Giorgio Bocca: Si può credere ancora nell'utopia pacifista
17 Settembre 2004
Il ‟Corriere della Sera”, che passa per moderato, sceglie la politica americana come il male minore contro il terrorismo. Cioè la politica che ha fatto esplodere il terrorismo nel mondo intero.
Impossibile contraddire i fatti. L'occupazione dell'Iraq è clamorosamente fallita, la maggior parte del territorio è nelle mani della ribellione, dell'indipendenza, della resistenza, chiamatela un po' come volete, il terrorismo prima inesistente divampa. Stare ancora dalla parte dell'occupazione è una scelta che non è una scelta, ma un cedimento alla paura: se la veda Bush che è stupido, ma ha tante portaerei.
Finora l'Occidente che sta con Bush le ha sbagliate tutte. È andato a occupare, irragionevolmente, i due più ostici Stati islamici della terra, l'Iraq e l'Afghanistan, con risultati pessimi: nell'Afghanistan la ribellione controlla la società civile e ha riaffidato censure e poteri ai talebani superstiti cioè la maggioranza. Un capo del governo fantoccio di nome Karzai esibisce bellissimi abiti tradizionali, ma non si azzarda a uscire da Kabul. L'occupazione dell'Afghanistan è necessaria per la guerra al terrorismo? Sarebbe meglio tacerlo visto che il capo supremo, il simbolo del terrorismo, Osama Bin Laden, sta proprio lì, nel Waziristan, a pochi chilometri da Kabul nel luogo che evidentemente ritiene il più sicuro, protetto da alcune tribù di montanari che la più potente nazione del mondo non riesce a vincere e a convincere.
Nell'Iraq è anche peggio. Gli occupanti americani hanno pensato di uscire dalla trappola in cui si sono cacciati con un escamotage: far finta di aver passato la mano al governo fantoccio di Allawi. Ne è risultata una situazione tragicomica con generali americani che non sanno dove sbattere la testa fra disimpegni remissivi e colpi di coda feroci affidati all'aviazione che colpisce alla cieca. Un paese a pezzi affidato a dei pazzi.
La guerra alle città sacre occupate dai ribelli di Al Sadr è una vicenda manicomiale, un copione da film Hollywoodiano senza capo né coda. I ribelli stanno in un santuario dalla cupola d'oro che gli americani non possono bombardare. Finalmente uno dei loro santoni riesce a sloggiarli e gli americani li lasciano andare, anzi li scortano verso una nuova roccaforte.
Che senso ha questa manfrina? Uno solo: che l'unica cosa da fare è andarsene. Intanto nel Caucaso il terrorismo o indipendentismo o resistenza cecena, chiamatela come volete, compie la sua strage di innocenti che indigna il mondo intero.
Ma che facciamo? Stiamo con Putin che governa il Caucaso come il più feroce degli zar, ha fatto uccidere decine di migliaia di ceceni, si prepara a un genocidio? Scegliamo la manifestazione commovente, le candeline accese nella notte.
In realtà la scelta possibile è un'altra: smettere di affidare la gestione del mondo alla forza, alle guerre che si riproducono inevitabilmente come è accaduto nei millenni in Europa prima della Seconda guerra mondiale, ma che sono quasi inconcepibili in quella comunitaria che alle guerre ha deciso di rinunciare. Oppure continuare con le guerre infinite teorizzate dal Pentagono e da fanatici come Richard Perle, consigliere di Bush e sostenitore del massacro continuo?
Noi siamo per la scelta opposta, utopica, impossibile, puerile, ipocrita, tutto quel che volete, del pacifismo, ma che è l'unica che possa chiudere una buona volta la spirale del terrore, la vendita della paura, l'eterna ipocrisia dei buoni affari gabellati per patriottismo e libertà.
Certo, essere pacifisti in un mondo dove degli esseri umani, nati come patrioti e diventati dei mostri, uccidono centinaia di bambini innocenti, non è facile: si è immediatamente invischiati in tutte le false analogie, in tutti gli inganni della retorica. Ma, come Giuliano Amato, si può provare a distinguere, si può credere nelle utopie che diventano realtà.
