Marina Forti: Paul Wolfowitz alla Banca mondiale, un coro di proteste

21 Marzo 2005
I messaggi rimbalzano sul Web. Una lettera partita da una rete europea di gruppi che si battono per la cancellazione del debito dei paesi del Sud del mondo torna nelle nostre caselle elettroniche da una rete americana di gruppi che si battono contro le grandi dighe. La lettera è rivolta ai governi europei, chiede di opporsi alla scelta di Paul D. Wolfowitz come presidente della Banca Mondiale (www.eurodad.org). La levata di scudi è unanime. Paul Wolfowitz, attuale sottosegretario alla difesa, è noto come un teorico della guerra preventiva, l'artefice ideologico dell'invasione in Iraq - nessuna esperienza in questioni relative allo sviluppo o alla lotta alla povertà, finalità dichiarate della Banca Mondiale. Solo qualche ritratto aggiografico in questi giorni ricorda che in gennaio ha visitato le regioni colpite dallo tsunami e "si è commosso"...
"Il sostegno del sottosegretario alla difesa alla guerra in Iraq riflette un disprezzo per la legalità internazionale e per un approccio multilaterale (...) che squalifica Wolfowitz dal guidare un'istituzione multilaterale", commenta l'International Rivers Network, rete americana che si batte contro le grandi dighe: e prevede che con Wolfowitz alla Banca Mondiale si aprirà "una nuova era di conflitti tra la Banca e la società civile". Greenpeace Internationale parla di "disastro". In Gran Bretagna un gruppo di organizzazioni non governative chiede a Londra di osteggiare la candidatura di Wolfowitz. In Italia la Campagna per la Riforma della Banca Mondiale chiede che il governo riferisca in parlamento. Né sono solo le ong ad allarmarsi. La Commissione sviluppo del Parlamento europeo ha approvato ieri una dichiarazione allarmata.
A nessuno sfugge il messaggio che arriva da Washington: prima con la nomina di John Bolton, di cui è nota l'avversione per la diplomazia multilaterale, alla carica di ambasciatore Usa alle Nazioni unite, e poi con Wolfowitz alla Banca Mondiale. La candidatura di un uomo del Pentagono alla Banca mondiale denota l'intenzione dell'amministrazione Bush: "Sancire la fine dalla Banca come ambito multilaterale", commenta Francesco Martone, senatore indipendente con i Verdi che viene proprio dall'esperienza della Campagna per la riforma della Banca Mondiale. "Wolfowitz soprattutto servirà a svuotare il ruolo della Banca mondiale dall'interno, magari farne uno strumento di intervento tattico nelle zone di interesse strategico degli Stati uniti, a cui affidare ricostruzioni e aiuti dove l'amministrazione Usa riterrà opportuno. Qualcuno lo chiama multilateralismo selettivo". Wolfowitz è la persona giusta per trasferire agli interventi per lo sviluppo il modello delle "coalizioni di volonterosi", fa notare Martone: "Ci avevano provato con gli aiuti per lo tsunami, lo sta facendo il premier britannico Tony Blair con l'Africa".
Segno dei tempi. Non che la Banca mondiale sia mai stata un'istituzione democratica: e però negli anni `90 era stata attraversata da un'ondata di critica interna. Tutto era cominciato con le dighe sul fiume Narmada, in India: spinta dalle proteste delle popolazioni indiane sfollate e dall'indignazione internazionale, nel `92 la Banca aveva incaricato una commissione indipendente di rivedere quel progetto. Il risultato andò ben oltre la bocciatura del progetto Narmada (da cui infatti la Banca si è ritirata): quella commissione segnò una sorta di terremoto interno che ha avviato due meccanismi permanenti - il Comitato d'ispezione (che riesamina i progetti di sviluppo finanziati) e una serie di meccanismi di verifica interni. L'attuale presidente James Wolfensohn aveva esordito in quel clima, nel 1995.
"Wolfensohn ha inaugurato una terza via, ha abbandonato l'impronta reaganiana per imboccare una sorta di `capitalismo sociale' stile new labour", dice Francesco Martone: "Certo non ha cambiato il nocciolo delle politiche neoliberiste della Banca, ma ha rafforzato alcune caratteristiche sociali e ambientali". La Banca Mondiale ha istituito ad esempio la Commissione mondiale sulle dighe, che nel 2000 ha concluso il suo lavoro criticando gran parte dei progetti fino ad allora finanziati dalla Banca. Ha avviato un'indagine globale sulla povertà. Ha avviato la Revisione dei progetti di aggiustamento strutturale, che infatto ora hanno un altro nome. Il punto è che tutto questo si è tradotto in belle raccomandazioni mai applicate. Poi ci sono stati gli scontri con il Fondo monetario internazionale, che gli economisti della Banca accusarono di aver aggravato la crisi asiatica del 1997-'98 - come Joseph Stieglitz, che se ne andò sbattendo la porta. "Insieme, Wolfensohn ha allargato i campi di competenza della Banca Mondiale, che spesso è diventata strumento complementare degli investimenti privati", fa notare Martone. Wolfowitz segna una cesura: "Con i neo-cons arriva il "crony-capitalism", il capitalismo delle clientele, del sostegno alle grandi holding vicine all'amministrazione".

Marina Forti

Marina Forti è inviata del quotidiano "il manifesto". Ha viaggiato a lungo in Asia meridionale e nel Sud-est asiatico. Dal 1994 cura la rubrica "TerraTerra" che riporta storie quotidiane in …