Jürgen Habermas: Per una politica estera europea

11 Maggio 2005
Settantacinque anni, già assistente di Theodor Adorno, Habermas incarna la seconda generazione della celebre scuola di Francoforte, quella che si distingue dagli antichi maestri per il rifiuto del pessimismo e la volontà di iscrivere nella realtà effettuale il rinnovamento della democrazia. Il suo nome, nella recente storia della Germania, è legato alla battaglia condotta contro il revisionismo degli storici conservatori, guidati da Ernst Nolte, che rileggono il nazismo come una sorta di risposta difensiva al comunismo, e al dibattito sull’identità tedesca e sul ruolo della Costituzione, seguito alla caduta del Muro di Berlino. Ad Habermas si deve la definizione di ‘patriottismo costituzionale", ormai entrata nel vocabolario politico condiviso della Repubblica Federale. ‟Perché invadere l’Iraq e non l’Uzbekistan, un Paese che invece gli Stati Uniti hanno accolto grati nella cosiddetta coalizione?”, si chiede il filosofo, ricordando che in nessun Paese europeo, ‟per buone ragioni normative”, si sia registrata una maggioranza della popolazione che in alcun momento abbia appoggiato la guerra. E perché, aggiunge, ‟i democra tici non avrebbero dovuto farsi impressionare dalla circostanza, che a Londra e Roma, a Parigi e Barcellona, a Madrid e Berlino si siano svolte le più grosse manifestazioni per la pace dal 1945?”. Oggi, secondo Habermas, la divisione verificatasi fra i governi, non fra i popoli, si è ridotta, «ma ha lasciato dietro di sé, in tutta l’Europa, il classico mal di testa dopo una sbornia». Lo stato dell’Unione europea è ‟miserabile”. L’artificiosa divisione del ministro della Difesa americano, Donald Rumsfeld, fra ‟vecchia” e ‟nuova” Europa, è almeno servita a rendere gli europei coscienti di quanto gli egoismi e i rispettivi traumi nazionali giochino ancora un ruolo nella lettura e nel confronto con le sfide contemporanee. Fino a quando, in quanto membri dell’Unione, non ci sentiremo e considereremo parte della stessa comunità, mancherà, secondo il filosofo tedesco, ‟una fiducia di fondo”. Compito della sinistra, spiega Habermas, è rendere l’Europa ‟efficiente e in grado di funzionare non solo verso l’interno ma anche verso l’esterno”. Un’alternativa socialdemocratica, nel senso più ampio del termine, all’attuale ‟consenso washingtoniano” deve sapere che, per avere successo, l’Europa deve imparare a parlare con una sola voce in politica estera. ‟Soltanto così, potrà confrontarsi con il liberalismo egemone, che vuole imporre in tutto il mondo elezioni e liberi mercati da solo e se necessario con la violenza”. Proprio per questo, è di importanza cruciale che i francesi dicano sì alla Costituzione europea, nel referendum in programma alla fine del mese: ‟È Bush - avverte Habermas - che potrebbe dirsi soddisfatto di una eventuale vittoria dei no e del probabile fallimento dell’intero esercizio, che ne seguirebbe. Poiché, grazie alla Costituzione, l’Europa sarebbe in grado di sviluppare un politica estera e di sicurezza comune, con sufficiente ‘soft power’ a sua disposizione per rafforzare una visione del mondo diversa da quella dei neoconservatori. È nel nostro pieno interesse sviluppare ulteriormente il sistema delle Nazioni Unite e del diritto internazionale in una società mondiale, senza governo mondiale, costituzionalmente fondata”. I rapporti internazionali devono, in altre parole, ‟essere legalizzati effettivamente, prima che altre potenze mondiali siano tentate di imitare la politica di potere del governo Bush, contraria al diritto internazionale” . Nell’intervista a ‟Die Welt”, Habermas lancia anche un’accusa a tutto campo al «dogma neoliberale”, responsabile del ritiro della politica da settori vitali, come l‘istruzione , l’energia, i trasporti pubblici, la cultura, la previdenza sociale, con l’abbandono a se stessi ‟dei cosiddetti perdenti della modernizzazione”. Attenzione, ammonisce il filosofo, ‟se noi non controlliamo il capitalismo, si aprirà la strada a una modernizzazione svuotante”. Di fronte a questa tendenza, tesa a inaridire ogni sensibilità normativa, cambia anche il rapporto fra illuminismo e religione: ‟In quanto cittadino secolarizzato, io dico che la fede e la scienza devono riflettere su di sé e porsi ognuno i propri limiti”.

Jürgen Habermas

Jürgen Habermas (1929) è un filosofo, storico e sociologo tedesco nella tradizione della “Teoria critica” della Scuola di Francoforte. È stato docente alle università di Heidelberg e Francoforte. Nei suoi …