Paolo Di Stefano: Festivalfilosofia. Migliaia in piazza. "Anche se non capisco tutto"

23 Settembre 2004
Forse il senso del Festival di Filosofia, la cui quarta edizione si chiude oggi, si potrebbe riassumere con le frasi di Carlotta, 25 anni, impiegata nel settore del giardinaggio, che ha appena finito di ascoltare in Piazza Grande l'antropologo francese Marc Augé: "Vengo qui, mi prendo quello che mi serve e me ne vado. Non ho voglia di rimettermi a studiare, semplicemente utilizzo la cultura degli altri". Forse le riflessioni della "pensatrice" Carlotta valgono anche per gli altri Festival che inondano l'Italia. Ne arriveranno ancora molti. Manca, per esempio, un Festival della Storia e forse l'avremo presto. Qualcuno suggeriva di colmare con i festival le lacune di tutte le materie scolastiche: un festival della matematica, un festival della geografia, un festival del latino. Un festival dell'educazione fisica no, ce ne sono già tanti. Ma non è un'idea da scartare a priori. Se Carlotta ha ragione, tra qualche anno potremo risparmiarci di andare a scuola. Finite le vacanze, partiremo da Mantova per la letteratura, poi una puntatina a Modena, poi a Bologna, magari anche al Sud: Orvieto, Siracusa, Lecce, Urbino. Si impara quel che si desidera e in più ci si diverte. Con vantaggi per il turismo e il commercio. Provate a parlare con i tassisti di Modena in questi giorni: entusiasti. "Un festival così? Troppo breve, lo vorremmo per tutto l'anno". "Leggere non leggo quasi niente, ma penso molto", dice Carlotta, "e gli incontri con i filosofi mi aiutano ad allargare gli orizzonti, danno spunti che poi utilizzo nella vita per conto mio". Non tutti sono Carlotta, ovviamente. Ci sono gli anziani in bicicletta che si fermano (venerdì) per un'ora e mezza a sentire la "lectio magistralis" di Massimo Cacciari sul "Sistema mondo": "Il mondo può concepirsi solo come pluriverso sistemico...". E alla fine, dopo l'applauso interminabile dei cinquemila astanti, parlano più o meno come il settantenne Alfio, una vita dedicata all'analisi di impresa: "Non ho capito quasi niente, son di quelle lezioni che bisogna rifletterci su". O come Marco, ex assistente capo della polizia stradale, che ammette: "È piacevole da sentire, ma bisogna essere un po' ferrati". In effetti, Cacciari non ha fatto molte concessioni al pubblico. Ha parlato come parlerebbe in un'aula universitaria. Ma un po' tutti. Il filosofo "forte" Ermanno Bencivenga ha parlato di "catena lineare", di "conseguenze epistemologiche" e di "idealismo neoplatonico quantistico e caotico". Ed è vero che qualcuno dal pubblico si è alzato a chiedergli se per caso "le sue posizioni sulla teoria quantistica e sulla teoria del caso non sono il colmo della hybris". Ma Alfio? Alfio era lì che ascoltava, sotto i portici. "Cacciari non si capisce tutto ma è un idolo", dice il bancario modenese Giampiero, seduto sulla sua vecchia Bianchi. "Augé? Beh, non potevo mancarlo", dice Elena, venuta apposta da Bari con amici. Daniela, 24 anni di Bergamo, appena finito l'applauso corale di Piazza Grande a Augé, si alza entusiasta: "Mi ha fatto molto piacere vederlo, anche se più o meno sapevo già quello che voleva dire". Era piena la Chiesa San Carlo per ascoltare Daniele Del Giudice su "La città e il suo doppio". Erano in tre-quattromila alla lezione di Augé. E anche, venerdì, per Bodei. E anche, in mattinata, per Natoli. Chi mangiava una pizza al Caffè Concerto, chi beveva una coca, chi si concedeva di chiacchierare con gli amici seduto sul motorino mentre tendeva un orecchio al palco. Per lo più invece prendevano appunti e ascoltavano attentamente. Tra questi, la pensatrice Carlotta.

Paolo Di Stefano

Paolo Di Stefano, nato ad Avola (Siracusa) nel 1956, giornalista e scrittore, già responsabile della pagina culturale del “Corriere della Sera”, dove attualmente è inviato speciale, ha lavorato anche per …