Impossibile contraddire i fatti. L'occupazione dell'Iraq è clamorosamente fallita, la maggior parte del territorio è nelle mani della ribellione, dell'indipendenza, della resistenza, chiamatela un po' come volete, il terrorismo prima inesistente divampa. Stare ancora dalla parte dell'occupazione è una scelta che non è una scelta, ma un cedimento alla paura: se la veda Bush che è stupido, ma ha tante portaerei.
Finora l'Occidente che sta con Bush le ha sbagliate tutte. È andato a occupare, irragionevolmente, i due più ostici Stati islamici della terra, l'Iraq e l'Afghanistan, con risultati pessimi: nell'Afghanistan la ribellione controlla la società civile e ha riaffidato censure e poteri ai talebani superstiti cioè la maggioranza. Un capo del governo fantoccio di nome Karzai esibisce bellissimi abiti tradizionali, ma non si azzarda a uscire da Kabul. L'occupazione dell'Afghanistan è necessaria per la guerra al terrorismo? Sarebbe meglio tacerlo visto che il capo supremo, il simbolo del terrorismo, Osama Bin Laden, sta proprio lì, nel Waziristan, a pochi chilometri da Kabul nel luogo che evidentemente ritiene il più sicuro, protetto da alcune tribù di montanari che la più potente nazione del mondo non riesce a vincere e a convincere.
Nell'Iraq è anche peggio. Gli occupanti americani hanno pensato di uscire dalla trappola in cui si sono cacciati con un escamotage: far finta di aver passato la mano al governo fantoccio di Allawi. Ne è risultata una situazione tragicomica con generali americani che non sanno dove sbattere la testa fra disimpegni remissivi e colpi di coda feroci affidati all'aviazione che colpisce alla cieca. Un paese a pezzi affidato a dei pazzi.
La guerra alle città sacre occupate dai ribelli di Al Sadr è una vicenda manicomiale, un copione da film Hollywoodiano senza capo né coda. I ribelli stanno in un santuario dalla cupola d'oro che gli americani non possono bombardare. Finalmente uno dei loro santoni riesce a sloggiarli e gli americani li lasciano andare, anzi li scortano verso una nuova roccaforte.
Che senso ha questa manfrina? Uno solo: che l'unica cosa da fare è andarsene. Intanto nel Caucaso il terrorismo o indipendentismo o resistenza cecena, chiamatela come volete, compie la sua strage di innocenti che indigna il mondo intero.
Ma che facciamo? Stiamo con Putin che governa il Caucaso come il più feroce degli zar, ha fatto uccidere decine di migliaia di ceceni, si prepara a un genocidio? Scegliamo la manifestazione commovente, le candeline accese nella notte.
In realtà la scelta possibile è un'altra: smettere di affidare la gestione del mondo alla forza, alle guerre che si riproducono inevitabilmente come è accaduto nei millenni in Europa prima della Seconda guerra mondiale, ma che sono quasi inconcepibili in quella comunitaria che alle guerre ha deciso di rinunciare. Oppure continuare con le guerre infinite teorizzate dal Pentagono e da fanatici come Richard Perle, consigliere di Bush e sostenitore del massacro continuo?
Noi siamo per la scelta opposta, utopica, impossibile, puerile, ipocrita, tutto quel che volete, del pacifismo, ma che è l'unica che possa chiudere una buona volta la spirale del terrore, la vendita della paura, l'eterna ipocrisia dei buoni affari gabellati per patriottismo e libertà.
Certo, essere pacifisti in un mondo dove degli esseri umani, nati come patrioti e diventati dei mostri, uccidono centinaia di bambini innocenti, non è facile: si è immediatamente invischiati in tutte le false analogie, in tutti gli inganni della retorica. Ma, come Giuliano Amato, si può provare a distinguere, si può credere nelle utopie che diventano realtà.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …