Vittorio Zucconi: Presidenziali Usa. Il voto di guerra
Di loro chi si occupa, adesso?
Si arrangiano. Deborah, mia cognata, ha incassato i 12 mila dollari di assicurazione obbligatoria che ogni soldato deve accendere e lavora in un McDonald’s, ma ha un sacco di problemi perché Bush, quello che si commuove davanti alle bare e giura di sostenere i nostri soldati, ha tagliato i benefici per i reduci e le famiglie dei caduti, quell’ipocrita gran figlio di...
Perché suo fratello si era arruolato nell’esercito?
Lui si era arruolato nella Guardia Nazionale della Pennsylvania per pagarsi i debiti fatti per studiare, come fa la maggior parte dei soldati, non crederà mica che vadano a firmare perché vogliono conquistare il mondo. La Guardia Nazionale non è i marines, ci si entra per essere la milizia popolare di ogni stato, quella che viene mobilitata se ci sono disastri, profughi da aiutare, magari sommosse criminali da contenere, non certo per andare a farsi sparare addosso in Iraq, come sa proprio Bush che infatti si era imboscato nella Guardia Nazionale del Texas per evitare il Vietnam.
Però, alla chiamata, suo fratello partì.
Partì credendo di andare a servire per un mese, due al massimo, non sette e non in prima linea. Mia madre, che ha parenti in Canada, lo scongiurò di scappare oltre confine e nascondersi. Mio padre lo andò a salutare brandendo una pistola e gridando dimmi dove vuoi che ti spari, ma non ti faccio partire, Sherwood, perché tu non mi torni più indietro. Ma mio fratello partì perché i suoi compagni partivano e lui era il sergente, mica poteva lasciarli indietro.
I genitori lo costrinsero a portare con sè due regali, no, non i rosari benedetti o i santini di Sant’Agata, ma un Gps, un rilevatore portatile satellitare di posizione e un giubbotto antiproiettile di kevlar, perché non ce n’erano abbastanza anche per quelli della Guardia Nazionale.
"Eccola qui, la presidenza guerriera e gloriosa che va invadere un Paese dove non c’erano armi, che non c’entrava nulla con l’11 settembre, che non aveva legami con Al Qaeda. Si aspetta che siano le madri e i padri a equipaggiare i liberatori del mondo". Via, Raphael, non esagerare adesso. "Legga qui" e mi fa vedere la copia stampata delle e-mail che gli mandava da Bagdad. L’ultima è datata 23 aprile, tre giorni prima che la trappola esplodesse sotto i piedi del sergente Sherwood Zappalà, anni 31. Non so dire se siano autentiche. Lo sembrano, ma è facile manipolare tutto, oggi con i computer ed è difficile credere che un soldato di questa tecnoarmata superpotente che costa 500 miliardi all’anno chieda "caffè, zucchero, biscotti, calze, pomate, guanti di lana". E c’è di peggio. Chiede al fratello "what the fuck are we doing here, Raphie?", che cazzo stiamo a fare qui, in mezzo a gente che ci grida "maledetti mercenari degli ebrei tornate a casa" o vi faremo sanguinare come maiali sgozzati, con le bambine "che sputano per terra quando passiamo". Domanda ansioso se i media raccontino la verità sulla guerra, se la gente cominci a chiedersi che cosa stanno comperando con il sangue dei morti e dei feriti. E poi "baci alla mamma, dille che sto bene, che non ci sono problemi e presto sarò a casa", le solite lettere di qualsiasi soldato, sempre. L’ultimo pacco, con caffè, carta igienica, te, latte condensato, è stato restituito alla famiglia, con diligenza, dall’ufficio postale militare, con il timbro "deceased", deceduto, sull’indirizzo. Tremano molto le mani, al ragazzo di 26 anni che non riesce a perdonare, peggio, non riesce a capire e cerca nella elezione di martedì la propria ragione di esistere. Non mi sembra affatto che Kerry prometta di riportare a casa i "boys", anzi, giura di continuare la guerra. "No, ma Kerry è uno che possiamo mettere sotto pressione e convincerlo a ritirarsi" mi risponde con una frase che farebbe la felicità di Bush se la sentisse, perché è esattamente quello che i repubblicani sostengono e che i democratici, senza ammetterlo, sperano. Un presidente meno cocciuto e di nuovo ragionevole. Ma ragionare con la faccia da sberle che ci guarda dal teleschermo, in questo tardo pomeriggio illividito dall’autunno e dall’acredine della prima elezione di guerra in 30 anni, ragionare con Osama, Raphael Dante Zappalà, si può? "No, ma che cosa gli ha fatto Bush a Osama, il solletico? Ragioniamo, pensiamo a mio fratello che per quattro dollari all’ora di paga faceva da scorta agli impiegati della Halliburton pagati mille dollari al giorno. Sherwood è morto per niente e io devo almeno licenziare quello che l’ha mandato a morire per niente". Il telefono suona ancora. "Sì mamma, sto guardando, lo so è Osama, ma no mamma dai, Bush con lui non c’entra, non esagerare, lo vedo che è ancora vivo e libero, stai calma.... mi scusi, ma sa... ".
E suo padre telefona mai? No, mai. Da quel giorno rifiuta di guardare la televisione perchè ha paura di sentirsi male quando vede la faccia di Bush, come gli altri, se vedessero la faccia di Kerry annunciare la vittoria.
Rivedremo mai le due facce dell’America tornare a sorridersi e a parlarsi?