Boris Biancheri: La Consulta: è da rivedere la legge sull’immigrazione

19 Luglio 2004
Sulla sentenza della Corte Costituzionale secondo cui importanti aspetti della legge Bossi-Fini sull’immigrazione, e in particolare gli atti amministrativi di espulsione, sono contrari alla nostra Costituzione, scorrono fiumi di inchiostro e le forze politiche ne approfittano per scambiarsi prevedibili ingiurie. L’accusa va, come è facile immaginare, al governo, che si dimostra incapace di varare una legge che garantisca la sicurezza e rientri nei dettami costituzionali. Non vi è dubbio che la sentenza pone al governo dei problemi seri. È tra l’altro probabile che l’immigrazione clandestina approfitti del momento favorevole per intensificare gli arrivi, anche se si dice che il ministro dell’Interno avrebbe pronto un decreto per tamponare le falle più gravi che la delibera della Corte ha aperto. Varie leggi sull’immigrazione si sono avvicendate negli ultimi anni. Dalla legge Martelli alla legge Turco-Napolitano fino all’attuale Bossi-Fini. Tutte sono state ispirate a un doppio principio: da un lato, regolare i flussi immigratori sulla base delle capacità di accoglienza del nostro Paese, consentendo di respingere chi giunga in Italia violando la legge; dall’altro regolarizzare la situazione di coloro che già si trovano in Italia, non abbiano commesso reati e vi svolgano un reale lavoro. Più o meno, seppure con diverso grado di discrezionalità concesso all’autorità amministrativa, le tre leggi si proponevano di raggiungere questo risultato. Ora è accaduto ogni volta che, mentre le sanatorie agli stranieri entrati irregolarmente sono state puntualmente applicate (dell’ultima hanno beneficiato settecentomila immigrati), la regolamentazione degli afflussi, per un motivo o per l’altro, non si riesce a raggiungere. Un obiettivo, quello della clemenza, viene realizzato, l’altro, quello dell’osservanza della legge nazionale, non si realizza. Ed è chiaro che se non si potrà d’ora innanzi procedere all’arresto dello straniero che non abbia ottemperato all’ordine del questore di lasciare il Paese entro cinque giorni perché il giudice chiamato a convalidare questo provvedimento dovrà comunque metterlo in libertà, qualsiasi regolamentazione diventerà impossibile nei fatti anche se teoricamente resterà l’obiettivo che la legge si prefigge. Dice l’articolo 13 della Costituzione che i provvedimenti che incidono sulla libertà personale possono essere adottati in via amministrativa "solo in casi eccezionali di necessità e urgenza". In queste parole si riflette con chiarezza uno degli aspetti del divario che esiste tra le nuove esigenze della società contemporanea e le forme giuridiche, politiche ed economiche che ne disciplinano la vita. Cosa è oggi "necessario e urgente"? Non è forse la sicurezza collettiva una esigenza paragonabile a quella della tutela dell’individuo? Non sono questi interrogativi cui si possa rispondere facilmente. Si può solo constatare che il mondo corre, ha problemi nuovi, affronta sfide nuove, impensabili ancora pochi anni fa, mentre le istituzioni, i governi, le burocrazie, i soggetti della società civile non riescono a stargli appresso. La sentenza della Corte, rilevando che una legge che tutti ritengono necessaria "non trova nessuna copertura costituzionale", non potrebbe dirlo più chiaramente di così.

Boris Biancheri

Boris Biancheri (1930-2011) è nato in Italia da padre ligure e da madre di origine russa. Ha girato il mondo e ha trascorso parte della vita in Grecia, Francia, Giappone, …