Gabriele Romagnoli: Iraq. Le urne degli altri

07 Febbraio 2005
Come capita alle creature di dubbia natura, le non troppo libere elezioni di ieri in Iraq generano commenti paradossali. Le criticano (sinceramente) i dissidenti dei Paesi arabi, che da anni pagano con l’esilio e la galera la loro lotta per la democrazia. Esprimono (ipocrita) apprezzamento i loro rais, per cui nessuno ha mai veramente votato. Haytham Manna, attivista per i diritti umani fuggito da Damasco a Parigi, le giudica "un disastro per la nostra causa, la peggior pubblicità della democrazia tra le masse arabe". Il suo presidente Assad, invece, ha invitato tutti gli iracheni a recarsi alle urne per scegliere chi li governerà, ma non non fa altrettanto con i cittadini siriani. L’egiziano Abdel Qandil cerca di impedire che Mubarak si faccia rieleggere come candidato unico (procedimento già caro a Saddam), ma è diventato pessimista: teme che l’alternativa pluralista "si stia clamorosamente rovinando la reputazione". Infatti Mubarak ha dato un’occhiata a Bagdad, augurato la partecipazione di tutti i movimenti politici e religiosi, e poi ha fatto sapere che, ancora una volta, lui correrà da solo. "Che tutti gli iracheni votino" ha auspicato alla vigilia Amr Moussa, segretario della Lega Araba: nessuno dei Paesi membri liberamente vota. Di che cosa poi abbiano paura questi padroni del Medio Oriente non è chiaro. Uno di loro, il principe Sultan bin Abdel Aziz, ministro della Difesa saudita, ha usato contro le libere elezioni questo argomento: "La gente potrebbe scegliere persone inadeguate". In effetti capita, ma i leader attuali sarebbero di certo favoriti.

Gabriele Romagnoli

Gabriele Romagnoli (Bologna, 1960) Giornalista professionista, a lungo inviato per “La Stampa”, direttore di “GQ” e Raisport è ora editorialista a “la Repubblica”. Narratore e saggista, il suo ultimo libro è …