Giorgio Bocca: Le lanterne magiche del populismo
22 Novembre 2004
È tornato di moda il mussoliniano andare verso il popolo.
Chi nel governo berlusconiano sostiene la detassazione dei poveri e la super tassazione dei ricchi? Il neo fascista Gianfranco Fini. Ma non è una contraddizione in termini, il fascismo non è il cane da guardia della borghesia reazionaria? Sì, ma la faccenda è più complicata comprende anche il populismo, l'andare verso il popolo a parole, a simboli, a richiami per le allodole.
Le iniziative populiste si succedono senza tregua. Ho appreso, come appartenente alla classe medio alta, che il leghista dentista Calderoli propone di far pagare a noi il 3 per cento del nostro reddito come contributo di solidarietà e la mia pensione è stata decurtata per analoghi nobili motivi dell'1 per cento. Berlusconi ha dichiarato che verserà in beneficienza i 700 mila euro che guadagnerà dalla riforma fiscale e da ogni parte si annunciano iniziative di beneficienza. Che accade?
Accade esattamente il contrario: accade che il sistema economico e sociale vincente ha deciso di far crescere in modo stabile l'area della povertà, di farne uno stabile ammortizzatore della sua anarchia.
Il populismo delle classi dirigenti è d'obbligo: se non vai verso il popolo sei perso; la televisione è tutto un imbonimento populistico, si direbbe che il suo unico compito sia distribuire gettoni d'oro alle casalinghe di Voghera che partecipano ai suoi quiz.
Ma le statistiche dicono cose diverse: il numero dei poveri aumenta in tutti i paesi ricchi, il sistema ha ancora e più che mai bisogno di una massa di manovra di disoccupati o sottoccupati. Ha bisogno di loro per i servizi più sgradevoli, per fare il soldato o il mercenario, il netturbino o il pony, il drogato o la comparsa, il carcerato o la guardia carceraria.
Il populismo è di moda nell'Italia di oggi come lo era durante il fascismo e il nazismo o il comunismo. Con la differenza che allora finiva in apocalittiche tragedie, mentre ora campa nella loro attesa rassegnata, fatalistica, allineata.
In questa alienazione la lanterna magica della televisione ha una parte decisiva, il culto che le tributa il ceto politico è totale. Partendo dalla costatazione che è vero solo quello che appare in televisione, la politica, come pensa Berlusconi, consiste nell'averne il suo controllo.
Il fatto che quattro regioni meridionali, il 30 per cento dei cittadini siano in balia delle organizzazioni mafiose, cioè il fatto che in un terzo del paese la democrazia sia un'apparenza senza sostanza, appare normale.
L'informazione che ne dà la lanterna magica è schizofrenica. Ogni giorno con grande abbondanza fa vedere delitti di mafia, morti ammazzati di 'ndrangheta, speculazioni obbrobriose della camorra senza che si fermi un momento a capire, a spiegare, a prendere atto che viviamo in un mondo senza leggi, in una caotica mancanza di Stato.
Un politologo americano ha scritto che la democrazia in America è "la forma di governo più avanzata che si possa comperare". Da noi il berlusconismo deve aver capito che "la nostra è la forma peggiore che si possa comperare".
Il nostro populismo rispecchia i prodotti televisivi di maggior successo, quelli finti o taroccati come usa dire: quelli in cui figli abbandonati dai genitori, mogli ripudiate da mariti egoisti si ritrovano dopo vent'anni, si abbracciano, piangono e commuovono platee immense anche se è tutta una recita di poveri, pagati per l'inganno di altri poveri per mandarli a dormire in pace con la loro povertà.
Si diceva anni fa che l'America era il paese che rispecchiava quello che noi europei saremmo diventati quindici o vent'anni dopo. La televisione ha accorciato i tempi, siamo quasi la stessa cosa. Tutti comperabili dalla politica come affare.
Chi nel governo berlusconiano sostiene la detassazione dei poveri e la super tassazione dei ricchi? Il neo fascista Gianfranco Fini. Ma non è una contraddizione in termini, il fascismo non è il cane da guardia della borghesia reazionaria? Sì, ma la faccenda è più complicata comprende anche il populismo, l'andare verso il popolo a parole, a simboli, a richiami per le allodole.
Le iniziative populiste si succedono senza tregua. Ho appreso, come appartenente alla classe medio alta, che il leghista dentista Calderoli propone di far pagare a noi il 3 per cento del nostro reddito come contributo di solidarietà e la mia pensione è stata decurtata per analoghi nobili motivi dell'1 per cento. Berlusconi ha dichiarato che verserà in beneficienza i 700 mila euro che guadagnerà dalla riforma fiscale e da ogni parte si annunciano iniziative di beneficienza. Che accade?
Accade esattamente il contrario: accade che il sistema economico e sociale vincente ha deciso di far crescere in modo stabile l'area della povertà, di farne uno stabile ammortizzatore della sua anarchia.
Il populismo delle classi dirigenti è d'obbligo: se non vai verso il popolo sei perso; la televisione è tutto un imbonimento populistico, si direbbe che il suo unico compito sia distribuire gettoni d'oro alle casalinghe di Voghera che partecipano ai suoi quiz.
Ma le statistiche dicono cose diverse: il numero dei poveri aumenta in tutti i paesi ricchi, il sistema ha ancora e più che mai bisogno di una massa di manovra di disoccupati o sottoccupati. Ha bisogno di loro per i servizi più sgradevoli, per fare il soldato o il mercenario, il netturbino o il pony, il drogato o la comparsa, il carcerato o la guardia carceraria.
Il populismo è di moda nell'Italia di oggi come lo era durante il fascismo e il nazismo o il comunismo. Con la differenza che allora finiva in apocalittiche tragedie, mentre ora campa nella loro attesa rassegnata, fatalistica, allineata.
In questa alienazione la lanterna magica della televisione ha una parte decisiva, il culto che le tributa il ceto politico è totale. Partendo dalla costatazione che è vero solo quello che appare in televisione, la politica, come pensa Berlusconi, consiste nell'averne il suo controllo.
Il fatto che quattro regioni meridionali, il 30 per cento dei cittadini siano in balia delle organizzazioni mafiose, cioè il fatto che in un terzo del paese la democrazia sia un'apparenza senza sostanza, appare normale.
L'informazione che ne dà la lanterna magica è schizofrenica. Ogni giorno con grande abbondanza fa vedere delitti di mafia, morti ammazzati di 'ndrangheta, speculazioni obbrobriose della camorra senza che si fermi un momento a capire, a spiegare, a prendere atto che viviamo in un mondo senza leggi, in una caotica mancanza di Stato.
Un politologo americano ha scritto che la democrazia in America è "la forma di governo più avanzata che si possa comperare". Da noi il berlusconismo deve aver capito che "la nostra è la forma peggiore che si possa comperare".
Il nostro populismo rispecchia i prodotti televisivi di maggior successo, quelli finti o taroccati come usa dire: quelli in cui figli abbandonati dai genitori, mogli ripudiate da mariti egoisti si ritrovano dopo vent'anni, si abbracciano, piangono e commuovono platee immense anche se è tutta una recita di poveri, pagati per l'inganno di altri poveri per mandarli a dormire in pace con la loro povertà.
Si diceva anni fa che l'America era il paese che rispecchiava quello che noi europei saremmo diventati quindici o vent'anni dopo. La televisione ha accorciato i tempi, siamo quasi la stessa cosa. Tutti comperabili dalla politica come affare.
Giorgio Bocca
Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …