Marina Forti: Iraq, le Ong decidono: resteremo
09 Settembre 2004
Una dichiarazione incauta, e un titolo che ha fatto il giro delle grandi agenzie di stampa: "le organizzazioni umanitarie internazionali stanno decidendo di lasciare l'Iraq". Dopo il rapimento di quattro operatori umanitari - due italiane e due iracheni che lavorano per organizzazioni italiane, una donna e un uomo - le organizzazioni non governative si sentono prese di mira. E ieri a Baghdad Jean-Dominique Bunel, portavoce del coordinamento delle Organizzazioni non governative internazionali, ha dichiarato: "Mi aspetto che la gran parte decideranno di ritirarsi". La notizia dunque ha fatto il giro del mondo, le Ong se ne vanno. Solo che non è esatta. "Non c'è una decisione comune delle ong di ritirarsi, casomai questa è una decisione che ciascuna organizzazione prende per sé. E noi non abbiamo affatto deciso di ritirarci", osserva a Roma Nino Sergi, presidente di ‟Intersos” (l'organizzazione per cui lavora Mahnaz Bassan, rapita insieme a Simona Pari e Simona Torretta e a Ra'ad Ali Abdul). Già, in effetti nessuna Ong, italiana o (per quanto ne sappiamo) straniera ha deciso di fare i bagagli e lasciare l'Iraq. Certo: tutti stanno cercando di valutare la situazione, riconsiderare le misure di sicurezza. Il raid nella "casa degli italiani" a Baghdad è un gesto che mira a far scappare gli operatori umanitari stranieri, commenta Janina Niemietz, rappresentante del gruppo tedesco ‟Aktion Deutschland Hilft”, parlando da Francoforte all'agenzia ‟Reuter”: "È stato un rapimento deliberato. È una nuova fase della radicalizzazione del terrore e del livello di minaccia per gli operatori internazionali".
È un rapimento "diverso", non c'è dubbio. Non sulla strada aperta ma un raid nella palazzina delle Ong italiane. "I rapitori avevano belle uniformi, armi nuove, anche quei piccoli manganelli che danno scariche elettriche. Tutto è durato cinque minuti, un'operazione molto professionale. certo che è stata un'operazione mirata", commenta Nino Sergi ("invece non sono affatto convinto che il missile arrivato sul muro di cinta il 2 settembre fosse un avvertimento. Cadono tanti razzi a Baghdad"). "E poi, prendere tre donne: anche questa è una novità. Inoltre, come già con Baldoni, prendono di mira persone e organizzazioni che si erano opposte alla guerra. Certo che significa qualcosa. Ma è meglio aspettare e valutare bene le cose, prima di trarre conclusioni oltre a quella ovvia, che il terrorismo non fa distinzioni". Anche perché per ora non è chiaro chi siano i rapitori, né quali siano i loro riferimenti: "Possiamo solo cercare la mobilitazione più ampia possibile, dai sindacati alle comunità musulmane, perché cerchino interlocuzioni con le organizzazioni loro corrispondenti nei paesi arabi e in Iraq in particolare". Ed è quello che ‟Intersos” e ‟Un ponte per...” stanno facendo.
Valutare con attenzione i fatti, rivedere la sicurezza è un conto. "Ritirarsi" è altra cosa. "Qualcuno forse deciderà di spostare temporaneamente il personale straniero, come succede a volte nei momenti più caldi, per rimandarlo a Baghdad appena la situazione lo consente", dice Sergi (‟Intersos” in questo momento non ha personale italiano a Baghdad ma per un puro caso: il responsabile del loro ufficio era partito quattro giorni fa per una pausa di due settimane, lasciando l'ufficio in mano a capacissime persone irachene - tra cui Mahnaz). Fa un esempio, Nino Sergi: "Da qualche tempo avevamo spostato gli operatori italiani da Bassora, era troppo pericoloso. Non avevamo interrotto il lavoro, solo abbiamo preferito farli lavorare da Kuweit City, un'ora e mezza di macchina. Ma ora stiamo valutando di rimandarli: il ritorno dell'ayatollah Ali al Sistani ha pacificato la situazione, a Bassora c'è stata addirittura una festa. I nostri torneranno là a giorni".
È un rapimento "diverso", non c'è dubbio. Non sulla strada aperta ma un raid nella palazzina delle Ong italiane. "I rapitori avevano belle uniformi, armi nuove, anche quei piccoli manganelli che danno scariche elettriche. Tutto è durato cinque minuti, un'operazione molto professionale. certo che è stata un'operazione mirata", commenta Nino Sergi ("invece non sono affatto convinto che il missile arrivato sul muro di cinta il 2 settembre fosse un avvertimento. Cadono tanti razzi a Baghdad"). "E poi, prendere tre donne: anche questa è una novità. Inoltre, come già con Baldoni, prendono di mira persone e organizzazioni che si erano opposte alla guerra. Certo che significa qualcosa. Ma è meglio aspettare e valutare bene le cose, prima di trarre conclusioni oltre a quella ovvia, che il terrorismo non fa distinzioni". Anche perché per ora non è chiaro chi siano i rapitori, né quali siano i loro riferimenti: "Possiamo solo cercare la mobilitazione più ampia possibile, dai sindacati alle comunità musulmane, perché cerchino interlocuzioni con le organizzazioni loro corrispondenti nei paesi arabi e in Iraq in particolare". Ed è quello che ‟Intersos” e ‟Un ponte per...” stanno facendo.
Valutare con attenzione i fatti, rivedere la sicurezza è un conto. "Ritirarsi" è altra cosa. "Qualcuno forse deciderà di spostare temporaneamente il personale straniero, come succede a volte nei momenti più caldi, per rimandarlo a Baghdad appena la situazione lo consente", dice Sergi (‟Intersos” in questo momento non ha personale italiano a Baghdad ma per un puro caso: il responsabile del loro ufficio era partito quattro giorni fa per una pausa di due settimane, lasciando l'ufficio in mano a capacissime persone irachene - tra cui Mahnaz). Fa un esempio, Nino Sergi: "Da qualche tempo avevamo spostato gli operatori italiani da Bassora, era troppo pericoloso. Non avevamo interrotto il lavoro, solo abbiamo preferito farli lavorare da Kuweit City, un'ora e mezza di macchina. Ma ora stiamo valutando di rimandarli: il ritorno dell'ayatollah Ali al Sistani ha pacificato la situazione, a Bassora c'è stata addirittura una festa. I nostri torneranno là a giorni".
Marina Forti
Marina Forti è inviata del quotidiano "il manifesto". Ha viaggiato a lungo in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico. Dal 1994 cura la rubrica "TerraTerra" che riporta storie quotidiane in …