Scompare a 93 anni, Czeslaw Milosz, poeta e premio Nobel polacco
19 Agosto 2004
È morto il 14 agosto 2004 a Cracovia il poeta Czeslaw Milosz, premio Nobel nel 1980. Aveva 93 anni. Quando l' Europa era divisa in due, prima ancora che il «muro di Berlino» ne materializzasse la spartizione e a spaccarla era la contrapposizione postbellica fra le democrazie liberali e il totalitarismo comunista, un poeta e letterato come il polacco Czeslaw Milosz (1911-2004) era ascritto a quella sorta di Europa di secondo grado che si era soliti chiamare «orientale». Era l' Europa sovietica ovvero sovietizzata, le cui antiche tradizione nazionali di libera cultura erano inadeguatamente conosciute, soffocate nella nuova comunità coatta dominata dal centro moscovita. Che cosa fosse questo dominio, al di là della sua tracotanza fondata sulla violenza repressiva, furono proprio gli europei «orientali» a illustrarlo con coraggiosa chiarezza, sulla base della loro esperienza individuale e collettiva, e tra i primi, con una forza analitica insuperabile, Milosz in un libro ancora oggi fondamentale dal titolo emblematico La mente prigioniera. In esso si spiegava il processo che può portare uno spirito libero a piegarsi non tanto alla violenza fisica di un potere assoluto, quanto alla pressione mentale di una ideologia che si pretende assoluta quanto il potere di cui è l' espressione e lo strumento: l' ideologia rivoluzionaria «marxista leninista» come essa si chiamava. Il paradosso, in cui si compendia la storia del dopoguerra, è che Milosz, con quel libro, europeo «orientale», secondo la classificazione sopraddetta, si dimostrava più europeo, nel senso della consapevolezza e probità intellettuale, di tanta parte della intellighenzia occidentale, parigina e romana, allora sorda a una voce libera, come ad altre di minore intensità ma non di minore autenticità, che si levavano dalla parte orientale e centrale del Vecchio Continente. Milosz, come saggista e come poeta, non solo risultava così primo cittadino di un' Europa allora, e in parte ancora oggi, di là da venire, ma dimostrava anche di possedere due qualità culturali che ancora oggi spesso sono carenti nella cultura europea occidentale. Imbevuto di spirito europeo, Milosz per immediata esperienza e conoscenza padroneggiava anche la cultura dell' estremo lembo d' Europa, quella russa. Nei suoi saggi, e di riflesso nella sua stessa poesia, i grandi della letteratura e del pensiero russo, da Dostoevskij e Shestov a Pasternak, sono presenti come essenziali punti di riferimento, visti in una luce critica che ne rinnova e ne approfondisce il significato. La Russia per lui, al di là delle vecchie diatribe su una sua o meno compiuta «europeità», è parte essenziale della storia spirituale europea, delle sue ricerche creative talora catastrofiche, e non un' appendice estrinseca rispetto a una comunità di destini della quale il cristianesimo nelle sue tre confessioni principali (cattolica, protestante, ortodossa) è stato, e tuttora rimane, anche se in modo affievolito, una fonte essenziale di vita e di ispirazione. Accanto alla Russia, l' America che Milosz apprezzava come seconda patria, come terra che diede asilo a lui e a tanti altri esuli dei due totalitarismi europei, nazista e comunista. Un europeo integrale come Milosz non poteva non allargare il suo orizzonte spirituale a quel prolungamento originale e peculiare che l' Europa ha trovato oltreoceano: restando europeo, come altrimenti non poteva essere, Milosz seppe aprirsi a una realtà che per lui non era soltanto una terra di accoglienza ma un mondo di nuova esperienza e di arricchimento interiore. La poesia di Milosz, frutto squisito in cui emozione e ragione collaborano a dar vita alla limpida visione di una moderna esperienza vissuta personale e storica, è, assieme ai suoi saggi aperti alla realtà culturale e a una sorta di sovrarealtà visionaria, una delle più autentiche e sofferte del Novecento, un secolo lungo e arduo che questo letterato «orientale» percorse con ardita indipendenza, meritando come pochi il titolo di poeta europeo senza altre specificazioni e di saggista occidentale, intendendo questa parola non nel senso di uno spazio ma in quello di una civiltà. Milosz appartiene a una categoria eterna, se si vuole, ma tremendamente attuale per il ventesimo secolo che ha sradicato dal loro suolo non solo interi popoli ma anche singole personalità e, in particolare, grandi poeti: la categoria dell' esiliato dalla propria terra e da un intero continente. Non è un caso che laureati del premio Nobel siano stati Milosz e Brodskij né si possono dimenticare Aleksandr Solzenicyn e quell' esiliato in patria che è stato Boris Pasternak. Di questo amaro destino Milosz è stato consapevole tanto che nel suo discorso per l' assegnazione del Nobel ha detto: «Un santo patrono di tutti i poeti in esilio, che visita le loro città e province solo nel ricordo, è sempre Dante. Ma come è aumentato il numero di Firenze!» Quanto a Iosif Brodskij queste sue parole su un suo compagno di sorte e sulla qualità della sua poesia possono concludere questo ricordo di Milosz: «La poesia di Czelaw Milosz non risponde alla domanda "come vivere", ma a quella "per cosa vivere"».
Czeslaw Milosz
Czesław Miłosz (1911-2004), poeta lituano di lingua polacca, ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1980. Sue opere tradotte in italiano: La mente prigioniera (Adelphi, 1981), Poesie (Adelphi, …