Giorgio Bocca: Albertini e la paura delle bandiere rosse

06 Maggio 2005
Due o tre cose che vorremmo dire al sindaco di Milano. In occasione del 25 aprile lei ha dichiarato di non gradire le troppe bandiere rosse e di preferire quelle tricolori. Le rosse, ha detto, rappresentano la dittatura comunista. Ma la dittatura comunista da noi non c'è mai stata e tutto lascia pensare che non ci sarà. Di partiti che vogliono un comunismo del tipo staliniano non ce ne sono più e quello più simile a un partito comunista vecchia maniera, quello che si chiama della Rifondazione comunista è quello che vi fa così poca paura che invitate il suo segretario a tutti i dibattiti televisivi.
Le molte bandiere rosse ci sono perché Milano, una città che dovrebbe conoscere, visto che ne è sindaco, ha una storia operaia e socialista e le bandiere rosse prima di rappresentare questo o quel partito rappresentano il popolo, non le avanguardie rivoluzionarie, ma i salariati quelli che devono tirar la carretta della vita. Di rado dei santi o degli eroi, ma indispensabili come i mattoni con cui ci si costruisce una società.
Ora si dà il caso che questi cittadini siano attaccati alle loro lotte con le quali si sono guadagnati non la parità dei diritti, ma almeno qualcosa che gli somiglia come il diritto di arrivare in piazza grande con le bandiere rosse, di sapere che, almeno per un giorno di festa, la grande città gli appartiene.
A lei e a quelli come lei vorrei chiedere: ma perché le bandiere rosse vi danno tanto fastidio? A me che sono un piccolo borghese come voi danno al contrario un forte senso di sicurezza sociale, di fiducia.
L'idea che a questo mondo c'è ancora tanta gente onesta che tira avanti e tiene in piedi la casa comune, anche se vede attorno a sé crescere il numero dei ladri e dei parassiti, che continua a rispettare le leggi anche se vede che c'è chi si vanta di ignorarle e di violarle, questa idea mi tiene in piedi nonostante la mafia ormai trionfante in mezza Italia, nonostante il ritorno del nero, nonostante la ‟sporcizia” come la chiama il nuovo papa senza la quale pare non si possa vivere nella modernità.
Le bandiere rosse le fanno paura? Se posso ricordarglielo c'è un sacco di cose, un sacco di gente, che fanno paura sul serio. Lei è un uomo che conosce il valore delle cifre, il linguaggio dei numeri. Non le fanno paura i finanzieri d'assalto che d'improvviso si dicono pronti a comperare una banca o un’azienda? Mai sentiti nominare prima, mai conosciuti per un prodotto, per un commercio e da un giorno all'altro sono pronti a comperare il 7 per cento della Rizzoli o il 10 di Telecom che vuol dire una barca di miliardi.
Non le fa paura un ceto politico, un Parlamento dove siedono decine di pregiudicati, dove è in corso un perenne mercato delle vacche, dove i deputati trasmigrano come le anatre al primo freddo?
Non le fa paura una informazione che sta diventando imbonimento o falsificazione? Ha ragione il nuovo papa a ripetersi e a ripeterci ogni giorno che non bisogna aver paura, anche se lui paragona il suo mestiere di papa a una ghigliottina.
Ma stando così le cose non le pare che sia, diciamo così, curioso avere paura delle bandiere rosse sventolate da maestre, mamme, tramvieri, impiegati, sindacalisti, insomma quelli che campano onestamente e che dietro quelle bandiere hanno risalito i gradini delle emancipazioni sociali, della dignità e del rispetto sociali?
La società moderna, in cui i nuovi padroni hanno il controllo del capitale e delle tecniche lo sappiamo, tira solo a far soldi, ma agli altri lasci almeno la speranza e l'orgoglio di andar dietro in una giornata di primavera, alle loro bandiere. Abbiate pazienza: rosse.

Giorgio Bocca

Giorgio Bocca (Cuneo, 1920 - Milano, 2011) è stato tra i giornalisti italiani più noti e importanti. Ha ricevuto il premio Ilaria Alpi alla carriera nel 2008. Feltrinelli ha pubblicato …