Vivian Lamarque: Quando la nebbia copriva i Navigli e ispirava i poeti
17 Gennaio 2005
Non sono pochi i milanesi doc che, di quando in quando, cadono in crisi d’astinenza da nebbia di una volta, quella che "se pudeva taià cont el cortèll". Quella che ti affacciavi al mattino e la casa di fronte dov’è? Se ne era andata, non c’era più. Quella che tornavi dal lavoro la sera, posteggiavi, scendevi, chiudevi l’auto, e ti accorgevi di aver posteggiato in una strada non tua. Quella di Testori che veniva fuori "dai canali, dai fossi, dai mucchi d’immondizie e di concime, prima diffidente (...) poi via via più densa, crudele e aggressiva" (Nebbia al Giambellino). Comunque, non siamo solo noi milanesi del Duemila ad averne nostalgia: negli anni Trenta ce l’aveva già Tessa: "... nebbioni come quelli di una volta, oggi non se ne vedono più (...) il Naviglio alla Pusterla mandava su gelide folate bianche... si camminava a tastoni rasente ai muri, da un fanale a gas a un altro fanale: a casa, a casa, presto!" (Cieli bigi). Quella di questi giorni è solo una pallida sbiadita supplente di quella incantata che ricordiamo. Comunque, meglio di niente. Naturalmente tra i nostalgici non possono certo figurare né automobilisti, né aviatori, né macchinisti, né madri o mogli dei suddetti, né pendolari eccetera. I temutissimi tamponamenti a catena in autostrada (temutissimi ma non da tutti, a dire il vero: nemmeno la nebbia riesce a far rispettare distanze di sicurezza e limiti di velocità agli scriteriati) fanno logicamente piazza pulita di ogni sentimento nostalgico. Ma lasciate una esigua dose di rimpianto a noi sedentari, a noi popolatori di finestre (razza che mi pare in estinzione purtroppo), a noi nostalgici a vita di tutti i fenomeni atmosferici che dividevano in quattro, come le quattro stagioni, i nostri libri di lettura delle elementari. Le illustrazioni avevano colori diversi, e quelle dell’inverno erano grigie come la nebbia e bianche come la neve. Era la primavera a portare l’azzurro, nessuno si sognava di pretendere cieli blu per dodici mesi all’anno, ce ne bastavano nove. Lasciateci la nostalgia della nebbia e anche della neve, e persino della cugina di quest’ultima, la brina. Inutile affacciarsi alla finestra speranzosi, la casa di fronte è sempre lì, visibilissima, bruttina, senza nessun ricamo di ghiaccio, a sparire è stata la nebbia, a sparire è stata la neve. Non ci resta che l’altra finestrella azzurra, quella televisiva, qualcuno inserisce nell’apparecchio la nevosa cassetta del Dottor Zivago, qualcuno ricorre al nebbioso Jean Gabin di Quai des brumes. Dei fenomeni atmosferici in persona non ci si può più fidare. Per esempio avevo iniziato queste righe ispirata dal grigio fuori dai vetri, ma si è già volatizzato, mi ha piantata in asso sul più bello.