Massimo Mucchetti: La Rai e una gestione solo per vivacchiare

10 Maggio 2004
Il consiglio della Rai litiga e il presidente si dimette per protesta contro le nomine lottizzate. Sarebbe bello se, la prossima volta, i gesti estremi fossero consumati sulle scelte industriali. La legge Gasparri congelerà pure il duopolio con Mediaset, ma dove sta scritto che la tv di Stato debba vivacchiare e il Biscione navigare nell' oro? Mediaset spende 195 euro per spettatore e ne ricava 266 tramite la pubblicità; la Rai spende 292 euro e ne prende 157 attraverso il canone, 120 con gli spot e 30 da convenzioni ed altro. Il canone tarpa le ali alla pubblicità, perché giustifica un affollamento inferiore a quello della tv commerciale, ma diventa anche l' alibi di una struttura troppo onerosa: con 13.198 persone la Rai produce le stesse ore di trasmissione che Mediaset fa con 4.377 dipendenti. Il canone serve a pagare il servizio pubblico. Ma perché non far seguire al contratto con il governo un rendiconto specifico e pubblico? Invece siamo al solito, mediocre calderone. Il bilancio 2003 presenta un utile netto consolidato di 82 milioni contro i 16 di perdita dell' anno prima. Il miglioramento, però, è più apparente che reale. Il modesto incremento dei ricavi totali, 21 milioni, deriva dal ritocco del canone e delle convenzioni a compensazione del calo di 36 milioni della raccolta pubblicitaria: dato imbarazzante perché alla flessione Rai del 3,2% si giustappone un aumento Mediaset del 6,5. I costi calano un po' , è vero. Ma solo grazie al fatto che, nel 2002, la Rai aveva speso 91 milioni di euro per i diritti di trasmissione dei Mondiali di calcio e delle Olimpiadi invernali. (Un esborso del genere, per 135 milioni, torna quest' anno per Olimpiadi ed Europei, e il conto economico precipita di nuovo). Gli altri costi invece crescono, a cominciare dal personale, non solo per gli aumenti contrattuali ma anche per 107 assunzioni. Il risparmio più importante, pari a 104 milioni, diventa così l' allungamento della vita utile dei diritti cinematografici in portafoglio da 3 a 5 anni: una mera manovra contabile. La Rai espone un risultato corrente prima delle imposte e delle partite straordinarie pari a 165 milioni contro i 4,3 dell' esercizio precedente. E tuttavia, se togliessimo al 2003 gli effetti contabili, le sopravvenienze attive e lo storno dei fondi prudenziali, scopriremmo che il risultato corrente è prossimo allo zero. Sul piano patrimoniale, la Rai ha disponibilità per 33 milioni mentre prima aveva debiti per 147 milioni. Merito principalmente del rallentamento dei pagamenti ai fornitori (42 milioni), dei crediti verso il Ministero che calano (56 milioni) e della variazione del Tfr (24 milioni). La Rai, dunque, non ha problemi finanziari, ma gestionali. E qui i miracoli non li fa nessuno. Il direttore generale Flavio Cattaneo, in carica dall' aprile 2003, distingue la raccolta pubblicitaria per semestre, in modo da valorizzare la crescita del 6,8% del secondo periodo dell' anno. E diffonde i dati positivi del primo trimestre del 2004. Ma il suo piano strategico non promette granché: a fronte di una crescita del canone più alta dell' inflazione, della pubblicità del 5% annuo e dei ricavi da convenzioni e altro del 12%, si prevedono 2 milioni di utile quest' anno, 73 nel 2005, 25 nel 2006, e ancora non pesa l' ammortamento degli investimenti sul digitale terreste e sugli immobili. Il piano non parla di tagli del personale nonostante si incrementino consulenze e collaborazioni esterne. L' impegno che più colpisce è quello immobiliare: 800 milioni di nuove costruzioni finanziate per 300 attraverso la vendita delle vecchie. Mentre i grandi gruppi si liberano degli immobili, la Rai dell' architetto Cattaneo torna al mattone. (con la consulenza tecnica di Miraquota)

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …