Massimo Mucchetti: Enel, quando il governo coltiva l'ex monopolista

07 Ottobre 2004
La centrale Enel più redditizia è l'impianto calabrese del Mercure che brucia trucioli delle foreste amazzoniche. L'energia generata da queste biomasse viene venduta a un prezzo speciale dettato dalla legge: tanto speciale da coprire perfino i noli dal Brasile. Lo ha rivelato il parlamentare Bruno Tabacci all'assemblea degli industriali elettrici per dire che le regalie del Cip6 non devono rifiorire sotto altre spoglie. Ma Tabacci è realista quando dichiara il decesso della vecchia politica energetica dove il profitto, e talvolta la rendita, dei produttori, pubblici e privati, viene prima dell'interesse dei consumatori ad avere elettricità a basso prezzo? L'Autorità per l'Energia suggerisce la vendita a terzi di altre centrali Enel per accrescere la concorrenza. In questo modo, si potrebbe ridimensionare l'ex monopolista che alla Borsa elettrica fa il prezzo ovunque, tranne che in Sardegna. Un predominio che lo aiuta a conservare i margini del passato, quando l'aumento del prezzo del petrolio generava guadagni aggiuntivi (oltre 400 milioni nel 2003) grazie al fatto che da anni l'Enel usa meno olio combustibile rispetto a quanto previsto in tariffa. Un Enel dimagrito, invece, potrebbe costruire nuovi impianti per riconquistare le posizioni e creare così quella sovrapproduzione che fa scendere i prezzi. L'Enel è contrario: la sovraccapacità arriva nel 2010 e già oggi nessuno investirebbe in nuove centrali. Il governo tace, pago che ogni ricavo non ricorrente dell'Enel sia girato ai soci e non reinvestito. L'attenzione reale si concentra dunque sui rapporti istituzionali. Nel 2003, le decisioni del governo e dell'Autorità hanno dato all'Enel un beneficio di 1,3 miliardi, che ha contribuito per il 28% all'utile lordo. Da quest'anno l'Enel risparmia oltre 600 milioni sugli ammortamenti, grazie alla revisione della vita utile dei beni. E ottiene anche il rimborso di quasi 2 miliardi di stranded cost, e cioè di costi non recuperabili per il servizio pubblico reso e per l'uso del gas nigeriano, la metà abbondante dei quali finirà sul bilancio 2004. Anche questi rimborsi, legittimi in punta di diritto quanto negoziabili nella cifra, gravano sul consumatore. Invece di favorire concorrenza e sviluppo, il governo fa finanza. E non senza paradossi. Ora, per esempio, si prepara a vendere il 20% dell'Enel per circa 8 miliardi, con i quali ricomprerà Btp prossimi alla scadenza ed eviterà di emetterne di nuovi per una cifra equivalente. Al tasso medio del 2003, il Tesoro risparmia così interessi per 217 milioni. Ma nel giro di un anno perderà molto di più : 402 milioni di dividendi straordinari derivanti dal collocamento di Terna; 436 milioni di dividendi ordinari e 327 milioni di ulteriori dividendi straordinari sulla nuova tranche di Terna e sulla prima rata degli stranded cost; 160-200 quale impegno per la bonus share. Insomma, con questo collocamento, il Tesoro perde oltre un miliardo di euro. Qualcuno dirà che non è vero perché in un mercato perfetto le quotazioni incorporano i dividendi annunciati. Ma la Borsa è un'altra cosa, l'Enel crede che il titolo regga alla redistribuzione dei profitti e gli analisti già vedono il titolo oltre i 7 euro. L'alternativa consisteva nel cedere il 20% dell'Enel alla Cassa depositi e prestiti, con uguale sollievo per il debito pubblico, ma lo Stato, proprietario del 70% della Cassa, avrebbe conservato gran parte dei dividendi. Il governo potrebbe giustificare il collocamento come primo passo verso una vera privatizzazione dell'Enel. Ma non lo fa. E allora la spiegazione minaccia di essere triste: l'Italia riscuote un credito così basso sui mercati che deve ingraziarseli con generosi omaggi.
Con la consulenza tecnica di Miraquota

Massimo Mucchetti

Massimo Mucchetti (Brescia, 1953) è oggi senatore della Repubblica. Ha lavorato al “Corriere della Sera” dal 2004 al 2013. In precedenza, era stato a “l’Espresso” per diciassette anni. E prima …