Lorenzo Cremonesi: Minaccia di Al Zarkawi: "Ucciderò il premier"
24 Giugno 2004
Al Qaeda rilancia la sfida della violenza in Iraq. "Non illuderti. Abbiamo trovato per te un utile veleno e una spada sicura", così minacciano di assassinare il neo-premier iracheno Iyad Allawi. La voce è apparsa ieri sul sito web dello Jamaat al Tawhid e Jihad, il gruppo comandato da Abu Musab Al Zarkawi, considerato il braccio destro di Osama Bin Laden in Iraq.
Il premier Allawi risponde con una scrollata di spalle. "Parole al vento", dice. E aggiunge più determinato che mai: "I terroristi ci attaccano perché sanno che noi gli stiamo dando la caccia". E in un’intervista al Tg1 promette: "Al Zarkawi è un criminale, va catturato e processato, lo staneremo ovunque".
A Bagdad il proclama è preso sul serio negli ambienti di governo. Al Zarkawi e il suo gruppo sono la minaccia principale che pende sul 30 giugno, il giorno del passaggio della sovranità dall’amministrazione americana al nuovo gabinetto iracheno. Nel messaggio, Allawi viene definito "simbolo del male e agente degli infedeli".
Gli uomini della nuova polizia e le truppe Usa si stanno preparando per il passaggio di consegne. Non è escluso possa venire chiuso l'aeroporto internazionale di Bagdad. Nelle zone residenziali c'è chi sta barricando i negozi, temendo un’ondata di saccheggi. Gli americani stanno impiegando l’intelligence e le truppe scelte per dare la caccia a Al Zarkawi. Lui, il ricercato, nel messaggio dice beffardo: "Non sono a Falluja, sono come un turista. Continuo a girare tutto l’Iraq con la mia famiglia e con i miei fratelli".
La strategia sembra quella di non lasciargli il tempo di organizzarsi. Costringerlo sulla difensiva. Così l'altra sera, per la seconda volta in 48 ore, l'aviazione Usa è tornata a bombardare la zona di Falluja. Nel primo raid erano state uccise 23 persone. Nel secondo, un'altra ventina (e forse 25). Un aereo da caccia ha sparato 3 missili contro un garage. "I nostri sono attacchi di precisione. C'è chi afferma che sono morti solo civili. Ma la nostra intelligence sul posto ci dice che erano uomini armati, legati al gruppo di Al Zarkawi. Questa è la nostra politica: colpire ogni volta viene individuato un covo terrorista", ha precisato il portavoce militare Usa a Bagdad, generale Mark Kimmitt. Una politica che sembra diversa da quella annunciata ieri dal principe reggente Abdullah a Riad. Dopo che negli ultimi giorni aveva avvocato il "pugno di ferro", la casa reale saudita offre ora l'amnistia a tutti i terroristi di Al Qaeda che siano disposti a consegnarsi nei prossimi 30 giorni.
Il nuovo governo iracheno sta concentrando gli sforzi nel costruire le sue brigate di difesa. Dopo aver prospettato la possibilità di imporre la legge marziale e la costituzione di corpi scelti della polizia per la lotta la terrorismo, Allawi ieri ha chiesto ufficialmente l'aiuto della Nato. Non sotto forma di truppe, piuttosto ha chiesto istruttori, equipaggiamento e assistenza tecnica.
La richiesta potrebbe venire discussa già al vertice Nato di Istanbul questo lunedì e martedì. E potrebbe venire accolta. Anche Francia e Germania lasciano capire che potrebbero acconsentire, visto che non è stata chiesta la presenza di contingenti Nato in Iraq. E che, anzi, un miglior addestramento delle forze irachene potrebbe accelerare il ritiro di quelle americane.
Il premier Allawi risponde con una scrollata di spalle. "Parole al vento", dice. E aggiunge più determinato che mai: "I terroristi ci attaccano perché sanno che noi gli stiamo dando la caccia". E in un’intervista al Tg1 promette: "Al Zarkawi è un criminale, va catturato e processato, lo staneremo ovunque".
A Bagdad il proclama è preso sul serio negli ambienti di governo. Al Zarkawi e il suo gruppo sono la minaccia principale che pende sul 30 giugno, il giorno del passaggio della sovranità dall’amministrazione americana al nuovo gabinetto iracheno. Nel messaggio, Allawi viene definito "simbolo del male e agente degli infedeli".
Gli uomini della nuova polizia e le truppe Usa si stanno preparando per il passaggio di consegne. Non è escluso possa venire chiuso l'aeroporto internazionale di Bagdad. Nelle zone residenziali c'è chi sta barricando i negozi, temendo un’ondata di saccheggi. Gli americani stanno impiegando l’intelligence e le truppe scelte per dare la caccia a Al Zarkawi. Lui, il ricercato, nel messaggio dice beffardo: "Non sono a Falluja, sono come un turista. Continuo a girare tutto l’Iraq con la mia famiglia e con i miei fratelli".
La strategia sembra quella di non lasciargli il tempo di organizzarsi. Costringerlo sulla difensiva. Così l'altra sera, per la seconda volta in 48 ore, l'aviazione Usa è tornata a bombardare la zona di Falluja. Nel primo raid erano state uccise 23 persone. Nel secondo, un'altra ventina (e forse 25). Un aereo da caccia ha sparato 3 missili contro un garage. "I nostri sono attacchi di precisione. C'è chi afferma che sono morti solo civili. Ma la nostra intelligence sul posto ci dice che erano uomini armati, legati al gruppo di Al Zarkawi. Questa è la nostra politica: colpire ogni volta viene individuato un covo terrorista", ha precisato il portavoce militare Usa a Bagdad, generale Mark Kimmitt. Una politica che sembra diversa da quella annunciata ieri dal principe reggente Abdullah a Riad. Dopo che negli ultimi giorni aveva avvocato il "pugno di ferro", la casa reale saudita offre ora l'amnistia a tutti i terroristi di Al Qaeda che siano disposti a consegnarsi nei prossimi 30 giorni.
Il nuovo governo iracheno sta concentrando gli sforzi nel costruire le sue brigate di difesa. Dopo aver prospettato la possibilità di imporre la legge marziale e la costituzione di corpi scelti della polizia per la lotta la terrorismo, Allawi ieri ha chiesto ufficialmente l'aiuto della Nato. Non sotto forma di truppe, piuttosto ha chiesto istruttori, equipaggiamento e assistenza tecnica.
La richiesta potrebbe venire discussa già al vertice Nato di Istanbul questo lunedì e martedì. E potrebbe venire accolta. Anche Francia e Germania lasciano capire che potrebbero acconsentire, visto che non è stata chiesta la presenza di contingenti Nato in Iraq. E che, anzi, un miglior addestramento delle forze irachene potrebbe accelerare il ritiro di quelle americane.
Lorenzo Cremonesi
Lorenzo Cremonesi (Milano, 1957), giornalista, segue dagli anni settanta le vicende mediorientali. Dal 1984 collaboratore e corrispondente da Gerusalemme del “Corriere della Sera”, a partire dal 1991 ha avuto modo …