Marina Forti: Criminali o separatisti?
Nelle moschee del confinante stato di Kelantan, Malaysia, sono risuonate parole ancora più dure: "Questa è oppressione, è stato un massacro contro i musulmani", ha tuonato Sallehuddin Ayob, capo del braccio giovanile del Parti Islam se-Malaysia, il Partito islamico di Malaysia che governa quello stato (anche se è ridimensionato a una piccola minoranza politica su scala nazionale). Gli eventi di Pattani e delle vicine province ora preoccupano il governo della Malaysia. Le autorità di tutti gli stati malaysiani confinanti con la Thailandia hanno deciso di rafforzare i controlli di frontiera - ma è un confine più che permeabile. temono che sarà varcato da ondate di rpofughi o da guerriglieri in fuga se altre violenze seguiranno, come molti si aspettano.
Ieri il primo ministro malaysiano Abdullah Ahmad Badawi ha annunciato che il suo paese potrà accogliere temporaneamente i thailandesi che dovessero fuggire dalle violenze - un'offerta che suscita sospetti a Bangkok. Il vicepremier malaysiano Najib Razak viaggerà la settimana prossima nella capitale thailandese "per avere un quadro chiaro dell'accaduto".
In effetti la dinamica degli eventi di mercoledì non è chiara: all'alba diversi gruppi di quei "crinimali" - che le foto mnostrano con bande verdi sulla fronte come usano i combattenti islamici votati al martirio - avrebbero attaccato posti di polizia dove agenti e militari li aspettavano: tanto che sono questi giovanissimi, alcuni armati di fucile ma la gran parte solo di sciabole e machete, a restare morti sul terreno. Mercoledì il premier thailandese Thaksin Shinawatra ha detto che gli assalitori sono semplici criminali, giovani arruolati da bande di trafficanti. Ma ora i militari dicono di dare la caccia ad altre "migliaia di insorti". E ieri il ministro dell'interno Bhokin Balakula ha precisato: "E' stata una combinazione di separatisti, criminali e trafficanti di droga, ma i separatisti sono la principale forza in gioco".
Il ministro ha detto così quello che tutti sanno: negli ultimi mesi è ripreso l'attivismo di movimenti separatisti in queste province di popolazione musulmana (in una Thailandia buddhista) e etnicamente malesi. E certo l'eccidio di mercoledì convincerà i musulmani thailandesi di essere oggetto di una persecuzione. Del resto la moschea Krue Se, assaltata mercoledì, è un luogo significativo: ha quattro secoli e rappresenta l'antica indipendenza del Sultanato di Pattani, uno dei primi regni musulmani in Asia di sud-est, annesso al regno del Siam solo un secolo fa. Insomma: in Thailandia torna lo spettro del separatismo islamico, che negli anni `90 sembrava pacificato. E torna, questa volta, con tutti i dubbi di una possibile saldatura con movimenti regionali come la Jemaah Islamiyah indonesiana (che ha diramazioni in Malaysia e nelle Filippine), o con lo spettro di al Qaeda. Intanto resta una repressione inaudita. Ieri a Ginevra il vicecommissario dell'Onu per i diritti umani, Bertrand Ramcharan, ha chiesto al governo thailandese una "pronta e trasparente inchiesta" sulla strage.