Corrado Ruggeri: Quando il turismo è solidale

29 Dicembre 2004
Il domani sarà molto diverso. Chi ha avuto la fortuna di tornare dall’inferno d’acqua del Sud-est asiatico ritrova i propri cari, la casa, il lavoro. Chi continuerà a vivere lungo la frontiera devastata dallo tsunami - e già per questo dovrà ringraziare il proprio dio - si ritroverà senza casa, probabilmente senza lavoro e quasi certamente senza qualcuno dei suoi cari. Chi è tornato dimenticherà, forse perfino più in fretta di quanto avrebbe conservato il ricordo di una vacanza normale su un’isola delle Maldive, sulla splendida costa dello Sri Lanka, in quei pochi metri di terra che facevano di Phi Phi un irripetibile gioco della natura. Chi abita nell’Asia del disastro, non avrà modo di dimenticare. L’industria del turismo aveva trasformato quei posti in supermercati del divertimento, offrendo tutto l’immaginabile, qualche volta anche di più, mancando di rispetto alla natura. Ma questa volta l’opera dell’uomo, sia pure spesso offensiva nei confronti dell’ambiente, non c’entra davvero con il terremoto e il maremoto. La natura ha i suoi cicli e i suoi assestamenti: così doveva essere, così è stato. Ora si tratta di guardare a domani. Il turismo è uno strumento di pace, avvicina popoli lontani che possono conoscersi e provare a capirsi, consente di imparare da culture diverse, insegna la tolleranza, permette ad economie arretrate di creare lavoro e migliorare la qualità della vita. Fa anche male, a volte, ma questo è un altro discorso. Oggi l’impegno è ricostruire una speranza. Per noi che fuggiamo da una civiltà in perenne corsa, verso il successo e il denaro, quei posti sono la parentesi di pace per una o due settimane, sono una spiaggia dove non si fanno affari, anche se, purtroppo, da qualche tempo ovunque funzionano i cellulari. Per loro, che lì ci ospitano, i turisti sono il popolo che porta denaro, siamo quelli che affollano i ristorantini e i negozietti, affittano motorini e fanno gite in battello, danno mance, insegnano l’inglese. Noi abbiamo bisogno di loro e loro di noi. Se resta equilibrato e offre una prospettiva, il rapporto funziona: diventa, come ormai si dice abitualmente, sostenibile. Ma oggi i sogni si sono infranti. Insieme. Il nostro ed il loro. E ora sono loro ad avere bisogno di noi. Piangiamo i nostri morti, ma non dimentichiamo i loro, centinaia di volte più numerosi dei nostri. Da qui a pochi mesi ci sarà un solo modo per aiutare davvero che è rimasto laggiù, tra la riva e l’oceano. Rifare le valigie e tornare a visitare i loro villaggi. Forse con l’animo più mesto e meno allegro, forse con qualche pudore in più, con meno ansia di filmare e fotografare, magari lasciando un fiore accanto a qualche lapide e qualche mancia più generosa, oppure versando 10 euro in più per un programma di adozione a distanza. Ma il solo modo per aiutare davvero a ricostruire è offrire i mattoni che servono: la nostra presenza.

Corrado Ruggeri

Corrado Ruggeri (Roma, 1957-2023) è stato giornalista del “Corriere della Sera”, viaggiatore per passione e per lavoro. Ha scritto reportage da tutto il mondo per varie riviste specializzate ed è …

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