Marina Forti: Indonesia. Aiuti militari americani a Jakarta?

21 Febbraio 2005
L'onda di tsunami che ha devastato l'oceano Indiano il 26 dicembre scorso avrà probabilmente un effetto politico colleterale: facilitare la ripresa della cooperazione militare tra gli Stati uniti e l'Indonesia. Dopo il disastro Jakarta ha accettato l'aiuto dell'esercito americano per portare i primi soccorsi nella provincia di Aceh, dove oltre 200mila persone sono state uccise dal maremoto. Da allora in diverse occasioni alti ufficiali sia indonesiani, sia americani hanno auspicato di lavorare di più insieme. A fine gennaio Washington ha mandato all'esercito indonesiano pezzi di ricambio (per un milione di dollari) per la sua flotta di aerei cargo militari, aggirando un embargo sulla vendita di armi e materiale bellico. Ai primi di febbraio infine la segretaria di stato Condoleeza Rice ha annunciato l'intenzione di certificare al Congresso che l'Indonesia sta pienamente cooperando alle indagini dell'Fbi sull'uccisione di due insegnanti americani nel 2002 in Papua occidentale, Indonesia. La ripresa della cooperazione militare con Jakarta richiede l'approvazione del Congresso, e i democratici pongono la condizione che l'Indonesia dia "piena cooperazione" alle indagini su quello e altri casi di violazione dei diritti umani. È questo l'unico ostacolo legale perché l'esercito indonesiano acceda di nuovo alle accademie militari Usa.
Dall'indomani dell'11 settembre 2001 l'amministrazione Bush cerca di ristabilire la sua influenza sull'esercito indonesiano. I legami erano molto forti durante la guerra fredda, e in particolare da quando negli anni `60 ha preso il potere il generale Suharto, che ha instaurato un regime autoritario e corrotto ma allineato con il blocco occidentale: Jakarta era uno dei bastioni della strategia di Washington per "contenere il comunismo" in Asia. Poi però la guerra fredda è finita e i modi dell'esercito indonesiano sono apparsi imbarazzanti: nel ‘92 il Congresso ha tirato in ballo i diritti umani e votato una drastica riduzione della cooperazione militare (tra cui l'addestramento), interrotta poi del tutto nel 1999 dopo i massacri a Timor Est.
Ora il pendolo torna indietro. Dopo l'11 settembre 2001 Jakarta ha già ricevuto circa 80 milioni all'anno da Washington per programmi anti-terrorismo. È stata inoltre inclusa nel "Programma di assistenza anti-terrorismo" del Pentagono per equipaggiare e addestrare le forze di polizia. L'amministrazione Bush punta alla riapertura piena della cooperazione militare.
Il tentativo è fallito però quando sono stati uccisi gli insegnanti statunitensi a Papua, nei pressi della miniera d'oro e rame di Freeport: un primo rapporto della polizia indonesiana aveva indicato la responsabilità dell'esercito. Un cittadino indonesiano legato ai militari è stato incriminato negli Usa, ma non è mai stato arrestato: perfino il ministro della difesa indonesiano Juwono Sudarsono, in un'intervista al New York Times , ha detto di pensare che sia protetto dalla polizia militare del suo paese.
In quell'intervista, il ministro Juwono (un civile) riconosce che l'esercito resta il principale centro di potere in Indonesia, nonostante la democrazia formalmente restaurata. E aggiunge che andrà in marzo a Washington per perorare la causa di quello che chiama "ri-impegno" americano. Juwono è molto vicino all'attuale presidente Susilo Bambang Yudhoyono, eletto lo scorso settembre, un ex generale della generazione istruita negli Usa. Certo, è di quelli non troppo coinvolti negli episodi più oscuri di repressione (in lizza per la presidenza c'era anche l'ex generale Wiranto, capo dell'esercito al tempo del massacro a Timor). L'addestramento americano ora permetterebbe di istruire una nuova leva di ufficiali indonesiani in metodi di guerra, nel sistema americano di controllo civile sui militari e nell'abc dei diritti umani - persone come Juwono sembrano suggerire che sarebbe un modo per riformare l'esercito indonesiano. Mentre i gruppi per i diritti umani denunciano: repressione e corruzione dell'esercito restano rampanti.

Marina Forti

Marina Forti è inviata del quotidiano "il manifesto". Ha viaggiato a lungo in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico. Dal 1994 cura la rubrica "TerraTerra" che riporta storie quotidiane in …