Eva Cantarella: Quei rapporti con il potere già raccontati da Aristotele

09 Giugno 2004
Tengo subito a dire che le considerazioni che seguono non intendono essere un commento alla sentenza che ha mandato assolto il professor Capizzano dall’accusa di violenza sessuale per i rapporti intrattenuti con diverse studentesse dell’università di Camerino, ove insegnava. Le sentenze non si commentano, e tantomeno ovviamente si criticano se non si conoscono gli atti del processo e se non si sono lette le motivazioni. E io non conosco gli atti. Quelle che seguono dunque sono solo considerazioni sollevate dal caso giudiziario che ha turbato (a dir poco) la vita dell’università di Camerino, nella quale tra l’altro ho anch’io a lungo insegnato, in anni ormai lontani. E sono considerazioni che, come spesso accade, vengono suggerite da un testo classico. Un testo scritto in momenti in cui la morale sessuale era molto diversa da quella attuale e in cui, certamente, non si era ancora sviluppata quella sensibilità al problema del consenso al rapporto sessuale, peraltro molto recente e purtroppo non ancora patrimonio di tutti. Si tratta di un passaggio della Politica (1315 a 17), in cui Aristotele elenca i comportamenti che i monarchi devono evitare se vogliono mantenere il potere: essi devono evitare ogni atto di hybris ; soprattutto devono evitare due tipi di comportamento: percuotere i sudditi e abusare della loro giovinezza.
Per individuare il legame tra questa affermazione e il problema del consenso al rapporto sessuale sono necessari alcuni chiarimenti. Cosa i greci intendessero con la parola hybris è ben noto: era un comportamento che esprimeva tracotanza, prepotenza, e che, scrive Aristotele nella Retorica, disonorava la vittima (Rhet., 1378 b 20, 1374 a 13). Fortemente riprovata a livello sociale, la hybris era anche un reato, che comprendeva una molteplicità di comportamenti eterogenei, e certamente non si identificava solo con la violenza sessuale. Ma posto che violentare una donna la "disonorava", la violenza sessuale poteva rientrare nel concetto di hybris ed essere penalmente perseguita come tale.
A questo punto, il passo sopra citato della Politica assume un significato che a prima vista può sfuggire: per i greci era violenza sessuale non solo il rapporto ottenuto con la violenza fisica, ma anche quello ottenuto usando una posizione di potere: nell’ipotesi fatta da Aristotele, quella del monarca. Un professore, certo, non è un monarca. Ma il discorso dello Stagirita induce a interrogarsi sui rapporti tra docenti e discenti, tra datori di lavoro e sottoposti, su tutti i rapporti in cui la posizione e il ruolo delle parti sono disequilibrati e spesso ambigui, anche per chi li vive da una parte e dall’altra. C’era già chi si poneva questo problema nel IV secolo a.C. I tempi dovrebbero essere maturi per discuterne seriamente l’importanza e le implicazioni.

Eva Cantarella

Eva Cantarella ha insegnato Diritto romano e Diritto greco all’Università di Milano ed è global visiting professor alla New York University Law School. Tra le sue opere ricordiamo: Norma e sanzione …