Enrico Franceschini: Blair: In Iraq le armi non ci sono

08 Luglio 2004
Devo accettare il fatto che non abbiamo trovato armi di distruzione di massa in Iraq, e che potremmo non trovarle, ma ciò non toglie che Saddam Hussein fosse una minaccia", dice Tony Blair. "Saddam aveva l'intenzione e la capacità di produrre armi di distruzione di massa, il mondo oggi è più sicuro senza di lui", gli fa eco George W. Bush. Il primo ministro britannico e il presidente degli Stati Uniti usano quasi le stesse parole, nello stesso giorno, l'uno a Londra e l'altro a Washington, in quella che sembra una strategia concordata dai due principali alleati nella guerra in Iraq per rispondere a nuove accuse che si profilano in entrambi i paesi. Negli Stati Uniti è imminente la pubblicazione di un rapporto del Senato sul comportamento della Cia riguardo alla decisione di entrare in guerra contro Bagdad: e ieri il ‟New York Times” ha rivelato che l'agenzia di intelligence americana nascose alla Casa Bianca una serie di informazioni fornite prima dell'inizio del conflitto da familiari di scienziati iracheni, secondo cui Saddam aveva abbandonato i suoi programmi di produzione e sviluppo di armi nucleari, chimiche e biologiche. In Gran Bretagna sarà pubblicato il 14 luglio il risultato dell'inchiesta analoga condotta da Lord Butler sugli errori dei servizi segreti in Iraq. Nel Regno Unito come negli Usa si torna dunque a parlare della "legalità" della guerra, questione che tormenta Bush e Blair da oltre un anno, ma che a meno di quattro mesi dalle elezioni presidenziali potrebbe avere conseguenze più pesanti per il presidente americano. "Sappiamo che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa, ma sappiamo anche che non le abbiamo trovate", ha dichiarato ieri il premier britannico davanti a una commissione della camera dei Comuni. "E io devo riconoscere che non le abbiamo trovate, devo accettare la possibilità che potremmo non trovarle". È la prima volta che Blair fa un'ammissione così netta. Indiscrezioni raccolte dalla stampa londinese indicano che il leader laburista si prepara a pronunciare "parziali scuse" per l'inesistenza delle armi, continuando però a difendere la decisione di fondo di rovesciare il regime iracheno. "Quelle armi potrebbero essere state rimosse, nascoste, distrutte", ha proseguito Blair, "come che sia Saddam rappresentava una minaccia". E rispondendo a chi lo critica per una politica considerata troppo passiva e subordinata alle scelte degli Usa, il primo ministro aggiunge con stizza: "La Gran Bretagna non ha nulla da vergognarsi nella sua relazione speciale con gli Stati Uniti, un legame che molti altri paesi pagherebbero caro per avere. Vergognoso è che all'estero qualcuno ci derida per questo rapporto con Washington. Non è un rapporto in cui noi diciamo "sì" su tutto, in cambio di qualche osso che gli americani ci tirano ogni tanto. Se guardiamo a cosa è successo in Iraq di recente, possiamo vedere che abbiamo molta influenza". Blair è apparso rinfrancato da un sondaggio che segnala la rimonta del Labour sui conservatori, superati 33 a 29 per cento dopo mesi di declino, e la sua personale supremazia sul leader dei Tory, Michael Howard, così come sul suo rivale all'interno del partito laburista, Gordon Brown. Ma in America la situazione appare diversa. Gli ultimi sondaggi segnalano che la maggioranza della popolazione giudica "inutile" una guerra costata già almeno 850 morti e il continuo dispiegamento in Iraq di 140 mila soldati. Le rivelazioni del New York Times sulle notizie nascoste dalla Cia a Bush costituiscono un altro motivo d'imbarazzo per il presidente. Secondo il quotidiano, la commissione del Senato rivolgerà aspre critiche alla Cia e alla leadership politica. "Aspettiamo che il rapporto sia pubblicato e poi reagirò", si è limitato a dire ieri il presidente.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …