Giorgio Bocca: Con le bugie riappare l'uomo nero
05 Maggio 2004
Mentono tutti, in modo stentoreo, ufficioso o ufficiale, anche se sanno che nessuno li crede: capi di governo, cardinali, onorevoli, generali. Un generale dell'aviazione dice: "No, non siamo in guerra. Perché? Ma è chiaro, chiamasi guerra quella contro un nemico dichiarato, che nel caso nostro manca". I cronisti annotano senza eccepire. E ci hanno appena ferito 11 soldati a Nassiriya e noi ne abbiamo appena spediti al loro creatore non si sa quanti, forse 30, forse cento. Mente il grande imperatore dell'Occidente cristiano George Bush: "Se necessario manderemo altri soldati, 50 mila, 100 mila fino alla vittoria". Ma che ci propone, questo texano? Che rincorrendo il fantasma di Osama Bin Laden faremo la guerra all'Iran e poi al Pakistan, all'India, alla Cina? Fino all'apocalisse atomica? No, questo è meglio non dirlo, non piacerebbe ai sudditi.
Mente il capo del governo in visita ai nostri soldati a Nassiriya e mentono o sono costretti a mentire anche i soldati: "Gli iracheni sono dalla nostra parte. Ci sono amici". Ma se vi hanno appena sparato da tutte le parti, dalle case, dalle moschee, dai bazar... "No, quelli che ci sparano sono delinquenti comuni, gente venuta da fuori". Proprio così, come si diceva un tempo dalle nostre parti dell'uomo nero, venuto da fuori. Si mente a raffica: capigruppo parlamentari, ministri, segretari di partito, da soli o in gruppo: "Siamo in Iraq e ci resteremo per portarvi la democrazia". Ma quale, ma come! Stiamo uccidendola, soffocandola in casa nostra, stiamo tornando dovunque a Stati di polizia, inquisitori, dominati dalle minoranze dei ricchi e dei sapienti e abbiamo la faccia tosta di raccontare che porteremo la democrazia fra milioni di poveracci, divisi fra sette religiose, tradizioni tribali, speculazioni petrolifere?
Eppure bisogna vederle e rivederle ogni giorno in televisione le facce di questi sepolcri imbiancati, questi patrioti che chiamano disfattisti quanti si interrogano sulla follia del mondo. Ci sono i mentitori di professione, pronti a tutto che si credono intelligenti, passano per intelligenti, per aver rimesso assieme quattro o cinque volte le tesi insensate della guerra continua, dell'America provvidenziale, della infallibile Condy Rice dai tailleur di Armani. I realisti, i cinici, che trovano una ragione ineccepibile dei massacri che si sono succeduti nella storia precisamente nel fatto che sono inesplicabili. "La guerra è un'arte bella", diceva un nostro professore in prima ginnasio, un Pindaro spelacchiato. A noi adolescenti non pareva, ma se lo pagavano per ripeterlo, un'arcana ragione doveva pur esserci. Oggi tanto arcana questa ragione non è più: la guerra è bella e necessaria per quelli che ci guadagnano su e che mandano gli altri a farla. Il potere in America crede di aver appreso la lezione del Vietnam: non più soldati di leva, una leva eguale per tutti, poveri e ricchi, ma mercenari che, come dice il nostro Berlusconi che ha una sincerità disarmante, "guadagnano bene e possono fare carriera". E incidentalmente crepare.
Ma i ricchi e potenti si sbagliano se pensano di conquistare il mondo con i mercenari: i mercenari gli imperi li mandano alla malora. Gli intelligenti e i cinici a pagamento le studiano tutte per giustificare le guerre: la violenza è sempre necessaria e fa sempre cassetta, come sanno i Mel Gibson, che mettono assieme la Passione di Cristo con quella degli incassi. La violenza è anche ragionevole come dice la nostra Oriana che fa una vita disperata pur di sparare best-seller. Ma questa volta i cultori della guerra, veri o per lucro, dovrebbero esitare, fermarsi, rifiutare le menzogne del potere di fronte alle prospettive atroci, autolesioniste, da ultimi giorni dell'umanità che si aprono con le guerre continue e con il terrorismo che generano.
Mente il capo del governo in visita ai nostri soldati a Nassiriya e mentono o sono costretti a mentire anche i soldati: "Gli iracheni sono dalla nostra parte. Ci sono amici". Ma se vi hanno appena sparato da tutte le parti, dalle case, dalle moschee, dai bazar... "No, quelli che ci sparano sono delinquenti comuni, gente venuta da fuori". Proprio così, come si diceva un tempo dalle nostre parti dell'uomo nero, venuto da fuori. Si mente a raffica: capigruppo parlamentari, ministri, segretari di partito, da soli o in gruppo: "Siamo in Iraq e ci resteremo per portarvi la democrazia". Ma quale, ma come! Stiamo uccidendola, soffocandola in casa nostra, stiamo tornando dovunque a Stati di polizia, inquisitori, dominati dalle minoranze dei ricchi e dei sapienti e abbiamo la faccia tosta di raccontare che porteremo la democrazia fra milioni di poveracci, divisi fra sette religiose, tradizioni tribali, speculazioni petrolifere?
Eppure bisogna vederle e rivederle ogni giorno in televisione le facce di questi sepolcri imbiancati, questi patrioti che chiamano disfattisti quanti si interrogano sulla follia del mondo. Ci sono i mentitori di professione, pronti a tutto che si credono intelligenti, passano per intelligenti, per aver rimesso assieme quattro o cinque volte le tesi insensate della guerra continua, dell'America provvidenziale, della infallibile Condy Rice dai tailleur di Armani. I realisti, i cinici, che trovano una ragione ineccepibile dei massacri che si sono succeduti nella storia precisamente nel fatto che sono inesplicabili. "La guerra è un'arte bella", diceva un nostro professore in prima ginnasio, un Pindaro spelacchiato. A noi adolescenti non pareva, ma se lo pagavano per ripeterlo, un'arcana ragione doveva pur esserci. Oggi tanto arcana questa ragione non è più: la guerra è bella e necessaria per quelli che ci guadagnano su e che mandano gli altri a farla. Il potere in America crede di aver appreso la lezione del Vietnam: non più soldati di leva, una leva eguale per tutti, poveri e ricchi, ma mercenari che, come dice il nostro Berlusconi che ha una sincerità disarmante, "guadagnano bene e possono fare carriera". E incidentalmente crepare.
Ma i ricchi e potenti si sbagliano se pensano di conquistare il mondo con i mercenari: i mercenari gli imperi li mandano alla malora. Gli intelligenti e i cinici a pagamento le studiano tutte per giustificare le guerre: la violenza è sempre necessaria e fa sempre cassetta, come sanno i Mel Gibson, che mettono assieme la Passione di Cristo con quella degli incassi. La violenza è anche ragionevole come dice la nostra Oriana che fa una vita disperata pur di sparare best-seller. Ma questa volta i cultori della guerra, veri o per lucro, dovrebbero esitare, fermarsi, rifiutare le menzogne del potere di fronte alle prospettive atroci, autolesioniste, da ultimi giorni dell'umanità che si aprono con le guerre continue e con il terrorismo che generano.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …