invita a un incontro romano o magari in una sua villa in Sardegna. Intanto va a trovare il re di Giordania e il presidente egiziano Mubarak che nella strategia di Bush dovrebbero essere i garanti arabi della pax americana, due che non osano mettere il naso fuori dai loro bunker per tema dell´ira popolare.
Che la follia faccia parte preminente della storia lo si era già capito dalla guerra americana all´Iraq e dalla retrostante ideologia imperiale che i problemi del mondo si risolvono con la forza, adottata anche da Israele.
I diritti di Israele alla sopravvivenza sono noti e ampiamente condivisi e il grido dei fondatori di Israele (´Mai più deboli e disarmati´) è più che comprensibile, ma l´idea che il futuro di Israele sia affidato solo alla forza militare sembra poco ragionevole.
Come può pensare un governo di Israele, anche diverso da quello di Sharon, che sia accettabile da parte dei palestinesi il protettorato che gli viene offerto? La Cisgiordania presidiata da centinaia di colonie ebraiche sostenute dall´esercito israeliano, il territorio del nuovo Stato spaccato in due e comunicante solo per autostrada come lo fu per Berlino. La prospettiva più rosea è che la situazione attuale si prolunghi nel tempo.
È appena uscito un libretto sui ´bushismi´, sull´involontario umorismo del presidente Bush che nei suoi discorsi non distingue fra il singolare e il plurale, fra una affermazione e il suo contrario e non rispetta i testi scritti dai suoi aiutanti che dovrebbe leggere sul ´gobbo´, il suggeritore televisivo.
Ma insomma, perché mai questo Ventunesimo secolo deve sopportare degli uomini di Stato così sprovveduti?
Il nostro, accomiatandosi dal Medio Oriente dopo la sua mirabile mediazione, ha fatto sapere al governo di Israele che "lui lo capisce, ma deve avere pazienza". Dio scampi l´Europa dal semestre italiano diretto dal Cavaliere. Tanto più i problemi lo sovrastano, tanto più la politica del mondo è fuori dalle sue capacità bottegaie e tanto più lui le affronta con incredibile sicumera. "La mia condanna", ha detto di recente, "è di vincere sempre". E proprio ciò che si pensa vedendolo girare per il mondo soddisfatto e sorridente a occuparsi autorevolmente di cose che ignora
Prendiamo le ultime vicende del conflitto israelo-palestinese. Il presidente degli Stati Uniti, George Bush, pensa che uno dei frutti della guerra all´Iraq sia il nuovo ordine del Medio Oriente, prima di tutto la composizione della eterna guerra fra Israele e i palestinesi. E che decide? Di affidare la mediazione a Silvio Berlusconi, sostenitore a spada tratta di una guerra che gli arabi considerano un´aggressione. O più probabilmente il presidente americano non ci pensa affatto, ma Berlusconi alla vigilia delle elezioni gli chiede questo favore.
Come che sia, il Cavaliere parte per il Medio Oriente e la prima cosa che fa è di rendere omaggio al presidente israeliano Sharon, al quale dice ripetutamente, solennemente, davanti alle televisioni di tutto il mondo che lui è il più fidato amico di Israele. Per uno mandato a fare da mediatore è un curioso comportamento: fa subito sapere da che parte sta.
E come si comporta con i palestinesi? Si rifiuta di incontrare Arafat che resta per la diplomazia europea il vero rappresentante degli interessi palestinesi e non chiede neppure di essere ricevuto da Abu Mazen.
Solo tre giorni dopo, avvertito della gaffe colossale, lo invita a un incontro romano o magari in una sua villa in Sardegna. Intanto va a trovare il re di Giordania e il presidente egiziano Mubarak che nella strategia di Bush dovrebbero essere i garanti arabi della pax americana, due che non osano mettere il naso fuori dai loro bunker per tema dell´ira popolare.
Che la follia faccia parte preminente della storia lo si era già capito dalla guerra americana all´Iraq e dalla retrostante ideologia imperiale che i problemi del mondo si risolvono con la forza, adottata anche da Israele.
I diritti di Israele alla sopravvivenza sono noti e ampiamente condivisi e il grido dei fondatori di Israele (´Mai più deboli e disarmati´) è più che comprensibile, ma l´idea che il futuro di Israele sia affidato solo alla forza militare sembra poco ragionevole.
Come può pensare un governo di Israele, anche diverso da quello di Sharon, che sia accettabile da parte dei palestinesi il protettorato che gli viene offerto? La Cisgiordania presidiata da centinaia di colonie ebraiche sostenute dall´esercito israeliano, il territorio del nuovo Stato spaccato in due e comunicante solo per autostrada come lo fu per Berlino. La prospettiva più rosea è che la situazione attuale si prolunghi nel tempo.
È appena uscito un libretto sui ´bushismi´, sull´involontario umorismo del presidente Bush che nei suoi discorsi non distingue fra il singolare e il plurale, fra una affermazione e il suo contrario e non rispetta i testi scritti dai suoi aiutanti che dovrebbe leggere sul ´gobbo´, il suggeritore televisivo.
Ma insomma, perché mai questo Ventunesimo secolo deve sopportare degli uomini di Stato così sprovveduti?
Il nostro, accomiatandosi dal Medio Oriente dopo la sua mirabile mediazione, ha fatto sapere al governo di Israele che "lui lo capisce, ma deve avere pazienza". Dio scampi l´Europa dal semestre italiano diretto dal Cavaliere. Tanto più i problemi lo sovrastano, tanto più la politica del mondo è fuori dalle sue capacità bottegaie e tanto più lui le affronta con incredibile sicumera. "La mia condanna", ha detto di recente, "è di vincere sempre". E proprio ciò che si pensa vedendolo girare per il mondo soddisfatto e sorridente a occuparsi autorevolmente di cose che ignora
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …