Lorenzo Cremonesi: Sul K2, mezzo secolo dopo. "Rivederlo era il mio sogno"

14 Luglio 2004
Ha marciato dieci giorni per arrivare a questo gigantesco anfiteatro nel mezzo delle montagne. Mezzo secolo fa, a lui e al resto della spedizione fu necessario un mese. Ma l'emozione di ieri è stata più intensa. "Volevo rivederlo per l'ultima volta" ha sussurrato Lino Lacedelli con il fiato corto. Alle 5.30 del pomeriggio, con la luce ambrata del tramonto, eccolo lì il K2, enorme, imponente, è stato definito "la montagna più perfetta della terra". Come gli inglesi chiamavano il Cervino nell'Ottocento. Se sarà davvero l'ultima volta non sappiamo. Ha 79 anni, ma cammina ancora spedito. Qui agli oltre 4.500 metri del plateau del Concordia ci sono ventenni che girano i tacchi e tornano rapidamente a valle. Lacedelli no. È l'unico dei 18 componenti della storica spedizione di Ardito Desio che ha deciso di tornare al K2 per celebrare il cinquantenario. Lui e Achille Compagnoni arrivarono in cima. Da allora Lacedelli il K2 l'aveva visto solo in foto. Tra al massimo tre giorni avrà superato i circa cinque chilometri di morena seraccata che ancora lo dividono dal campo base. Ma il vero incontro con le avventure di 50 anni fa è qui al Concordia. Venne immortalato nel 1909 da una serie di fotografie scattate da Vittorio Sella, che hanno fatto sognare generazioni di alpinisti. Ieri sera il tempo era perfetto, neppure uno sbuffo di vento sulle creste alte. Le prime stelle hanno illuminato lo sperone del Duca degli Abruzzi quasi a salutare i campioni di allora. E dal ghiacciaio la prospettiva era fatata, da cartolina d'altri tempi. Lacedelli ha guardato le linee della sua montagna, ha cercato di riconoscere i luoghi dei campi alti, quelli delle zone ripide dello sperone, poi il settimo e ottavo campo sulla spalla a oltre 7 mila metri. E infine il nono campo, a circa 8.100 metri, sotto la grande seraccata che sbarra l'accesso alla vetta. L'ultimo, dove lui e Compagnoni trascorsero la vigilia del grande balzo alla cima il 31 luglio 1954. Ha sorriso, le lenti spesse degli occhiali da sole non hanno rivelato se ci fosse qualche lacrima. Ma c'è stato poco tempo per il raccoglimento. Decine di portatori lo hanno accerchiato. "Bentornato al vincitore del K2" gridavano, battendo le mani in segno di gioia. Lui si è lasciato scappare una frase tipica dell'alpinista: "C'è tanta neve in quota, ma la montagna è la stessa". Quasi potesse esserci anche Lacedelli con le spedizioni che in questi giorni stanno tentando la vetta. I "suoi" Scoiattoli di Cortina sono saliti al campo 3, gli spiegano, se il tempo tiene entro una settimana potrebbero essere già sulla via del ritorno. Poi si è chiuso con la dottoressa che lo ha seguito per il tutto il tragitto in un'enorme tenda refettorio, organizzata dalla spedizione degli Scoiattoli per il controllo medico. La figlia Alberta ha vegliato che nessuno disturbasse. "Per aiutarlo gli abbiamo dato un po' d'ossigeno. Era stato male di stomaco più in basso, forse il caldo, nelle prime tappe. Meglio evitare che si indebolisca troppo" spiegano. Perché lui al campo base ci vuole andare. Nello zaino porta dall'Italia una targa in onore di Mario Puchoz, il compagno deceduto per edema polmonare nelle prime fasi della spedizione e il cui corpo è seppellito alle pendici del monte. Con l'arrivo del buio ci si chiude nelle tende. Da una parte i canti in urdu dei portatori. Dall'altra il continuo echeggiare di discorsi in italiano. Perché quest'anno il K2 è davvero la montagna degli italiani. Al posto di controllo militare, prima di iniziare il trekking al villaggio di Askole, sui 235 nomi di stranieri registrati dai primi di giugno a oggi oltre 90 erano italiani. "E il numero è destinato a crescere. Il Cai ha organizzato viaggi per oltre 500 persone al campo base del K2 entro settembre" dice l'ufficiale di collegamento pakistano. Tra le tende del Concordia è accampato anche un gruppo di ricercatori legati a un progetto organizzato dall'Università Statale di Milano. Fa gli onori di casa il dipartimento Scienze della terra, che fu fondato proprio da Ardito Desio. Per circa venti giorni hanno studiato l'andamento dei ghiacci e sono pronti a tirare una prima conclusione. "Lo stato di salute del ghiacciaio del Baltoro è buono. Non abbiamo notato i ritiri o gli abbassamenti che si sono verificati invece sulle Alpi e tante altre zone ghiacciate del Globo a causa dell'effetto serra. Lo strato dei ghiacci è un poco diminuito rispetto a cinquant'anni fa, ma il loro fronte è persino avanzato" sostengono. Nei prossimi giorni un gruppo di ricercatori del Cnr si occuperà invece di riverificare le altezze del gruppo del K2. In un'altra tenda alcuni Scoiattoli al seguito di Lacedelli accedono alla "polemica infinita" che ha accompagnato la narrazione della prima al K2. Ha ragione Walter Bonatti nell'accusare i due primi salitori di avere abbandonato lui e il portatore Mahdi a un bivacco all'addiaccio a 8 mila metri, di aver mentito su diversi particolari importantissimi della loro impresa, oppure Lacedelli e Compagnoni sono stati corretti? "Lacedelli ha appena scritto un libro che uscirà nei prossimi giorni, vediamo se cercherà di fare la pace con Bonatti" dice uno. "Impossibile. Bonatti è comunque troppo incattivito. Neppure la morte di Desio pochi anni fa lo ha spinto a cercare il dialogo con i vecchi compagni" risponde un altro. In un campo intermedio, un migliaio di metri più a valle, tre sere fa un anziano accademico del Cai, Pino Albani, difendeva invece a spada tratta le tesi di Bonatti. Le celebrazioni del 50° vedono inevitabilmente risorgere quella polemica.

Lorenzo Cremonesi

Lorenzo Cremonesi (Milano, 1957), giornalista, segue dagli anni settanta le vicende mediorientali. Dal 1984 collaboratore e corrispondente da Gerusalemme del “Corriere della Sera”, a partire dal 1991 ha avuto modo …