Enrico Franceschini: Conferenza di Londra. "Costruiamo uno Stato palestinese"

02 Marzo 2005
Un´unanime condanna del terrorismo, che "deve essere fermato", e un rinnovato impegno a creare "un vitale Stato palestinese". È questo il risultato della conferenza convocata ieri a Londra da Tony Blair per rilanciare il negoziato di pace tra Israele e Autorità Nazionale Palestinese (Anp). C´era l´erede di Arafat, il neo presidente dell´Anp Abu Mazen, mancava Ariel Sharon, che da Gerusalemme si è però detto "soddisfatto" dall´evento, e c´erano plenipotenziari di ventitré paesi a sottolinearne l´importanza, tra cui il segretario di Stato americano Condoleezza Rice, il segretario generale dell´Onu Kofi Annan, il responsabile della politica estera dell´Unione Europea Javier Solana. Il documento finale fissa un piano per democratizzare le istituzioni palestinesi, riformare i loro servizi di sicurezza, avviare un grande piano di aiuti economici.
Il Quartetto di mediatori internazionali (Usa, Ue, Onu, Russia), esorta Israele a non fermarsi al ritiro dalla striscia di Gaza ma proseguire invece la road map, la strada della pace abbandonata negli ultimi due anni tra nuovi attentati e rappresaglie. E la Rice, approfittando del palcoscenico londinese, rivolge un´esplicita accusa alla Siria: "Ci sono chiare prove che la Jihad islamica, l´organizzazione estremista palestinese di base a Damasco, non solo fosse a conoscenza dell´attacco terroristico di venerdì scorso a Tel Aviv ma abbia contribuito a organizzarlo".
Il vertice produce dunque tutto quanto si era ripromesso. "Abbiamo messo le fondamenta del futuro Stato palestinese" enfatizza alla fine Blair, e forse è un´esagerazione. Ma il sostegno della comunità internazionale a uno Stato palestinese "vitale" (cioè geograficamente contiguo e politicamente in grado di funzionare - uno Stato vero) ha un indubbio valore per Abu Mazen, giungendo un mese dopo il suo summit con Sharon a Sharm el Sheik e nell´imminenza delle visite che lui e il premier israeliano faranno a Washington per incontrare Bush. Si temeva che dal comunicato finale mancasse un riferimento alla lotta al terrorismo, e invece c´è: "Il terrorismo va fermato, non si deve permettere che comprometta il processo di pace". Non solo: Abu Mazen promette che gli autori dell´attentato di Tel Aviv saranno "arrestati e processati", ribadisce il rifiuto della violenza, si impegna alla massima cooperazione con Israele nel campo della sicurezza. "I palestinesi hanno bisogno di sicurezza", afferma, "ma la sicurezza può indietreggiare e perfino affogare se non è protetta da un sincero negoziato politico": come dire che deve ottenere qualcosa in cambio.
In concreto, i servizi segreti palestinesi saranno ridotti dalla dozzina di agenzie che rivaleggiavano tra loro sotto la leadership di Arafat a soltanto tre. La polizia e i reparti anti-terrorismo palestinesi verranno addestrati da paesi occidentali (tra cui l´Italia). Il generale americano William Ward coordinerà sul terreno la lotta al terrore e i collegamenti con Israele. Un ritorno, insomma, all´atmosfera di qualche anno or sono, quando la Cia aveva insegnato ai palestinesi a combattere Hamas e per una breve stagione si arrestò il terrorismo nei Territori Occupati.
Quanto agli altri due argomenti affrontati dalla conferenza, l´Unione Europea avrà il compito di sorvegliare il cammino verso la democrazia delle nuove istituzioni palestinesi; mentre Nazioni Unite, Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale prepareranno un vertice di paesi donatori che dovrà riversare entro sei mesi una montagna di denaro su Gaza e Cisgiordania, per la ricostruzione e il rilancio dell´economia. "Siamo pronti a collaborare attivamente", dice il responsabile della Ue Javier Solana. "Queste iniziative hanno il pieno sostegno dell´Onu", gli fa eco Kofi Annan.
Un piccolo passo per i palestinesi o un grande balzo verso il loro futuro Stato? Si vedrà. "Tutto è possibile da quando non c´è più Arafat", commenta la Bbc. Qualche osservatore ritiene che la conferenza di Londra sia servita soprattutto a Tony Blair: permettendogli di dimostrare all´opinione pubblica nazionale - a due mesi dalle elezioni britanniche - che la guerra in Iraq non gli ha fatto dimenticare la pace tra israeliani e palestinesi, e che è finalmente riuscito ad arruolare il suo alleato Bush su questo terreno. Uno show di politica interna, insomma. Ma anche questo potrebbe essere utile a riscaldare la "primavera araba" che d´improvviso sembra soffiare sul Medio Oriente.

Enrico Franceschini

Enrico Franceschini (Bologna, 1956), giornalista e scrittore, è da più di trent'anni corrispondente dall’estero per “la Repubblica”, per cui ha ricoperto le sedi di New York, Washington, Mosca, Gerusalemme e …